Giovanni Cardone
Fino al 22 Giugno 2024 si potrà ammirare presso lo Spazio Culturale Movimento Aperto Napoli gestito con grande professionalità e passione dall’Artista Ilia Tufano, la mostra di Antonio Ciraci in Sud Portraits Testo Critico di Francesco Abbate.In mostra quarantacinque dipinti di piccolo formato, tutti molto recenti, olio su tela preparata con gesso, una tecnica che conferisce matericità vibrante ed una particolare forza all’immagine. Antonio Ciraci pratica anche l’arte del togliere strati di colore, fino a riportare in evidenza, in taluni punti, il bianco del fondo per creare significative tumescenze. Come scrive nel suo testo critico Francesco Abbate : Mi venivano in mente queste osservazioni ripercorrendo quanto conosco del percorso artistico di Antonio Ciraci e della analisi sulla sua opera da parte della relativa bibliografia, o più propriamente il percorso del suo “materico”. A me pare però che ci siano alcuni elementi che sembrano correre paralleli, ma in realtà si intrecciano, e che uno predomini su tutto: l’essere innanzi tutto Antonio Ciraci un pittore; è questo elemento che alla fine si impone sugli altri, anche se da questi è ed è stato condizionato”, scrive Francesco Abbate. In effetti quello di Ciraci è un modus operandi complesso, raffinato, dove è protagonista una spiccata sensibilità materica. Egli è stato allievo di Antonio Spinosa quando si è formato presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Successivamente ha insegnato materie pittoriche nei Licei Artistici. Al ritratto è pervenuto progressivamente negli ultimi dieci anni, abbandonando una pratica informale ed una più recente delibazione simbolista, perseguendo una figurazione sempre più “interiore”. I suoi non sono “ritratti dal vivo” ma soggetti d’invenzione e talora esiti dell’elaborazione di spunti da ricordi o da immagini fotografiche. Non gli interessa la somiglianza ad un soggetto particolare ma l’espressività , l’interiorità del volto. In questa serie, SUD PORTRAITS, protagonista è il Sud, non solo Napoli, ma il Sud del mondo, con la sua carica di umanità dolente, così come nella precedente serie MITHO’S PORTRAITS, oggetto di fortunate mostre, figure del mito. “Il materico, in questi ritratti che ti interrogano e si interrogano, ha conosciuto un evidente mutamento. Non senza una ragione, diciamo pure di “contenuto”; ma ogni contenuto, nell’ambito di un’arte figurativa, non può che essere espresso formalmente, con il tradurre “per figura” idee, sentimenti, concetti e tutto quello che si intende trasmettere. Se i ritratti del mito avevano una loro imperturbabilità sotto il fitto reticolo di un materico posto quasi a proteggere la distanza della loro impassibilità, a svelare invece la loro sia pur silente, ma non per questo meno espressiva umanità di ritratti di sentimento, di sensazioni, di emozioni (ed è ora la sorpresa, ora la paura, la riflessione, lo sconcerto, il dubbio od anche l’inquietudine) a svelare tutto questo è un materico che si può definire fluido. Un materico dove lo stesso far emergere l’imprimitura della tela porta ad esprimere la luce e dove filamenti, strisciate, graffi di colore, reticoli di tacche cromatiche, più spesso gialle, dai contorni imprecisi, ma che, aumentando di intensità, con tocchi più spessi o sovrapponendosi, e accostando toni di colori differenti, riescono comunque a dare corpo e potenza ai visi che, quasi per magia, da tutto questo accumularsi di materia rimangono “vivi”, non per impressioni ma per espressioni di sentimenti diversi.” Analizzando le ultime opere di Antonio Ciraci posso affermare che negli ultimi anni egli se è dedicato ad una pittura figurativa che si ispira al realismo sociale di Raffaele Lippi ed Armando De Stefano. Ciraci in seguito dopo aver seguito la lezione di questi grandi maestri e senza dimenticare che egli stato allievo di Domenico Spinosa la sua pittura è andata evolvendo verso l’iperfigurativo – materico. I suoi colori spesso vicini alla monocromia, ricreano un mondo d’immagini che vanno dal realismo totale ad un’aura, lo dico in totale convinzione, in bilico tra metafisica e intimismo, tra immagine reale e immagine sognata. Il percorso stilistico di Antonio Ciraci è questo lo si evince in tutte le sue opere è passato attraverso una serie di esperienze sempre aderenti ai contenuti della ‘realtà’.
