Avere poco verde intorno non fa bene alla salute. Ma anche averne troppo rischia di portare al decadimento cognitivo e alla demenza. È la conclusione a cui è arrivato uno studio realizzato dall’Università di Modena e Reggio Emilia, pubblicato su ‘Current environmental health reports, e rilanciato grazie a un’editoriale della rivista statunitense ‘Scientific American’. Lo studio targato Unimore evidenzia infatti come «tanto la scarsità quanto l’eccesso di spazi verdi attorno alla propria residenza siano associati a un incremento del rischio di decadimento cognitivo e, in alcuni casi, di demenza». La disponibilità molto limitata o assente di aree verdi, infatti, «si associa a maggiori livelli di stress, a una più elevata esposizione all’inquinamento atmosferico e a una ridotta attività fisica». Allo stesso tempo, però, «la residenza in contesti caratterizzati da un’eccessiva quantità di verde e da una bassa densità abitativa, quindi in aree molto solitarie e poco popolate, comporta un altro tipo di rischio: la diminuzione delle relazioni sociali e delle interazioni umane, fattori anch’essi riconosciuti come determinanti per la salute mentale». Come spiega Marco Vinceti, coordinatore dello studio e direttore del Dipartimento di scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze dell’Unimore, si tratta di un «paradosso solo apparente. L’effetto benefico della natura non dipende dalla sua quantità assoluta, ma da un equilibrio tra stimolazione ambientale e interazioni sociali». Le indicazioni che emergono dalla letteratura scientifica, infatti, «suggeriscono scelte abitative e urbanistiche in grado di favorire l’accesso quotidiano a spazi verdi nelle immediate vicinanze della propria abitazione e, quando possibile, anche dei luoghi di lavoro, evitando condizioni estreme di isolamento ambientale e sociale».
Andrea Sangermano