Il Bologna torna a scrivere la storia. Dopo oltre mezzo secolo di attesa, i rossoblù conquistano la Coppa Italia 2025 battendo il Milan per 1-0 grazie a un gol di Ndoye all’ottavo minuto della ripresa. Una vittoria pesantissima e dal sapore epico: l’ultima affermazione in finale risaliva al 1974, mentre la prima storica coppa fu sollevata nel 1970. Il club emiliano si conferma così infallibile in finale: tre presenze, tre vittorie. Al triplice fischio la gioia è incontenibile tra i tifosi felsinei: in campo, sugli spalti e già sotto le Due Torri, dove la città si prepara a una lunga notte di festeggiamenti. Un successo atteso da generazioni, che riporta il Bologna sul tetto del calcio nazionale dopo anni di lavoro e crescita. Il match, giocato allo stadio Olimpico, è stato equilibrato e combattuto. Dopo un primo tempo bloccato, il Bologna ha trovato il vantaggio al 53′ con Ndoye, bravo a finalizzare un’azione corale al termine di un’azione ben costruita. Da lì in poi, i rossoblù hanno difeso con ordine il risultato, resistendo ai tentativi del Milan, che non è riuscito a impensierire seriamente Skorupski.
Il Milan, alla sua 16ª finale di Coppa Italia, resta fermo a 5 titoli (1967, 1972, 1973, 1977, 2003). Per i rossoneri, allenati da Sérgio Conceição, si tratta di un’occasione sfumata: il tecnico portoghese, vincente da calciatore con la Lazio nel 2000, non riesce ad aggiungere il trofeo alla sua bacheca da allenatore.
Il Bologna invece conferma una curiosa e felice tradizione: in tutte le finali disputate (1970, 1974, 2025), ha sempre vinto.
Con questa vittoria, la squadra allenata da Vincenzo Italiano entra nella storia del club. Per l’allenatore si tratta del primo trofeo in carriera, un successo che potrebbe segnare una svolta anche per il suo percorso personale. La bacheca di Italiano, finora vuota, si apre così nel migliore dei modi: «Una prestazione incredibile dei ragazzi, una grande partita», ha detto il tecnico a fine gara. Poi la dedica speciale «alla famiglia di Joe Barone, oggi mi ha mandato un messaggio il figlio e mi ha fatto molto piacere leggerlo».
Piero Bonito Oliva