Generoso D’Agnese
Era l’alba, per le strade della Boca, il quartiere di Buenos Aires segnato da una profonda origine ligure. Esteban Baglietto, Alfredo Scarpatti, Santiago Sana, Juan e Teodoro Farenga, sono seduti su una panchina di legno di Piazza Solìs e decidono di mettere termine a una discussione iniziata ore prima e portata avanti con grande foga. Decidono che è giunta l’ora di fondare una squadra di calcio che rappresenti meglio il quartiere e le loro origini italiani. Decidono di fondare il Boca Juniors.
Era il 3 aprile del 1905 e 120 anni dopo quella riunione estemporanea in piazza Solìs, l’Argentina ha continuato a festeggiare i successi di uno dei più grandi club calcistici del Mondo, capace di sfornare campioni e di conquistare tutte le competizioni. Un primato che affonda le radici nella passione autentica degli italiani di Buenos Aires.
Non fu un parto indolore quello che portò alla nascita del Boca. A iniziare dal nome. Escluse le opzioni di Hijos de Italia, Defensor de la Boca e Estrella de Italia, i cinque decisero di scegliere il nome del quartiere e di aggiungervi “Juniors” in onore degli inglesi inventori del Football e per stemperare la fama negativa del quartiere.
La Boca del Riachuelo è infatti un luogo particolare. Posta alla confluenza di un piccolo fiumiciattolo con il Rio de la Plata, l’area divenne “italiana” in un periodo difficile per l’emigrazione in Argentina. Governata da Juna Manuel de Rosas, l’Argentina dei primi decenni dell’Ottocento era ancora un paese in formazione, stretto tra le province popolate da feroci tribù araucane e le spinte autonomiste di varie province. De Rosas divenne uno dei tanti dittatori che hanno iscritto il loro nome nella storia del paese. Amato dai suoi seguaci andò al potere dal 1829 al 1832 e dal 1835 al 1852 e fu temuto dagli oppositori. De Rosas era dichiaratamente xenofobo. Le guerre intestine, combattute anche da rivoluzionari arrivati dall’Europa in fiamme, lo avevano convinto della necessità di chiudere le porte all’immigrazione. Fece un’eccezione per i liguri che gli piacevano per l’ intraprendenza. Solo a loro consentì di sfruttare in forma di monopolio la navigazione fluviale sul Rio de la Plata. Per tutto il XIX° secolo i liguri prosperarono in quello che diventerà il quartiere de la Boca e nel 1869 su 71mila italiani, ben il 56% erano di origine ligure.
Variopinto e inquietante, povero e fiorente al contempo, intriso del dialetto genovese, la Boca era abitato da gente che viveva nei «conventillos», dove cinque, sei famiglie installate ciascuna in una stanzetta attorno al patio condividevano bagno e cucina.
Un quartiere orgoglioso, la Boca, capace nel 1882, a seguito di uno sciopero generale, di issare la bandiera genovese e proclamare la nascita della «Repubblica Genovese della Boca » che ebbe vita breve, ma lasciò un segno profondo in una memoria collettiva improntata all’orgoglio delle proprie radici. Sono ancora tante le storie di famiglia che il visitatore odierno può raccogliere camminando per le stradine del quartiere. Punteggiate di parole italiane, e più spesso ancora di termini genovesi, queste storie cominciano immancabilmente con il «barco» da cui scesero i nonni (o i genitori), ciascuno determinato a passare dalla povertà a una discreta ascesa sociale attraverso la redenzione del lavoro.
Ma l’anima della Boca passava anche attraverso la pittura e il tango. La Boca degli anni di massimo splendiore era il quartiere scapigliato di pittori quali Alfredo Lazzari o Quinquela Martin (sempre di origine rigorosamente italiana) che installavano i loro cavalletti sul molo o direttamente nelle barche, contribuendo con le loro opere all’identità caratteristica del luogo. Del tango, la Boca é invece uno dei luoghi mitici. Lo é perché il tango esprime la malinconia degli immigrati. E lo é anche perché la zona portuale forniva lo sfondo adeguato per un ballo di origine popolare farcito di parole di origine genovese. Fino a non molti anni fa, il tango lo si ballava fino all’alba nelle pizzerie (cantinas) della Boca, tra una porzione di focaccia e un bicchiere di vino.
E fino all’alba si giocava a pallone, nel quartiere simbolo della cultura popolare di Buenos Aires. Il Boca Juniors nasceva come risposta al River Plate (altro club fondato da italiani) che dopo diversi anni di coabitazione nel quartiere, nel 1923 decise di trasferirsi al “Barrio de Palermo”. Per l’ubicazione del suo campo e per gli elevati stipendi pagati ai calciatori, il River Plate divenne il club de “Los Millonarios”, appellativo che tutt’ora identifica i supporters.
Il Boca Juniors rimase invece nel quartiere e proprio dall’esodo dei rivali trasse spunto per un’ulteriore affermazione delle proprie origini. I supporter del Boca Juniors divennero infatti famosi con il nome di “xeneizes”!
Oggi gli idoli di origine italiana dei tifosi xeneizes si chiamano Cavani, Benedetto, Zenon, Valentini, Anselmini, Langoni, Saracchi, ma nella storia del club figurano campioni capaci di lasciare segni indelebili nel panorama calcistico: basta citare i nomi di Diego Armando Maradona e di Gabriel Batistuta , per non tacere di Antonio Roma, Vicente Pernía, Hugo Gatti, Silvio Marzolini, Martín Palermo. Essi rappresentano le punte di diamante di un vivaio che da sempre sforna talenti innamorati di una squadra che nel 1913 entrò nel grande calcio, partecipando per la prima volta al campionato nazionale di prima divisione. L’esordio nel campionato nazionale avvenne con maglie bianco azzurre a righe verticali, ma fu la sorte a decidere i colori definitivi. In disaccordo su quasi tutto, i cinque fondatori decisero infatti di dare il colore definitivo alla squadra scegliendolo tra i colori della bandiera della prima nave che fosse entrata in porto. Toccò alla nave con bandiera svedese a regalare al Boca Juniors i colori sociali giallo e blu. 13 anni dopo, il 6 giugno del 1924 il Boca trovò anche il proprio stadio, la mitica “Bombonera” (per la sua forma particolare), che da quel momento avrebbe ospitato i trionfi del club.