Dalle accuse sul fronte migratorio alle ombre di un confronto armato ai Caraibi: nell’intervista alla CBS, Donald Trump torna a puntare il dito contro il Venezuela, sostenendo che il Paese sudamericano avrebbe «inviato negli Stati Uniti criminali e persone liberate da carceri e strutture psichiatriche». Dichiarazioni già contestate in passato e non supportate da prove pubbliche, rilanciate però in un contesto di crescente tensione strategica. Pur attaccando duramente Nicolás Maduro, definendo i suoi «giorni contati», il presidente statunitense prende le distanze da un’operazione diretta: «Non credo che andremo in guerra con il Venezuela», afferma, lasciando però aperti spiragli: «Non discuto le opzioni militari pubblicamente».
PRESSIONE USA NEI CARAIBI
Le parole di Trump arrivano mentre la presenza militare americana si rafforza nella regione: nelle ultime ore l’esercito USA ha distrutto almeno nove imbarcazioni al largo delle coste venezuelane, uccidendo più di trenta presunti trafficanti di droga. L’area è ora presidiata da caccia F-35, otto unità navali e circa 10mila militari, oltre al gruppo d’attacco guidato dalla portaerei Gerald R. Ford. Alcuni parlamentari, inclusi esponenti repubblicani, hanno chiesto chiarimenti sulla cornice legale degli interventi. Trump glissa su eventuali azioni via terra, ma attacca ancora Caracas, accusando la gang venezuelana Tren de Aragua di essere «una delle più feroci al mondo» e rivendicando di aver «ripulito» Washington durante il suo mandato.
NUCLEARE, CINA, RUSSIA, DAZI
Nello stesso colloquio televisivo, Trump annuncia di aver ordinato al Pentagono di riprendere i test nucleari «su una base di parità» con Russia e Cina, sostenendo che altri Paesi già sperimenterebbero nuovi ordigni. E ribadisce di aver discusso la denuclearizzazione con Vladimir Putin e Xi Jinping. Sul fronte commerciale, anticipa una settimana decisiva davanti alla Corte Suprema: se i giudici dovessero limitare i poteri presidenziali sui dazi, «l’economia americana subirebbe danni incalcolabili», avverte, rivendicando che le tariffe hanno «rafforzato Wall Street e pensioni» e «reso gli Stati Uniti nuovamente rispettati».
GLI ACCORDI DI ABRAMO
Infine, un riferimento al dialogo con Riad: nonostante la posizione saudita che lega l’adesione agli Accordi di Abramo a progressi sul dossier palestinese, Trump si dice convinto che l’Arabia Saudita firmerà l’intesa. E assicura che l’Iran «non ha capacità nucleari», risultato che attribuisce alle politiche della sua amministrazione.
Piero Bonito Oliva


