In Libano ora è attesa, dopo la strage di Majdal Shams, ieri, quando nella città a maggioranza drusa sulle alture di Golan, un razzo, di fabbricazione iraniana secondo gli israeliani, caduto su un campo di calcio ha ucciso almeno 12 persone, soprattutto bambini e ragazzi, ferendone oltre 30. L’offensiva, che apre al rischio estremamente concreto di un conflitto molto più ampio, è stata definita dal portavoce capo dell’esercito israeliano, la più letale contro i civili israeliani dall’attacco di Hamas del 7 ottobre che ha scatenato la guerra a Gaza. Il movimento sciita libanese Hezbollah, che rifiuta di cessare il fuoco finché continueranno i bombardamenti israeliani su Gaza, ha però negato un suo ruolo nell’attacco e reagisce dichiarando di aspettarsi una pesante reazione da parte di Israele. E nella notte, come riferisce l’esercito israeliano, una raffica di raid israeliani ha colpito in Libano, «una serie di obiettivi terroristici di Hezbollah sia in profondità nel territorio libanese che nel sud del Paese». Gli Hezbollah «pagheranno un prezzo alto», erano state le parole di avvertimento del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha lasciato in anticipo gli Stati Uniti per rientrare in patria e convocare il Gabinetto di sicurezza, mentre fonti della sicurezza israeliane assicurano che il Paese non vuole una guerra. Israele ha intanto consegnato ai mediatori la proposta «aggiornata» per un possibile cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. La prima verifica di una potenziale intesa, nonostante le nuove tensioni, è oggi a Roma al vertice Mossad-Cia e Qatar-Egitto.
Francesca Sabatinelli