Giovanni Cardone
Fino il 2 Febbraio 2025 si potrà ammarare presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino la mostra dedicata a Mimmo Jodice – Mimmo Jodice. Oasi a cura di Walter Guadagnini e Barbara Bergaglio. L’esposizione realizzata in collaborazione con la Fondazione Zegna. Mimmo Jodice attivo sin dagli anni Sessanta, è uno dei protagonisti assoluti della fotografia italiana e internazionale a cavallo tra XX e XXI secolo. Dalle sperimentazioni degli esordi alla fotografia di impronta sociale degli anni Settanta, fino all’attenzione nei confronti del paesaggio, la sua arte si è evoluta con straordinaria coerenza e profondità di pensiero e visione. Presenta per la prima volta 40 immagini appartenenti alla più ampia serie realizzata dal fotografo napoletano tra il 2007 e il 2008 per una committenza ricevuta da Fondazione Zegna: uno straordinario corpus all’interno del quale è possibile ritrovare tutta la poetica di Jodice, la sua capacità di trasformare la realtà naturale o artificiale in una visione metafisica, sospesa nel tempo e nello spazio. Jodice ha fotografato tre luoghi chiave di quest’area: lo stabilimento del Lanificio Ermenegildo Zegna, la villa del fondatore dell’impresa e la grande Oasi naturalistica. I grandi e modernissimi macchinari industriali si alternano dunque agli arredi classici della villa, le montagne ai tetti degli edifici, in un gioco continuo di tempi, spazi e forme. In particolare, meritano di essere segnalate le fotografie dove appare la neve, una rarità nella produzione di Jodice, riconosciuta soprattutto per le visioni mediterranee. Una mia ricerca storiografica e scientifica sulla Fotografia Contemporanea e sulla figura di Mimmo Jodice apro il mio saggio dicendo : Quando conobbi il maestro e sua moglie mi mise al proprio agio sembravamo amici non so da quanti anni parlammo della mostra e infine della sua fotografia dove Napoli e il linguaggio magmatico ti raccontavano una città dai mille volti che dagli anni Settanta ad oggi si è molta trasformata. Posso dire che al centro della propria ricerca c’è la riflessione sulle grandi trasformazioni che hanno investito il paesaggio contemporaneo e sulla mutata condizione sociale che ne consegue. Si tratta di un’esperienza che merita grande attenzione anche perché ha inciso sugli sviluppi e sulla maturazione non solo della cultura visiva, ma anche urbanistica e letteraria. L’attenzione che Mimmo Jodice ha dedicato al rapporto tra uomo e ambiente non ha soltanto avuto un preciso significato di tipo topografico, di misurazione e di descrizione dei luoghi, ma ha anche contribuito con i numerosi progetti oramai storicizzabili dedicati alle città, e ad ogni aspetto del paesaggio antropizzato e continua a contribuire alla non facile definizione della identità culturale italiana in relazione al suo paesaggio.
La stagione che faccio riferimento è quella che ha portato alla fioritura, in particolare tra gli anni ‘80 e ‘90, di quella che è stata chiamata scuola italiana, un fronte culturale composto da un gran numero di fotografi. Tra di loro vi erano quelli che oggi sono i maestri riconosciuti della fotografia contemporanea, non solo italiana, tutti nati nella prima metà degli anni 40. La fotografia di Mimmo Jodice è diretta ma non più di tipo reportagistico, bensì di semplice osservazione dei luoghi, fa coincidere la lettura fotografica del paesaggio in mutamento, nel momento in cui si predispone il passaggio dall’economia industriale a quella postindustriale, con una riflessione sul mondo e sulla propria individualità. Il Fotografo diviene un intellettuale che si interroga sulla frattura tra l’uomo contemporaneo e il mondo da lui stesso costruito, il fotografo mette in discussione, intreccia relazioni con scrittori ed architetti, lavorano collettivamente in ripetuti progetti di committenza pubblica spesso dando al loro lavoro un respiro non solo di carattere artistico, ma anche civile. È una fotografia del quotidiano, attenta agli aspetti minori e mediocri del paesaggio antropizzato, che esprime il disagio del momento storico in cui, dopo le tensioni utopistiche degli anni ’60 e ’70, la società e la cultura italiana si avviano verso quella che è stata definita la “morte delle ideologie”. È il tempo in cui si affacciano i terrains vagues, i vuoti lasciati