Steve Kerr è la versione sportiva – ok, in piccolo – di Taylor Swift: le stelle Usa che prendono posizione contro Trump nella corsa alla Casa Bianca. Kerr è il coach dell’ennesimo Dream Team americano alle Olimpiadi, la nazionale del basket zeppa di fuoriclasse pure loro (Lebron su tutti) impegnati ad usare il loro seguito per contrastare la candidatura dell’ex presidente Repubblicano. Era intervenuto alla Convention Democratica, di fianco a Kamala Harris, e torna a parlare di Trump intervistato al Paìs.
«Viviamo in democrazia e questo sistema è realizzato da e per le persone. I cittadini possono aiutare a determinare cosa sta succedendo nel paese, quali leggi esistono e chi sta guidando un progetto. Ho capito che, con questa piattaforma, le persone mi avrebbero ascoltato. Quando giocavo l’impegno non era comune negli Stati Uniti. Stiamo assistendo a un cambiamento e lo stato della politica nel mio paese ha fatto sì che molte più persone si siano sentite sfidate a parlare forte e chiaro. Ai miei tempi da giocatore, quasi nessuno osava».
«Sono molto preoccupato che Trump possa ridiventare presidente per diversi motivi. Il primo è la sua mancanza di carattere. Nessuna azienda al mondo assumerebbe uno con il curriculum di Trump. Condannato per frode, violenza sessuale… infatti, agli Warriors, nel mio lavoro, non mi sarebbe nemmeno permesso di assumerlo. E nonostante tutto ciò, lo nomineremo presidente del nostro Paese? Penso che il carattere sia estremamente importante nelle posizioni di leadership e la sua morale brilla per la sua assenza.
Il padre fu ucciso a colpi di arma da fuoco quando Kerr aveva 18 anni: «Mi ha segnato e mi ha insegnato molto sulla prospettiva delle cose. Come giocatore e come allenatore, le partite sono importanti, ma ci sono cose oltre a queste che sono estremamente più rilevanti. Mi ha dato la visione di parlare pubblicamente e concentrarmi su questioni come la violenza armata e la sua prevenzione. So cosa vuol dire perdere un membro della famiglia per questo motivo. È un problema molto particolare negli Stati Uniti e nella maggior parte dei paesi, se non in nessun altro, le persone non entrano nelle scuole e negli istituti con armi da fuoco per uccidere i bambini. Ciò non accade da nessun’altra parte. Sappiamo che le soluzioni esistono ed è per questo che è importante alzare la voce».
Mario Piccirillo