Una minaccia crescente per la salute globale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’antimicrobico-resistenza (Amr) diventerà la prima causa di morte nel 2050 e causerà ogni anno 10 milioni di morti nel mondo, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni), con una previsione di costi fino a 100 trilioni di dollari. Ma già oggi i numeri non sono confortanti: sono oltre un milione le vittime ogni anno riconducibili all’Amr a livello globale, con 33mila decessi in Europa, di cui quasi un terzo registrati in Italia, che con 11mila morti l’anno e 200 ricoveri ogni giorno è maglia nera a livello europeo. Non è un caso se proprio l’antimicrobico-resistenza è stato il tema al centro della sessione di apertura della riunione dei ministri della Salute al G7, che si è svolta il mese scorso ad Ancona. Ma che cos’è esattamente l’antimicrobico-resistenza? Si tratta di un fenomeno che si verifica quando i batteri evolvono fino a sviluppare la capacità di resistere agli effetti degli antibiotici precedentemente efficaci nel trattarli. Un esempio di evoluzione microbica, fanno sapere gli esperti, che avviene attraverso la selezione naturale: quando un batterio è esposto a un antibiotico, i batteri che possiedono mutazioni genetiche che li rendono resistenti hanno maggiori possibilità di sopravvivere e riprodursi. Di conseguenza, queste mutazioni si diffondono velocemente, fino a quando prevalgono i ceppi resistenti. La resistenza antimicrobica è dunque un fenomeno naturale, principalmente dovuto a mutazioni genetiche nei microrganismi. Ad accelerarne la diffusione, però, favorendo lo sviluppo di patogeni resistenti, è l’uso eccessivo e improprio di antibiotici. Negli anni li abbiamo usati troppo e male, li abbiamo sospesi al primo miglioramento o li abbiamo assunti quando non erano necessari, con il risultato che oggi questi farmaci così potenti spesso non riescono a sconfiggere neppure le infezioni più comuni. Un paradosso degli antibiotici, questo, per cui più vengono utilizzati e meno diventano efficaci contro i ‘superbatteri’. «L’antibiotico resistenza sta diventando il più grande killer nel mondo e anche per l’Occidente la sfida non è lontana» ha dichiarato ai giornalisti Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’Oms, interpellato sul tema durante il G7 di Ancona. «Gli antibiotici sono una delle più grandi invenzioni della storia umana, ma noi la stiamo distruggendo usandola troppo sugli esseri umani». Al momento, secondo l’esperto, ci sono «politiche sbagliate, gli investimenti sono necessari ma non risolvono tutto». Ryan ha sottolineato: «Ci vuole consapevolezza ed educazione sanitaria». La resistenza antimicrobica, intanto, ha implicazioni anche sugli animali, sulle piante e sugli ecosistemi con conseguenze dirette sulla sicurezza alimentare. Le sue ripercussioni sono inoltre amplificate dalla povertà, dal cambiamento climatico e dalla disuguaglianza di cui soffrono i Paesi a basso e medio reddito. «L’obiettivo è quello di non incentivare l’utilizzo di antibiotici come fattore di crescita per l’agricoltura e l’allevamento», ha fatto sapere ancora Ryan in occasione del G7 Salute», ma trovare soluzioni che abbandonino questo approccio». Pertanto, come hanno concordato i ministri europei nella loro dichiarazione congiunta, al termine del G7 Salute, l’arma contro la ‘nuova pandemia silenziosa’ risiede in una «attuazione efficace dell’approccio ‘One Health'», un modello che riconosce l’interconnessione tra la salute umana, animale e degli ecosistemi, con l’obiettivo di «limitare le future emergenze sanitarie derivanti dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento e dalla perdita di biodiversità». Anche l’Italia dunque è «in prima linea insieme agli altri governi del G7 nella sperimentazione di soluzioni nuove per gestire la crisi dell’antibiotico resistenza», ha fatto sapere il ministro Orazio Schillaci durante la conferenza stampa finale, annunciando che il nostro Paese investirà «21 milioni di dollari nel prossimo triennio» a favore di Carb-X, una partnership globale senza scopo di lucro che sostiene lo sviluppo di nuovi antibiotici. I fondi, ha evidenziato il ministro, rientrano tra i cosiddetti incentivi ‘push’ per incoraggiare gli investitori, attraverso un supporto pubblico sia finanziario sia tecnico, a destinare risorse per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci. Ma non solo: per rendere attrattivo il mercato e incoraggiare i privati a investire attraverso meccanismi che consentano un ritorno finanziario, dopo l’approvazione e l’ingresso del farmaco nel mercato, Schillaci è convinto che si debba agire anche sugli incentivi ‘push’. A questo proposito, si sta valutando la «possibilità di utilizzare parte del fondo già esistente per i farmaci innovativi oncologici e non-oncologici, senza penalizzare la finalità del fondo e senza ulteriore aggravio di spesa». Una scelta «chiara e concreta», secondo Schillaci, per affrontare «con nuove armi» la minaccia silenziosa dell’antibiotico-resistenza, la «vera pandemia» contro la quale si impongono «azioni immediate». Soprattutto in Italia, dove il numero delle infezioni ospedaliere provocate da germi multiresistenti agli antibiotici è davvero elevato: sono almeno 430mila i casi ogni anno, come fa sapere l’ultimo report dell’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control) e l’incidenza ancora una volta è tra le maggiori in Europa, con 8,2 persone con una Infezione Correlata all’Assistenza (Ica) ogni 100 ricoverati. In conclusione, i ministri della Salute europei hanno riconosciuto la necessità che tutti i Paesi abbiano «piani d’azione nazionali multisettoriali» sulla resistenza antimicrobica.
Carlotta Di Santo