Se non si interviene rapidamente con drastiche riforme l’Europa, tutti noi, siamo destinati ad una lenta agonia. Parola di Mario Draghi, ex presidente della Banca europea ed ex presidente del Consiglio italiano. Draghi oggi ha presentato il Rapporto con le sue proposte, chiesto a suo tempo dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Una sorta di bussola per il nuovo corso politico della nuova Commissione che a breve inizierà il suo lavoro. La scommessa adesso è quanti paesi si diranno pronti a seguire le 170 proposte avanzate da Draghi, alcune veramente imponenti. Il rischio, infatti, è che di fronte alle difficoltà che alcuni ‘grandi’ hanno in casa, Francia e Germania per cominciare, con la destra estrema che guadagna grandi consensi urlando contro l’Unione europea, getteranno comunque il cuore oltre l’ostacolo, favorendo l’interesse comune e non quello di casa propria. Cuore centrale del Rapporto sulla competitività presentato da Draghi è il reperimento di ben 800 miliardi di euro l’anno in più per gli investimenti nei settori strategici da lui individuati. Consapevole del rischio che alcuni Stati possano mettersi di traverso bloccando tutto, Draghi ha chiesto ai ‘volenterosi’ di mettersi comunque in marcia loro per primi e di prevedere comunque il superamento del voto all’unanimità. Il Rapporto di Draghi nello specifico, si incentra su 5 macro capitoli: produttività, riduzione delle dipendenze esterne (energia), transizione climatica, inclusione sociale e raccomandazioni settoriali che, a seguire, la Presidente della Commissione invierà ai nuovi commissari designati. Il cuore è la crescita, è importante perché da questa dipendono i valori fondanti dell’Europa: libertà, pace e democrazia. L’Unione europea, ha detto Draghi, deve garantire ai paesi membri che potranno godere di questi valori «e se non ci riuscirà a garantirli, allora non avrà più ragion d’essere». Tema chiave è aumentare la competitività per cercare di stare al passo con Stati Uniti e Cina. Ma, a questo riguardo, c’è un problema enorme: il calo demografico. Infatti, ha sottolineato Draghi «questo è il primo anno in cui l’Ue non può contare sulla crescita demografica per crescere. A partire dal 2040 ci saranno addirittura due milioni di lavoratori in meno sul mercato del lavoro ogni anno». Per questo, ha proseguito, «dobbiamo aumentare la produttività e se vogliamo mantenere la media degli ultimi 5-10 anni non basterà mantenere un Pil costante. I nostri bisogni sono in aumento, anche per gli obiettivi di decarbonizzazione, digitalizzazione, aumento della difesa. In più vogliamo mantenere il nostro modello sociale, gli investimenti per fare questo sono enormi. Dovremmo aumentare il Pil del cinque per cento circa. Si tratta di livelli visti negli anni Sessanta e Settanta del secondo corso». Se l’Europa non riuscirà a diventare più produttiva, ha fatto capire Draghi, allora non sarà più in grado di finanziare il suo modello sociale, «è una sfida esistenziale» ha sottolineato. Poi qualche dato per capire l’enorme gap che si registra sul fronte dell’innovazione: «Solo 4 delle 50 principali aziende tecnologiche mondiali sono europee». Il Rapporto e le proposte finiranno nel cassetto? Un primo banco di prova lo avremo il prossimo 8 novembre, quando i 27 paesi europei saranno chiamati dalla presidenza di turno ungherese al vertice di Budapest. Lì si vedrà quanti saranno pronti ad agire subito e quanti, invece, a stoppare le proposte di Draghi con mille distinguo.
Nico Perrone