Ha fatto molto discutere l’applauso a scena aperta dei militanti di Fratelli d’Italia, chiesto dal Presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel corso dell’intervista con Bianca Berlinguer alla Conferenza programmatica che si è svolta a Pescara. Alcuni titoli in sintesi: La destra cerca di scippare al Pd e alla sinistra Enrico Berlinguer, l’ultimo leader del Partito comunista italiano amatissimo da milioni di italiani; Berlinguer e Almirante, storico leader del Movimento Sociale Italiano, si rispettavano e si incontravano anche in segreto per discutere di come battere il terrorismo; anche il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha visitato la mostra su Berlinguer a Roma, e via così. Per i 40 anni dalla morte di Berlinguer, avvenuta durante la campagna elettorale per le elezioni Europee del 1984, la segretaria del Pd, Elly Schlein, non si sa mai, ha stampato lo sguardo di Berlinguer sulla tessera che ricevono quelli che si iscrivono al partito. Ragionando di questo, di come poi le forze politiche decidono di comunicare il proprio messaggio, mi è tornata alla mente un’intervista, incredibile, rilasciata da Papa Giovanni Paolo II al giornalista Jas Gawronski e pubblicata su La Stampa il 2 novembre del 1993 (qui il testo
https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1993/november/documents/hf_jp-ii_spe_19931102_intervista.html
Ecco, proprio in questo gioco di rimandi e di confronti, anche rispetto alle posizioni odierne di Papa Francesco, il messaggio di Papa Wojtyla, che col suo pontificato accelerò la fine della dittatura comunista dell’Unione sovietica, letto oggi si rivela profetico, per quanto riguarda il suo giudizio sulla guerra, sul capitalismo e il comunismo, sul futuro dell’Europa. Si parte proprio dalla guerra, qui Papa Wojtyla è netto: «… In caso di aggressione bisogna togliere all’aggressore la possibilità di nuocere… Secondo la tradizionale dottrina della Chiesa la guerra giusta è solamente quella di difesa. Ogni popolo deve avere il diritto di difendersi. È un principio questo formulato già da Sant’Agostino, e che è stato poi ribadito dal Concilio Vaticano II». Poi si entra nel vivo della politica. Quale ritiene sia stato il Suo ruolo nel crollo del comunismo? «Io penso che se c’è stato un ruolo determinante è quello del cristianesimo come tale, del suo contenuto, del suo messaggio religioso e morale, della sua intrinseca difesa della persona umana e dei suoi diritti. E io non ho fatto altro che ricordare, ripetere, insistere che questo è un principio da osservare». Sul comunismo: «Il comunismo ha avuto successo in questo secolo- afferma Papa Wojtyla- come reazione ad un certo tipo di capitalismo eccessivo, selvaggio, che noi tutti conosciamo bene… Una reazione che è andata crescendo e acquistando molti consensi tra la gente… Molti di loro pensavano che il comunismo avrebbe potuto migliorare la qualità della vita. In questa maniera molti intellettuali, anche in Polonia (patria del Papa, ndr) si sono abbandonati alla collaborazione con le autorità comuniste. Poi, in un certomomento si sono accorti che la realtà è diversa da quella che pensavano… «. Lei si è battuto con energia e passione contro il comunismo. Ora nei Paesi che se ne sono liberati regna il degrado morale….le capita mai di domandarsi se valeva veramente la pena sconfiggere il comunismo? «… Certo era legittimo combattere il sistema totalitario, ingiusto, che si definiva socialista o comunista. Ma è anche vero quello che dice Leone XIII, cioè che ci sono ‘semi di verità’ anche nel programma socialista.E’ ovvio che questi semi non devono andare distrutti, non devono perdersi…. I fautori del capitalismo ad oltranza, in qualsiasi forma, tendono a misconoscere anche le cose buone realizzate dal comunismo: la lotta contro la disoccupazione, la preoccupazione per i poveri… Nel sistema del socialismo reale un eccessivo protezionismo dello Stato ha portato però dei frutti negativi, è sparita l’iniziativa privata, si è diffusa l’inerzia e la passività…. Nel comunismo c’è stata preoccupazione per il sociale, mentre il capitalismo è piuttosto individualista». Santo Padre quando la sento parlare così… Non posso evitare di pensare che Lei sia più contrario al capitalismo che al comunismo… «Io ripeto ciò che ho detto, che è riassunto in un verso del poeta polacco Michiewicz: ‘Non punire una spada cieca ma piuttosto la mano’., cioè bisogna risalire alle cause dei fenomeni che viviamo. E secondo me, all’origine di numerosi gravi problemi sociali e umani che attualmente tormentano l’Europa e il mondosi trovano anche le manifestazioni degenerate del capitalismo… Il capitalismo oggi è diverso, ha introdotto degli ammortizzatori sociali, grazie all’azione dei sindacati ha varato una politica sociale, è controllato dallo Stato e dai sindacati. In alcuni Paesi del mondo, però, è rimasto nel suo stato ‘selvaggio’, quasi come nel secolo scorso»… Da una parte quindi c’è l’Occidente sviluppato, ma come lei stesso osserva, troppo attento alle questioni economiche; dall’altra l’Europa ex comunista, che grazie alle sofferenze che ha patito dimostra tuttora una minore superficialità. Nel ravvicinamento fra queste due Europe, quale ha più da guadagnare? «Ci sarebbe da riflettere quale ha più da perdere! Io non sarei restio a sostenere che potrebbe perderci di più l’Est europeo, sotto l’aspetto della sua identità, perché l’Europa orientale, attraverso tutte le sue esperienze imposte dal sistema totalitario è maturata…». Grazie al comunismo quindi… «È maturata piuttosto nel processo di autodifesa e di lotta contro il totalitarismo marxista. All’Est si è conservata un’altra dimensione umana. Forse questo è stato anche uno dei motivi per cui 15 anni fa è stato eletto un Papa proprio dalla Polonia. Certi valori, all’Est, si erano svalutati di meno. Se un uomo vive in un sistema che è programmaticamente ateistico, anche in un Paese come la Polonia, si accorge meglio ad esempio di che cosa significhi la religione. Si accorge di una cosa di cui non sempre ci si accorge in Occidente: e precisamente che Dio è la fonte della dignità dell’uomo, la fonte ultima, unica, assoluta. L’uomo all’Est se ne accorgeva, e se ne accorgeva un prigioniero nei gulag, se ne accorgeva Solzenicyn. All’Ovest, l’uomo questo non lo vede in modo così chiaro. Lo vede fino ad un certo punto. La sua coscienza in gran parte si è secolarizzata. Non di rado, egli vede la religione come qualcosa di alienante»…
Nico Perrone