È convocato per le 18 di oggi, 21 ottobre, il Consiglio dei ministri che dovrebbe lavorare a un decreto legge che trovi «una soluzione» – così ha detto Giorgia Meloni – al «problema» del corto circuito tra il nuovo sistema di rimpatri pensato dal governo con la creazione dei centri per migranti in Albania e la decisione del Tribunale di Roma, di venerdì pomeriggio, di annullare i primi rimpatri previsti giudicando i paesi di provenienza delle 12 persone in questione (Egitto e Bangladesh) «non sicuri». Il decreto legge che il governo avrebbe in mente di licenziare vuole rendere norma primaria (e non più secondaria come il decreto interministeriale) l’indicazione dei Paesi sicuri, quelli verso cui sono possibili i rimpatri. Quindi potrebbe forse contenere direttamente una lista dei paesi ‘sicuri’ decisi dal governo. «Non credo che sia una competenza della magistratura stabilire quali sono i Paesi sicuri e quali no. Questa è una competenza del Governo», ha detto venerdì Giorgia Meloni. C’è poi l’altra questione dei ricorsi contro i dinieghi dei trattenimento nei cpr, che il governo vuole trovare il modo di velocizzare. A fronte di tribunali che non convalidano il trattenimento dei naufraghi, il governo vorrebbe allargare la possibilità di presentare ricorso anche in Corte d’appello e non più soltanto in Cassazione come succede ora. Il tutto avviene in un clima politico tesissimo, tanto più con le dichiarazioni di Giorgia Meloni di ieri. La premier, nella giornata di domenica, ha tornato a sostenere di avere «i giudici contro» e ha pubblicato su tweet uno stralcio di una mail di un magistrato che scriveva: «Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa la sua azione la rilancia». La mail è stata pubblicata dal Tempo. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha lanciato dure accuse contro la magistratura e l’opposizione ne ha chiesto le dimissioni. Intanto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella segue con attenzione l’evolversi della situazione, e già ieri ha lanciato un appello al rispetto reciproco: «Le istituzioni non si limitino ad una visione di parte»: se il decreto legge pensato dal governo dovesse avere profili incostituzionali, Mattarella potrebbe anche decidere di intervenire. Credete che un pezzo di magistratura voglia far cadere il governo? «Io dico una cosa completamente diversa: la destra, che vuole governare, vorrebbe rispetto per le prerogative della politica. Ed è per questo che dobbiamo chiarire questa zona grigia. Perché altrimenti non si capisce quale sia il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica. Insieme, in modo concorde – maggioranza, opposizione, magistrati – dobbiamo perimetrare questi ambiti. La lite non funziona». Lo dice il presidente del Senato Ignazio La Russa a ‘La Repubblica’. «Penso che alcuni magistrati- aggiunge- vogliano affermare la propria visione della società e della politica attraverso la giurisdizione. Leggo che Santalucia dice: la nostra è una Costituzione progressista. In realtà l’hanno scritta cattolici, liberali, comunisti, conservatori. Capisco che possa affermare che è permeata da spirito antifascista, ma non è progressista». «Le chiedo: a chi spetta definire esattamente i ruoli della politica e della giustizia? Alla Carta costituzionale. In passato tutto sembrava funzionare. Dopo Tangentopoli non è più stato così. Ci sono magistrati che vanno oltre, dando la sensazione di agire con motivazioni politiche. E ci sono d’altro canto politici che hanno il dente avvelenato con i giudici. Se la Costituzione non appare sufficientemente chiara, si può chiarire meglio». Propone una riforma complessiva del Titolo IV? «Perché no? Potrebbe essere utile una riforma che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura. Così non funziona».
Marcella Piretti