Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa del cervello che provoca movimenti involontari o incontrollabili, come tremori, rigidità e difficoltà di equilibrio e coordinazione, causati da una perdita progressiva dei neuroni legati alla funzione motoria. Una malattia complessa che colpisce più di 6 milioni di persone nel mondo (400 mila solo in Italia). Ancora oggi non si conoscono precisamente le cause, sebbene si ritiene che concorrano al suo sviluppo diversi elementi, tra cui fattori genetici (nel 20 per casi dei casi) e l’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi, idrocarburi-solventi e metalli pesanti (ferro, zinco, rame). Per questo motivo non esiste ancora oggi una cura definitiva per ma solo trattamenti farmacologici che possono controllarne i sintomi. A rendere il quadro ancora più complesso la difficoltà nella diagnosi, che avviene solitamente quando il processo neutodegenerativo è in corso già da diversi anni, e cioè quando circa il 50-70 per cento dei neuroni legati alla funzione motoria sono stati colpiti con un danno irreversibile. Da tempo la ricerca sta lavorando a test per la diagnosti precoce del Parkinson così da consentire interventi e trattamenti precoci in grado di modificare il corso della malattia. Tra questi un nuovo e promettente test del sangue. messo a punto dai ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Un esame semplice e veloce in grado di diagnosticare la malattia prima della comparsa dei sintomi. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Aging. Il parkinson si manifesta quando vi è una carenza consistente della produzione di dopamina (neurotrasmettitore che controlla il movimento) nel cervello a causa della degenerazione di neuroni in un’area chiamata «sostanza nera» (quando compaiono i sintomi, la perdita cellulare è di oltre il 60 per cento). Oltre a questo, cominciano a comparire, dal midollo al cervello, anche accumuli di una proteina chiamata «alfa-sinucleina», che secondo una teoira, potrebbe essere la responsabile della diffusione della malattia in tutto il cervello. Il periodo di tempo che intercorre tra l’inizio della degenerazione neuronale e l’esordio dei sintomi motori (fase pre-clinica) non è nota, tuttavia alcuni studi ritengono che duri circa 5 anni. Il nuovo test è in grado di rilevare nel sangue due biomarcatori associati alla malattia: specifici frammenti di RNA, i tRF (frammenti di RNA di trasferimento), che si accumulano nei pazienti, e riduzione dell’RNA mitocondriale (i mitocondri sono le centraline energetiche della cellula), che peggiora con il progredire della malattia. Negli studi condotti su campioni provenienti da gruppi internazionali, incluso il Parkinson’s Progression Markers Initiative, il test ha mostrato un’accuratezza diagnostica dell’86 per cento, mostrando di essere molto più preciso dei metodi clinici tradizionali. Inoltre, non è solo un test altamente accurato, ma anche rapido, non invasivo, ed destramente economico e dunque accessibile (dovrebbe costare circa 80 sterline). La ricerca ha aperto una nuova finestra sui cambiamenti molecolari che avvengono nelle fasi più precoci della malattia. «Il nostro test – ha sottolineato Nimrod Madrer, tra gli autori della ricerca – ha il potenziale per alleviare l’incertezza e favorire il trattamento tempestivo di una malattia neurodegenerativa disabilitante. Il nostro lavoro costituisce una pietra miliare significativa nella lotta contro il Parkinson, offrendo una nuova speranza a milioni di persone in tutto il mondo».
Barbara Fiorillo