«Certo che morirei per l’Ucraina. Altrimenti non sarei qui». Qui, per Sergiy Stakhovsky, è il fronte ucraino. La guerra di resistenza alla Russia. E’ «casa» sua da tre anni, come per almeno una ventina lo erano stati i campi da tennis. Stakhovsky è stato il numero 31 del tennis mondiale nel 2010, ha vinto quattro tornei Atp ed è «quello che ha battuto Roger Federer a Wimbledon». Un’etichetta sbiadita. Adesso ha 39 anni, ha divorziato e vede i suoi figli che abitano all’estero al massimo una volta ogni sei mesi. Dice a L’Equipe: «Non direi che il mondo si è dimenticato. Piuttosto, si è abituato. Ognuno ha la propria vita da vivere, il proprio quotidiano. Non si può vivere la propria esistenza attraverso la guerra in Ucraina, è normale, anche se è vicina ed è molto importante. Non biasimerei nessuno per il fatto di pensare ad altro». Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca «abbiamo perso uno dei nostri principali alleati, il paese che garantiva l’integrità delle nostre frontiere da quando abbiamo rinunciato alle armi nucleari (nel 1994). Abbiamo visto l’Europa fare un grande passo avanti, in particolare la Francia, alcuni paesi stanno cercando di colmare questo vuoto. Ma ovviamente è una grande perdita per noi, e quando Trump ha annunciato il blocco totale degli aiuti, lo abbiamo immediatamente sentito. A livello di intelligence, di supporto militare… Tutto ciò che era stato pianificato, tutte le riunioni, tutto è stato annullato da un giorno all’altro. Ma non è che possiamo semplicemente deporre le armi e tornare a casa… perché questa è casa nostra! Questo provoca rabbia, ma è il presidente degli Stati Uniti, il popolo americano lo ha eletto. Possiamo essere delusi, possiamo provare molte cose… I presidenti passano, ma gli accordi firmati dai governi dovrebbero essere rispettati. E non lo sono stati: abbiamo rinunciato al terzo arsenale nucleare più grande del mondo in cambio della garanzia che i nostri confini sarebbero stati protetti. Eppure, nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea. Non è successo nulla. Nel 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina. E nessuno ha mandato truppe. Sì, abbiamo ricevuto aiuti militari. Solo quanto bastava per difenderci». Per Stakhovsky la nostra idea di cosa significhi «vincere» la guerra è molto relativa. Dal punto di vista degli ucraini «avere ancora un paese da difendere è già una vittoria. Quando la guerra è iniziata, tutti dicevano che Kiev sarebbe caduta in tre giorni e tutta l’Ucraina in due settimane. Sono passati tre anni». «L’essere umano si abitua a tutto. Tutti in Ucraina si stanno abituando alle bombe che esplodono quotidianamente, ai droni che sorvolano, alle persone che muoiono, a questa sensazione di vulnerabilità. Sappiamo tutti che qualcuno morirà. Ci diciamo solo: non sarò io. O decidi di fare ciò che è giusto e di proteggere ciò che è buono, oppure non lo fai affatto. Ho divorziato dalla mia ex moglie, vedo i miei tre figli praticamente una volta ogni sei mesi perché non sono in Ucraina e per me è molto difficile lasciare il paese: ho bisogno di un permesso speciale. È dura, ma è così. Se tutte le persone che hanno scelto di difendere l’Ucraina dicessero ho fatto la mia parte, me ne vado, chi la difenderebbe?». I figli hanno 6, 10 e 11 anni: «Sono abbastanza grandi per sapere cosa faccio, ma non lo capiscono davvero. Cerco di spiegarglielo, ma non capiscono perché lo faccio».
Mario Piccirillo