L’esercito israeliano ha diramato un ordinanza che vieta alla popolazione di usare le strade che conducono ai centri di distribuzione degli aiuti, nel sud della Striscia, tra le 18 alle 6 del mattino: «L’area è considerata una zona militare chiusa», avverte il portavoce Avichay Adraee in un post su X. «Entrare rappresenta un grande pericolo per la vostra vita. E’ severamente vietato raggiungere i centri di distribuzione e le zone circostanti» durante la notte. Tali centri hanno suscitato critiche, dal momento che il sistema israeliano estromette gli organismi umanitari partendo dalle agenzie Onu, e rende complesso a una popolazione di 2 milioni di persone ottenere pacchi alimentari. Decine le persone che hanno perso la vita in queste zone. Anche oggi, informa l’emittente Al Jazeera, sette civili sono rimasti uccisi in «un bombardamento israeliano nei pressi dei centri nel sud-est», come ha detto una fonte medica dell’ospedale Nasser di Kahn Younis. In quest’area, colpi di artiglieria e mortaio sono stati sparati in un’operazione congiunta delle brigate Al-Qassam e delle brigate Al-Quds contro un centro di comando israeliano. Non è chiaro se ci siano vittime. Un altro militare israeliano ha perso la vita nel corso di scontri a fuoco nel sud, come fa sapere Channel 12. L’emittente radiofonica israeliana, citando il comandante del Battaglione 77 di Khan Younis, sostiene che i combattenti palestinesi avrebbero messo «trappole esplosive sulle strade» e dentro «quasi ogni edificio». Raid israeliani hanno raggiunto anche cinque edifici residenziali nella località settentrionale di Jabaliya Al-Balad, causando sette vittime. Sono 22 i palestinesi uccisi dall’alba di oggi. L’ultimo bilancio aggiornato da parte del ministero della Salute di Gaza riferisce di 54.510 morti dal 7 ottobre 2023 e 124.901 feriti. L’organizzazione ActionAid in una nota denuncia che, dalla fine del cessate il fuoco del 18 marzo, a Gaza «una persona su quattro è stata di nuovo costretta a fuggire e lasciare le proprie case: tutti gli operatori umanitari di ActionAid sono sfollati». Un operatore umanitario che chiede l’anonimato racconta: «Ogni volta proviamo a vivere una vita normale. All’improvviso ci ritroviamo in una tenda: caldo soffocante, sabbia ovunque, insetti, nessun conforto, nessuna privacy. Sono stato sfollato più di otto volte. Le nostre vite sono diventate una valigia». L’ong avverte che «Con l’82% del territorio sotto controllo militare israeliano o soggetto a ordini di evacuazione di massa continui, le persone sfollate sono costrette a cercare rifugio in un’area sempre più ristretta, in campi e rifugi sovraffollati».
Alessandra Fabbretti