Si rileva, in questo suo “fare arte”, un notevole rigore espressivo e una compiuta azione di un appassionato impegno che si trasformano, gradevolmente, in un linguaggio di grande originalità. Accordi di rilievo della linea, pura sapienza prospettica, forte sentimento spaziale, sono tutti concreti elementi esaltanti che determinano, nell’opera finita, non solo una bellezza della forma, ma tracimano un soffuso lirismo, diremo meglio una lirica espressione della realtà. La pittura di Antonio Ciraci è una riflessione sull’arte e sulla sensibilità dagli esiti imprevedibili da ammirare e approfondire. E’ una ricerca legata alla grande tradizione dove il figurativo si apre a forme sempre più diverse. L’artista viaggia attraverso i secoli esplorando il Rinascimento, il Seicento fino ai nostri giorni restituendo al fruitore delle immagini caratterizzate da un poliedrico linguaggio pittorico. La realtà per un pittore è prima di tutto la pittura, come per uno scrittore è prima di tutto la letteratura. Proust dialoga con Balzac come Joyce dialoga con Flaubert, o Edward Hopper con Marquet, Felix Vallotton e Picasso. Il suo percorso rappresenta un discorso pittorico unico e globale nella sua essenza, è raro oggi non riconoscere, una figura sembra impotente a rappresentare altro rispetto all’annoiato e decaduto epigono di racconti finiti, o a mutuare forme proprie a linguaggi propri di arti visive contemporanee. Da questo punto di vista, Antonio Ciraci è un unicum, un punto esclamativo lanciato nello stagno dell’apatia nella quale pare immersa l’arte figurativa. I suoi lavori costituiscono illuminanti chiavi di lettura contemporanee di un soggetto universale nell’arte, perché connaturato all’esistenza, affrontato con una tecnica altrettanto trasversale ‘la storia’. Proviamo a comprenderne le ragioni, intanto iniziamo col precisare che Antonio Ciraci dipinge con olio su tela oppure, con tecnica mista, la evidente formazione accademica si materializza in una misurata consapevolezza del fare, sin dai primi lavori pubblicati, i riferimenti culturali assumono il peso di basi in commistione tra loro sopra le quali appoggiare le proprie visioni, non sono mai schemi interpretativi preconfezionati. Il segno è materico, la materia è disegnata e forma e contenuto raggiungono un equilibrio compiuto. E’ allora che la ricerca di Ciraci inizia a sostanziarsi di elementi che permangono sino ad oggi seppure in evoluzione. Il complesso tema di forze è leggibile in virtù del delicato equilibrio visuale fra dimensioni, distanze, direzioni, curvature e volumi. Ciascun elemento possiede una forma appropriata in relazione a tutte le altre fissando così un ordine definitivo nel quale tutte le forze componenti si contengono a vicenda nessuna di esse può imporre alcun mutamento nell’interrelazione. Antonio Ciraci ha generato nelle sue opere un’espressività gestuale ed emozionale che parte dal proprio ‘io’. Il suo linguaggio, richiede una conoscenza che implica un volontario avvicinamento alla ricerca perseguita con una lenta penetrazione cercando attraverso la sua ricerca un rinnovato sguardo dello spettatore. Arrivati alla scoperta ci si accorge che quell’opera è parte di un tutto, arrivati al particolare, la visione è dunque la stessa del punto di partenza. Comprendere l’opera e coglierla come totalità, è funzione di una rivelazione e l’immediatezza sospende la dimensione temporale, la visione logica dovrebbe restituirci il motivo di tale rivelazione. L’artista Antonio Ciraci, pertanto, dà per certo che il complesso dei sentimenti relativo alle tradizioni, alle idee, alla cultura degli uomini, si ripercuote fortemente sul gusto figurativo e lui ne è un interprete di grande valore. La sua peculiare interpretazione pittorica va ben oltre la rappresentazione del vero e il soggetto diventa perciò un pretesto per un ricco gioco cromatico . La modulazione del segno e del colore poi è una prerogativa estremamente personale che ne decreta la sua inconfondibile sigla stilistica. Nelle sue ultime opere penso che ognuno di noi può rivedersi e nel contempo può rivedere l’altro, attraverso un vero percorso di rinascita per l’uomo e per la pittura che grazie a Ciraci ci fa comprendere la sua vera essenza. Antonio Ciraci nel contempo tende ad interagire, dando una vita nuova e artisticamente immortale ed è partecipe con tutto se stesso offrendo degli spunti per salvaguardare e valorizzare i suoi ricordi ed interiorizzandoli questi divengono sempre più personali , il fruitore dell’opera diventa parte della stessa, dando vita humus pregnante che ti permette attraverso l’arte di poter esprime i tumulti dell’animo, le gioie le speranza di ogni uomo che sia innamorato e divenga cantore della vita e dei sentimenti che ci vengono quotidianamente offerti.
E come ultimo eremita, unico spirito pulsante Ciraci è capace di fare vivere e rivivere, di una luce tutta propria quei racconti quelle narrazioni di un popolo che vuole sognare, ma nel contempo le sue opere piene di una simbologia descrittiva tendono di dare una veste nuova dove materia e antimateria divengono tutt’uno dando una poetica dove ognuno è arbitro del proprio sentire e della propria cultura. Infine volevo concludere con Emanuele Severino il quale dice : la memoria, insomma, potremmo anche suggerire così, non è altro che il tempo. Egli ci ha lasciato su questo argomento tantissime riflessioni, la sua filosofia poggiava sulla grande prosopopea di Parmenide: gran parte della riflessione severiniana si configura come una massiccia e controversa rivalutazione dei dogmi ontologici dell’eleate, incompreso e sconfessato profeta dell’essere; prendendo le mosse dalla contraddizione che si pone alla base del divenire l’essere non diviene, poiché il divenire comporta il non essere, ovvero il venire e tornare nel nulla, la celebre dimostrazione severiniana dell’eternità di tutti gli enti vuole contrapporsi alla storica fede prestata dall’umanità, fin dai tempi dei greci, al divenire, fede che ha portato la storia dell’uomo e della filosofia ad essere necessariamente storia del nichilismo, e ad innalzare i cosiddetti Immutabili o Eterni ‘Dio in primis’ ai quali aggrapparsi per tentare di sfuggire all’angoscia dettata dal carattere effimero e transeunte che l’uomo attribuisce agli enti. Io penso che il pensiero di Severino è presente nella pittura di Antonio Ciraci come concetto di memoria e di appartenenza ad un popolo ad una civiltà. La personale già presentata sei mesi fa a Roma sarà poi trasferita in novembre a Toronto in Canada.
Spazio Culturale Movimento Aperto – Napoli
Antonio Ciraci . Sud Portraits
dal 29 Maggio 2024 al 22 Giugno 2024
dal Lunedì al Martedì dalle ore 17.00 alle ore 19.00
Giovedì dalle ore 10.30 alle ore 12.30