dalle nuove urbanizzazioni; così quello che i fotografi tentano è la “rappresentazione” di questi paesaggi intermedi. Come sottolinea Roberta Valtorta, Roberto Signorini ha collegato questa fotografia alle teorie del pensiero debole, istanza filosofica sviluppata proprio in quegli anni da Pier Aldo Rovatti e Gianni Vattimo. Secondo Vattimo, poiché la progettualità non costituisce più il carattere peculiare dell’uomo libero, le grandi trasformazioni del mondo vengono percepite come prodotto degli automatismi. Mentre nell’Italia del Sud sia Mimmo Jodice che Cesare De Seta nella Napoli del dopo terremoto del 1980 collaborano a un vasto e ambizioso progetto, promosso dall’Azienda autonoma di soggiorno, volto a rinnovare l’immagine ancora anacronistica e folcloristica della città. La prima mostra del ciclo è Napoli ’81. Sette fotografi per una nuova immagine; a questa seguono altre quattro mostre e altrettanti libri fino al 1985 quando, purtroppo, il progetto si fermò, probabilmente per questioni economiche o per i cambiamenti ai vertici dell’Azienda. Furono chiamati a partecipare sia fotografi italiani quasi tutti gli stessi di Viaggi in Italia che internazionali (Claude Nori, Lee Friedlander, Joan Foncuberta e altri) e le loro foto furono le prime a gettare le basi per un dialogo inedito tra la città e la pratica fotografica. Intanto questa sorta di disagio, di incertezza che l’uomo ha di fronte al paesaggio da lui stesso creato avrà dei influssi anche in campo legislativo. Come si sa, è del 1985 la Legge Galasso sulla tutela del territorio, che introduce i piani paesistici regionali. Si inizia così a preparare il terreno per un’attenzione verso lo stato del paesaggio da parte di enti pubblici e istituzionali, un’attenzione che ha sempre più spinto verso progetti di committenza pubblica rivolti ai fotografi, per indagare le città, le periferie, le aree degradate. Stagione che caratterizzerà gli anni Ottanta e Novanta. La dimensione intermedia tra locale e globale, il valore del piccolo e poco costoso, il ruolo dello spazio politico e della rappresentanza sociale sono i temi più urgenti per la progettazione della città. E poi c’è il tema del temporaneo, visto come una delle strade che riesce meglio a tenere insieme tutte queste necessità. È partecipato, è poco costoso, è flessibile. La fotografia in questo panorama può mostrare questi aspetti del vivere quotidiano, dell’autorganizzazione dei cittadini, dei conflitti sociali e può tornare a farci riflettere ancora su cosa significa oggi abitare la città. Nel suo percorso incontra non solo gli spazi urbani e costruiti ma anche alberi, piante, giardini e boschi, segni di una naturalità spontanea e indomabile che ugualmente esiste accanto a noi. In una serie di “quadri” straordinari e preziosi, l’autore osserva questi elementi e riconosce in loro il silenzio di cui si nutrono, indispensabile per vivere come la luce, come l’aria. Alla capacità unica di Mimmo Jodice di mostrarci la realtà vista attraverso il filtro di un tempo diverso e sospeso, e così interpretata, è dedicata, in sintesi, la mostra. La grande forza del lavoro di Mimmo Jodice, che si staglia come unico e irripetibile nel panorama internazionale, risiede proprio in questa sua straordinaria capacità di scavalcare ogni contingenza temporale per donarci immagini di una consistenza diversa da quella che fatti e foto di cronaca potrebbero avere. Proprio il tempo, la capacità di ribaltarne il senso e di non farsi assoggettare alle sue regole, è forse la materia che più di tutte Jodice riesce a manovrare con grande sapienza, rifiutando le leggi della realizzazione e del consumo rapido di immagini magari prese al volo, con il cronometro dell’immediatezza in mano. Il suo, invece, è il tempo lungo della comprensione, della sintonia profonda con ciò che ha davanti; è il tempo della camera oscura in cui, di nuovo, a contatto diretto con le sue immagini e le sue visioni riesce, alla fine, a creare opere che ci appaiono come reperti di un mondo noto eppure sconosciuto, tracce di un universo magnifico, poetico, straniante e appunto, atemporale. Il percorso espositivo prosegue a Trivero (Biella), dove negli spazi del Lanificio Ermenegildo Zegna e di Casa Zegna sarà esposta una selezione di quattro stampe di grandi dimensioni della stessa serie.
