Un fratello e una sorella affidati alla consulenza oncogenetica per eseguire un test del Dna. Una famiglia segnata da tumori, magari anche del pancreas di cui tanto di recente si sente parlare. Una famiglia dove il verdetto di positività del test c’è già in uno dei due genitori. E ammettiamo che questo verdetto sia di positività anche per i due ragazzi. Oggi, questa l’indiscrezione che arriva alla Dire, il fratello rischia di essere escluso dai Lea e di non essere quindi ‘coperto’ da una esenzione del ticket, e di non avere un percorso di sorveglianza per la tipologia di tumore (in questo caso pancreas, ma potrebbe essere prostata o stomaco) legata alla positività del suo test. E’ così che quel test può diventare solo «un laccio intorno al collo» e non la possibilità di fare qualcosa per proteggersi.
Le mutazioni oncogenetiche, Brca 1 e 2, ma oggi se ne conoscono molte altre per molti organi e apparati, sono all’origine come fattore predisponente e di maggiore rischio per almeno 5 tipi di cancro: mammella, ovaio, prostata, pancreas e stomaco. Riguardano uomini e donne. Se fosse vero quanto circola tra gli esperti chiamati più volte al Tavolo del ministero, nei Lea sarebbe previsto lo screening solo per mammella e ovaio e solo per le donne. La beffa è che una donna magari con familiarità al pancreas non riceverebbe nessuna prevenzione, e i maschi con tanto di test positivo resterebbero fuori da tutto, per esenzione e sorveglianza con il Ssn. «Se così fosse sarebbe un’ulteriore forma di disequità e di discriminazione», ha commentato la professoressa e oncologa Adriana Bonifacino, Responsabile della Senologia clinica Diagnostica Idi-Irccs e Fondatrice di IncontraDonna.
Per capire quello che succederebbe basta fare l’esempio della Sicilia. «La Regione ha fatto la delibera D99 nel 2022 per portatori maschi e femmine. Se nei prossimi Lea verrà riconosciuto il D99 a livello nazionale solo per la donna (sorveglianza mammella e ovaio) dovranno togliere l’esenzione a coloro a cui l’hanno data, e forse elaborare un documento extra Lea per mantenere la copertura ai maschi portatori di mutazione Brca 1 e 2», spiega Bonifacino.
«E’ come se il ministero dicesse che non c’è una evidenza scientifica. Siamo tutti d’accordo che la medicina debba essere basata sulle evidenze. Ma se affidiamo un maschio alla consulenza genetica e il test è positivo, quale ulteriore evidenza? E se una donna con positività del test genetico ha la familiarità per tumori del pancreas, ad esempio, perchè relegare la esenzione del ticket alla sola prevenzione della mammella e ovaio?».
Ad oggi l’esenzione (D99 o D97) è presente in Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Campania, Sicilia, Puglia e Veneto e ora nella Provincia autonoma di Trento con tantissime differenze nei programmi di sorveglianza da Regione a Regione.
«Credo che sia ormai tempo- continua Bonifacino- di ottenere dal ministero un unico programma di sorveglianza per i portatori sani di mutazione patogenetica, Brca 1 e 2 e non solo. Sia per le femmine che per i maschi, secondo anche le tipologie di cancro familiari che hanno fatto consigliare agli stessi genetisti la esecuzione del test da estendere ai familliari sani. Non si può richiedere la esecuzione di un test ad un familiare sano, trovare la positività, e lasciarlo fuori dai percorsi e dalla esenzione del ticket. Sarebbe una forte contraddizione. Oggi parliamo sempre più spesso di terapie personalizzate, ‘ritagliate’ (tailored) sulla persona. C’è un concetto che sembra continuare a sfuggirci, e che viene fortunatamente molto prima delle terapie personalizzate, la prevenzione personalizzata. Aiutare soprattutto i giovani a conoscere la storia familiare, non farla sentire come un peso nei nostri centri, bensì come un ‘valore’ che può aiutarli a non far accadere più, o in modo molto più curabile, quanto accaduto nelle loro famiglie, sottraendo a causa del cancro gli affetti più grandi. Non possiamo chiedere ai giovani, femmine e maschi, di sottoporsi ai test e poi lasciarli in balia di una prevenzione autogestita. Sia come medici che come associazioni, non a caso sono Presidente di una Fondazione (IncontraDonna), desideriamo continuare proficuamente la nostra collaborazione con le Istituzione, ma vogliamo essere ascoltati».
La recente testimonianza di Bianca Balti, secondo l’esperta, deve portare a riflettere proprio su questo modello: quale iter scegliere e come? E sul futuro delle cure anticancro la strada maestra, conferma l’oncologa, sarà quella «della genetica e dell’oncologia di previsione. L’approccio molecolare farà la differenza, non le dimensioni del tumore».
Una vera rivoluzione copernicana nell’approccio di cura al cancro. E così la chirurgia che lascia ancora oggi segni pesanti sul corpo, come quelli mostrati a Sanremo sulla pancia dalla modella Balti, un giorno non li avremo più. Il farmaco a bersaglio molecolare sostituirà il bisturi. La storia sembra già scritta.
Silvia Mari De Santis