Donald Trump e il suo orecchio ferito stanno spopolando tra gli elettori americani. Le cronache dei giornalisti che seguono la campagna elettorale del campione repubblicano narrano di file chilometriche di fan adoranti, per nulla turbati di ascoltare Trump in comizio per ore, anzi. Lui, d’altra parte, sa di essere sostenuto da una gran fetta di elettori che girano armati di crocifisso e rosario, pronti a benedire chi si pente e maledire chi vota il diavolo Democratico. Sarà difficile, molto, per qualsiasi candidato i Democratici individueranno al posto del vecchio Biden, togliere l’aureola a San Trump che d’ora in avanti, a qualsiasi appuntamento elettorale, a tutti dirà che per governare gli Stati Unito ci vuole orecchio. Prima di tutto per ascoltare quelli che Donald considera suoi pari che, sarà un caso, sono tutti dittatori, che schiacciano e tolgono la libertà ai loro concittadini e che Donald per questo considera dei veri ‘tipi tosti’ degni di applauso. Basta soltanto ricordare le parole di elogio nei confronti del cinese Xi Jinping, di Vladimir Putin, del ciccio nordcoreano, Kim Jong, che Trump quando sarà di nuovo alla Casa Bianca incontrerà di nuovo perché, cito le cronache, «è bello andare d’accordo con chi ha armi nucleari e missili. Sono riuscito ad impedire che li lanciasse». Altro miracolo da mettere agli atti. E meno male che dopo l’attentato i suoi ragazzi del coro annunciarono urbi et orbi che Trump aveva capito, che d’ora in avanti sarebbe diventato più buono. Seee, fessacchiotto chi ci ha creduto. Per Trump non è possibile volare basso, ha un popolo che da lui reclama maniere forti e soluzioni da apocalisse. E lui esegue. Ha già annunciato che sin dal primo giorno ‘sarò un dittatore’, e che tra le prime cose che attuerà ci sarà, parole sue, la più grande deportazione di immigrati. Ora, stando alle cifre ufficiali e stando bassi, negli Usa si contano 11 milioni di immigrati privi di documenti. Voi capite che cosa accadrebbe di fronte a questa deportazione? Esercito e polizia mobilitati per scortarli fino al confine, e poi? Già tra gli infoiati di Trump c’è qualcuno che parla di mega tendopoli da costruire vicino alle frontiere, poi di ponti aerei per scaricarli a casa loro. E se quegli altri non li volessero indietro, che accadrebbe? Invasione militare? Per dire, al momento siamo alle chiacchiere, pericolose ma chiacchiere. Ma una volta che Trump dovesse avere di nuovo il potere in mano a quel punto le chiacchiere potrebbero trasformarsi in atti che suonerebbero come vera e prima dichiarazione di guerra. Il campione repubblicano al momento gioca col fuoco, ma sa così di poter contare sul voto di altri milioni e milioni di immigrati ora regolarizzati, che avendo agguantato il ‘sogno americano’ non vogliono per niente al mondo condividerlo con i disperati di adesso, magari persone che vengono dai loro stessi luoghi di nascita, i loro paesini. Vecchia storia, basterebbe aver letto qualche libro per sapere che chi ha un passato da disperato e non lo è più, si vende subito a chi gli garantisce che le sue cosucce non verranno toccate. Anche questi sono dei poveri illusi, perché i leader repubblicani lo dicono ogni giorno, senza vergogna: a loro dà fastidio anche il solo diverso colore della pelle (rispetto al bianco) e il modo di parlare. Penso al film uscito da poco Civil War, per la verità non molto riuscito, ma in un passaggio secondo me coglie bene lo spirito ‘trumpiano’. Quando un vero americano bianco, mitra in mano, trovandosi di fronte ad altri americani (documenti alla mano) di diversa razza domanda a uno di questi: tu di che origine sei? Hong Kong? E giù una bella mitragliata di pallottole. Questo è il virus che si è già insediato in metà popolazione, che crede alla parabola di Trump, che l’America tornerà grande come lo era nel passato. Senza pensare che nel passato americano ci sono anche porcherie e grandi tragedie, si pensi alla guerra civile, allo schiavismo o al genocidio dei nativi americani, che sarebbe meglio, appunto, lasciare al passato e non riproporlo in nuova veste. Anche il vice di Trump, D.J. Vance, che in ogni dove si vanta di aver fatto il marines in Iraq, contando sull’ignoranza di chi lo ascolta, che non sanno niente degli orrori di cui si è macchiato l’esercito americano in quel conflitto. Basti solo ricordare la serie di violazioni dei diritti umani commesse contro detenuti nella prigione di Abu Ghraib da parte di personale dell’Esercito degli Stati Uniti e della CIA durante gli eventi della guerra nel marzo 2003. Queste violazioni inclusero abusi fisici e sessuali, torture, stupri, sodomizzazioni e omicidi. E chi non lo sa farebbe meglio a studiare quello che è già successo perché non capiti di nuovo. A proposito, il giovane marines Vance dov’era? Da quelle parti? Per capire meglio questo soggetto, parlando del diritto all’interruzione della gravidanza, che appena lui si insedierà cercherà di abolire in fretta e furia, va impedita anche in caso di stupro»… Penso che due torti non facciano una ragione». Capito? Senza vergogna e senza neppure accorgersi, questo è il livello culturale, delle sue contraddizioni che sfociano nel ridicolo. Ad esempio, Vance considera anche il divorzio una cosa abominevole: «Questa è una delle grandi illusioni che la rivoluzione sessuale ha fatto credere alla popolazione – ha sentenziato- ovvero che questi matrimoni erano infelici, forse anche violenti, e quindi liberarsene e rendere più facile per le persone cambiare coniuge, come cambiano la biancheria intima, le renderà più felici». Senza vergogna, e senza considerare che il suo capo, Donald Trump, di divorzi confermati ne ha già due e ha avuto figli con tre donne. Solo la verità alla fine batterà la menzogna. Sarà dura, ma è l’unica via.
Nico Perrone