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Gli alberi mandano dei segnali quando i vulcani sono pronti a eruttare

Gazzettino Italiano Patagónico by Gazzettino Italiano Patagónico
30 de mayo de 2025
in Ciencia
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Gli alberi mandano dei segnali quando i vulcani sono pronti a eruttare
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Le popolazioni residenti in prossimità di un vulcano attivo o potenzialmente pericoloso vivono con il costante timore di un’eruzione. Ma adesso in loro aiuto potrebbe arrivare un alleato inaspettato: gli alberi. Come? Grazie al colore delle foglie. Secondo uno studio realizzato in collaborazione dallo Smithsonian Institution e dalla Nasa, prima delle eruzioni vulcaniche il magma nel sottosuolo rilascia anidride carbonica nel terreno, che poi viene assorbita dagli alberi. Questi diventano verdi e vivaci, un cambiamento che, se monitorato via satellite, può aiutare nel migliorare i sistemi di allerta e di rilevamento. Secondo gli scienziati, il cambiamento cromatico delle foglie può indicare quando un vulcano vicino sta diventando più attivo e potrebbe eruttare. Infatti, quando il magma vulcanico risale attraverso la crosta terrestre, rilascia anidride carbonica e altri gas che salgono in superficie. Gli alberi che assorbono questi gas diventano più rigogliosi, un cambiamento che potrebbe fungere da «allarme» e che può essere osservato dai satelliti della Nasa o tramite strumenti installati a bordo degli aerei impiegati nell’ambito dell’Airborne Validation Unified Experiment: Land to Ocean (Avuelo). Il 10% della popolazione mondiale vive in aree soggette a rischi vulcanici, con pericoli che vanno dall’esplosione di roccia, polvere, ondate di gas tossici e cadute di cenere. Oltre ovviamente al rischio eruzione. Al momento non esiste uno strumento che possa prevenire le eruzioni vulcaniche con precisione. Quando il magma risale in superficie rilascia anidride carbonica e anidride solforosa: le prime, che vengono emesse in anticipo, sono quasi impossibili da distinguere dallo spazio, ma sono uno dei primi indizi su un vulcano non più dormiente. Ma adesso, il rilevamento dell’inverdimento della vegetazione dovuto all’anidride carbonica può offrire un nuovo potenziale strumento, da aggiungere alle onde sismiche e alle variazioni del sottosuolo, per comprendere cosa stia succedendo in una zona vulcanica. Come sottolineato da Florian Schwandner, capo della Divisione di scienze della Terra presso l’Ames Research Center della Nasa nella Silicon Valley, in California, l’obiettivo è quello di migliorare i sistemi di allerta precoce per i vulcani. «I vulcani emettono molta anidride carbonica – ha spiegato il vulcanologo Robert Bogue della McGill University di Montreal -, ma ce n’è così tanta nell’atmosfera che spesso è difficile misurarla specificamente. Mentre le eruzioni più importanti possono espellere abbastanza anidride carbonica da essere misurabile dallo spazio con sensori come l’Orbiting Carbon Observatory 2 della Nasa, rilevare questi segnali di allarme molto più deboli è rimasto difficile. Un vulcano che emette le modeste quantità di anidride carbonica che potrebbero presagire un’eruzione non apparirà nelle immagini satellitari». Ad oggi, per misurare i livelli di anidride carbonica, gli scienziati devono recarsi direttamente sul posto. Una pratica non semplice, considerando che molti dei circa 1.350 vulcani attivi in tutto il mondo si trovano in luoghi remoti e difficili da raggiungere. Vulcanologi come Bogue hanno unito le forze con botanici e climatologi per studiare gli alberi e monitorare l’attività vulcanica. «L’idea è trovare qualcosa che possiamo misurare direttamente, invece dell’anidride carbonica per avere un indicatore per rilevare i cambiamenti nelle emissioni vulcaniche». Come spiegato dalla vulcanologa Nicole Guinn dell’Università di Houston, esistono già molti satelliti che possono essere utilizzati per questo tipo di analisi. L’esperta ha confrontato le immagini raccolte da Landsat 8, dal satellite Terra della Nasa, da Sentinel-2 dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea) e da altri satelliti di osservazione della Terra per monitorare gli alberi intorno al vulcano Etna, sulla costa siciliana. Lo studio di Guinn è il primo a mostrare una forte correlazione tra il colore delle foglie degli alberi e l’anidride carbonica generata dal magma. Il passo successivo è quello di confrontare i dati delle immagini satellitari con i rilievi sugli alberi che si trovano intorno ai vulcani, così da avere una conferma della correlazione tra il rilascio di anidride carbonica e il cambio «cromatico» delle foglie. Una scoperta rivoluzionaria, che tuttavia ha i suoi limiti. Infatti, molti vulcani si trovano in zone con condizioni climatiche che non consentono la crescita di una vegetazione sufficiente per le immagini satellitari. Inoltre, alcuni ambienti boschivi reagiscono in modo diverso alle variazioni dei livelli di anidride carbonica ed eventi come gli incendi i le condizioni meteo possono complicare l’interpretazione dei dati satellitari sui gas vulcanici.

Andrea Falla

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