Nel catalogo una testimonianza di Anna Zegna, presidente di Fondazione Zegna, un saggio del curatore Walter Guadagnini e un testo di Ilaria Bonacossa accompagnano la riproduzione di tutte le opere esposte. Questa mostra unica è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
Biografia di Mimmo Jodice
Nato a Napoli, dove tuttora vive, nel 1934. Fotografo di avanguardia fin dagli anni Sessanta, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato alla crescita e successivamente all’affermazione e al riconoscimento della fotografia italiana anche in campo internazionale. Negli anni Cinquanta, spinto dalla passione per l’arte, il teatro e la musica, si dedica da autodidatta al disegno e alla pittura. Nei primi anni Sessanta scopre la fotografia. Inizia allora una serie di sperimentazioni, usando il mezzo non come strumento descrittivo, ma creativo, realizzando lavori di matrice concettuale. Tra anni Sessanta e Settanta, Jodice incontra e fotografa – nelle gallerie napoletane come la Modern Art Agency di Lucio Amelio, lo Studio Trisorio, lo Studio Morra, Lia Rumma – i più importanti artisti delle neoavanguardie, da Warhol a Beuys, da De Dominicis a Paolini, Kosuth, LeWitt, Kounellis, Nitsch e tanti altri ancora. Negli stessi anni, si impegna in un’indagine socio-antropologica sulla ritualità, che sfocerà nel 1974 nella realizzazione del libro Chi è devoto. La sua prima mostra viene allestita al Palazzo Ducale di Urbino nel 1968; nel 1969 presenta alla Libreria Deperro la sua ricerca sul ritratto, intitolata Persona, mentre nel 1970 tiene una mostra dal titolo Nudi dentro cartelle ermetiche alla Galleria Il Diaframma di Milano. Nello stesso anno è invitato a tenere corsi sperimentali all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove poi insegnerà fotografia fino al 1994. Il decennio settanta è segnato da un forte impegno sociale e politico, che si manifesta in una fotografia documentaria capace di raccontare drammi, tensioni e speranze della città partenopea e dei suoi abitanti. Nel 1980, abbandonata la fotografia sociale, pubblica Vedute di Napoli, una nuova indagine sulla realtà degli spazi urbani e del paesaggio attraverso una visione non documentaria ma sottilmente visionaria, di ascendenza metafisica, alla quale da questo momento resterà sempre fedele. Nel 1985 inizia una lunga ricerca sul mito del Mediterraneo, che sfocerà nel volume Mediterraneo, pubblicato da Aperture nel 1995, e in una mostra al Philadelphia Museum of Art, che diventerà poi itinerante in vari musei del mondo, tra cui il Castello di Rivoli. Nel 2001 alcuni suoi lavori sono installati nella fermata Museo della metropolitana di Napoli. Tra i libri e le mostre a cavallo tra i due secoli si citano Eden con un testo di Germano Celant del 1998 e le antologiche Mimmo Jodice. Retrospettiva 1965-2000 del 2001 alla GAM di Torino e Mimmo Jodice. Perdersi a guardare alla Fondazione Forma di Milano nel 2007. Nel 2011 espone al museo del Louvre con Les yeux du Louvre. Nel 2016 il Museo Madre di Napoli lo consacra con una retrospettiva, la più completa a lui dedicata, seguita da un’esaustiva monografia dal titolo Mimmo Jodice. Attesa / Waiting (dal / from 1960). Nel 2017 la Fondazione MAST di Bologna inaugura la mostra Gli anni militanti e nel 2018 è presentato al museo Eretz di Tel Aviv il lavoro Mediterraneo, esposto poi in numerose capitali dell’Africa del Nord. Sempre nel 2018 espone alla Biennale della fotografia di Mosca. Nel 2022 partecipa alla mostra Renverser ses yeux al Jeu de Paume e a Le Bal di Parigi (poi alla Triennale di Milano) e nel 2023 tiene la personale Senza tempo alle Gallerie d’Italia a Torino (poi Villa Bardini a Firenze), confermando la sua centralità nella fotografia italiana degli ultimi cinquant’anni. Tra le numerose e prestigiose onorificenze ricevute si ricordano il Premio Antonio Feltrinelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei, conferito nel 2003 per la prima volta a un fotografo, la laurea honoris causa in architettura ricevuta nel 2006 dall’Università degli Studi Federico II di Napoli e la nomina nel 2011 a Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres conferitagli dal Ministero della Cultura francese. Nel 2023 è pubblicato da Contrasto il racconto autobiografico Saldamente sulle nuvole.
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino
Mimmo Jodice. Oasi
dal 16 Ottobre 2024 al 2 Febbraio 2025
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00
Giovedì dalle ore 11.00 alle ore 21.00
Mimmo-Jodice-Oasi-Zegna-2008-Fondazione-Ermenegildo-Zegna
Mimmo-Jodice-Lanificio-Ermenegildo-Zegna-interni-2008-Fondazione-Ermenegildo-Zegna
Mimmo-Jodice-Villa-del-fondatore-Ermenegildo-Zegna-esterni-2008-Fondazione-Ermenegildo-Zegna-
Mimmo-Jodice-Villa-del-fondatore-Ermenegildo-Zegna-interni-2008-Fondazione-Ermenegildo-Zegna-