Pochissimi nostri giornali, radio e televisioni nazionali hanno riportato una notizia epocale in campo ambientale: il primo tipping point climatico, o punto critico, è stato ufficialmente superato. Ed è quello relativo allo sbiancamento dei coralli, ovvero a quel processo che, a causa dell’innalzamento delle temperature dell’acqua marina, porta alla progressiva morte dell’alga simbionte che, assieme alle colonie di polipi, consente appunto la vita delle diverse specie di coralli. Significa che molto probabilmente le barriere coralline intense come ecosistema, salvo rare e localizzate eccezioni, hanno ormai imboccato la strada del non ritorno verso l’estinzione. Semplicemente nell’arco di pochi decenni cesseranno di esistere! Lo certifica una ricerca molto ben documentata, svolta da un nutrito team multidisciplinare di ben 160 scienziati di 87 istituzioni di 23 Paesi, guidato dall’Università di Exeter (Regno Unito) e finanziato dal Bezos Earth Fund, il fondo di ricerca del fondatore di Amazon. Questa indagine fa parte del più ampio report sui Global Tipping Points uscito pochi giorni fa che, in pratica, fa una sintesi ad ampio spettro dei rischi di superamento dei punti critici nel sistema Terra. l report identifica altri 25 potenziali tipping point climatici che sono interconnessi; il superamento di uno (come il collasso dei coralli) può innescare a cascata altri punti critici (per esempio, compromettere la resilienza degli oceani e la loro capacità di assorbire CO2). Altri esempi noti di tipping point includono lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia, il collasso della foresta amazzonica, quello delle correnti oceaniche dell’Atlantico e probabilmente molti altri che nemmeno conosciamo.
Una realtà complessa
Infatti di questi tipping point, in realtà, non abbiamo una conoscenza completa: sappiamo che esistono, che rappresentano processi complessi non lineari, come quelli ecologici, e sappiamo che superate certe soglie, per esempio a causa del riscaldamento medio degli oceani di oltre +1,2 °C come nel caso dei coralli, questi processi si romperanno e andranno verso nuovi equilibri, ma non sappiamo esattamente dove si trovano questi punti di non ritorno finché non succedono. Ora, a quanto pare, come dicono questi scienziati, abbiamo verificato che è definitivamente saltato l’equilibrio delle barriere coralline. E non è solo un fatto prettamente ecologico, anche perché i tipping poit sono irreversibili, o difficilmente reversibili e collegati tra loro: e le barriere coralline sono uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità del pianeta. Ospitano circa un quarto di tutte le specie marine, hanno una miriade di servizi ecosistemici, oltre a fornire mezzi di sussistenza, cibo, protezione costiera e turismo per centinaia di milioni di persone. Insomma, il fatto che stiano morendo è anche un problema sistemico, umano, sociale, economico. La parte positiva di questo che invece è un momento difficile da digerire è che alcuni scienziati invitano alla cautela. Per esempio esistono comunque casi di coralli che sembra resistere anche ad innalzamenti di +2 °C della temperatura dell’acqua, oltre a luoghi (per esempio alcuni angoli delle Filippine) in cui le barriere godono di una sorta di microclima protetto che in qualche modo sembra metterle al riparo, almeno per ora, dai drammatici fenomeni di sbiancamento che invece stanno colpendo ormai la stragrande maggioranza delle barriere. Ecco allora che scienziati come Mike Barrett del WWF, sollecitano azioni di studio e tutela proprio su queste «isole» protette, meno colpite dal cambiamento climatico, che dovremmo proteggere perché potrebbero essere i nuclei resistenti da cui, in futuro, far ripartire gli ecosistemi corallini anche altrove, «se» riusciremo a stabilizzare il clima. In genere, però, i dati riportati dal report sono drammatici e colpisce che ancora oggi, quando si tratta di ambiente, la maggioranza dei mass media continui a considerarle come gadgets o informazioni di contorno. Ciò la dice lunga, ancora una volta, sul livello di coscienza attuale della maggioranza dell’umanità, giornalisti compresi.
Armando Gariboldi



