«Il 25 aprile è per l’Italia una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche. Quella pace e quella libertà che, trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista, hanno prodotto la Costituzione repubblicana, in cui tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di saldo diniego di ogni forma o principio di autoritarismo o totalitarismo». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
«Aggiungo, utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975- ha proseguito Mattarella- che ‘intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico'».
«5MILA STRAGI CRUDELI, LA PROPAGANDA FASCISTA NEGAVA L’INNEGABILE»
«All’infamia della strage di Marzabotto, la più grande compiuta in Italia, seguì un corollario altrettanto indegno: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, provando a smentire l’accaduto, cercando di definire false le notizie dell’eccidio e irridendo i testimoni. Occorre, oggi e in futuro, far memoria di quelle stragi e di quelle vittime e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro«. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
Mattarella ha ricordato che «la magistratura militare e gli storici, dopo un difficile lavoro di ricerca durato decenni, hanno finora documentato sul territorio italiano 5mila crudeli e infami episodi di eccidi, rappresaglie, esecuzioni sommarie. Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca: cercavano di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani, cercavano di operare vendette nei confronti di un popolo considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore».
Per il capo dello Stato «si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale e all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità. Nessuna ragione, militare o di qualunque altro genere, può infatti essere invocata per giustificare l’uccisione di ostaggi e di prigionieri inermi. I nazifascisti ne erano ben consapevoli: i corpi dei partigiani combattenti, catturati, torturati e giustiziati, dovevano rimanere esposti per giorni, come sinistro monito per la popolazione. Ma le stragi di civili cercavano di tenerle nascoste e occultate, le vittime sepolte o bruciate. Non si sa se per un senso intimo di vergogna e disonore o per evitare d’incorrere nei rigori di una futura giustizia, oppure, ancora, per non destare ulteriori sentimenti di rivolta tra gli italiani».
«I PARTIGIANI FECERO USO DELLE ARMI PERCHÈ UN GIORNO TACESSERO»
«A differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza fecero uso delle armi perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia. Oggi, in un tempo di grande preoccupazione, segnato, in Europa e ai suoi confini, da aggressioni, guerre e violenze, confidiamo in quella speranza. E per questo va ribadito: viva la Liberazione, viva la libertà, viva la Repubblica». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
«FASCISMO SOFFOCÒ DIRITTI ED EDUCÒ A RELIGIONE VIOLENZA»
«Liberazione, dunque, dall’occupante nazista, liberazione da una terribile guerra, ma anche da una dittatura spietata che, lungo l’arco di un ventennio, aveva soffocato i diritti politici e civili, calpestato le libertà fondamentali, perseguitato gli ebrei e le minoranze, educato i giovani alla sacrilega religione della violenza e del sopruso. L’entrata in guerra, accanto a Hitler, fu la diretta e inevitabile conseguenza di questo clima di fanatica esaltazione». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
«RESISTENZA FU RISCATTO MORALE DA DISUMANITÀ FASCISMO»
«Il fascismo aveva in realtà, da tempo, scoperto il suo volto, svelando i suoi veri tratti brutali e disumani, come ci ricorda il prossimo centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti. L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura. Nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre fine al dominio nazifascista sul territorio italiano, per instaurare una nuova convivenza, fondata sul diritto e sulla pace». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
«CIVITELLA VAL DI CHIANA SIMBOLO BARBARIE NAZIFASCISTA»
«Siamo qui riuniti a Civitella in Val di Chiana per celebrare il 25 aprile, anniversario della Liberazione, a ottant’anni dalla terribile strage nazifascista perpetrata, in questo territorio, sulla popolazione inerme.
Come abbiamo poc’anzi ascoltato dalle parole del sindaco, della professoressa Ponzani, dalle letture – ringrazio Ottavia Piccolo per la sua appassionata interpretazione – e, con emozione, dalla straordinaria testimonianza di Ida Balò, gli eccidi avvennero, oltre che a Civitella, a Cornia, dove la crudeltà dei soldati della famigerata divisione Goring si sfogò in maniera particolarmente brutale, con stupri e uccisioni di bambini. Nella stessa giornata si compiva, non lontano da qui, un altro eccidio, a San Pancrazio, dove furono sterminate oltre settanta persone». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile a Civitella in Val di Chiana, a ottant’anni dalla strage del 29 giugno del 1944.
Come è attestato dai documenti processuali, ha proseguito Mattarella, «gli eccidi furono pianificati a freddo, molti giorni prima, e furono portati a termine con l’inganno e con il tradimento della parola. Si attese, cinicamente, la festa dei Santi Pietro e Paolo per essere sicuri di poter effettuare un più numeroso rastrellamento di popolazione civile. La tragica contabilità del 29 giugno del ’44, in queste terre racconta di circa 250 persone assassinate. Tra queste, donne, anziani, sacerdoti e oltre dieci minorenni. Il più piccolo, Gloriano Polletti, aveva solo un anno. Maria Luisa Lammioni due. Il parroco di Civitella, don Alcide Lazzeri, e quello di San Pancrazio, don Giuseppe Torelli, provarono a offrire la loro vita per salvare quella del loro popolo, ma inutilmente. Furono uccisi anch’essi, insieme agli altri. Alcuni ostaggi, destinati alla morte, rimasero feriti o riuscirono a fuggire. Nei loro occhi, stupefatti e impauriti, rimarrà per sempre impresso il ricordo di quel giorno di morte e di orrore».
«Sono venuto oggi qui a Civitella, uno dei luoghi simbolo della barbarie nazifascista, per fare memoria di tutte le vittime dei crimini di guerra, trucidate, in quel 1944, sul territorio nazionale e all’estero- ha sottolineato il capo dello Stato-. Non c’è parte del suolo italiano – con la sola eccezione della Sardegna – che non abbia patito la violenza nazifascista contro i civili e non abbia pianto sulle spoglie dei propri concittadini brutalmente assassinati. La Regione che ci ospita, la Toscana, è tra quelle che hanno pagato il più alto tributo di sangue innocente, insieme all’Emilia Romagna e al Piemonte».
Gabriele Narducci