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Calcio, Nainggolan: «Quando mi hanno scarcerato ho pianto. Non l’avevo fatto nemmeno quando è morta mia madre»

Gazzettino Italiano Patagónico by Gazzettino Italiano Patagónico
19 de febrero de 2025
in Deportes
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Calcio, Nainggolan: «Quando mi hanno scarcerato ho pianto. Non l’avevo fatto nemmeno quando è morta mia madre»
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«Quando è morta mia madre non ho versato una lacrima, ma quando mi hanno scarcerato sono scoppiato a piangere» Più che una confessione, una (sua) verità a cuore aperto. Radja Nainggolan torna a parlare e lo fa in una intervista rilasciata a De Morgen, un quotidiano belga in lingua olandese. Torna a parlare dopo la nottata passata in carcere a fine gennaio con tanto di accuse di coinvolgimento in traffico di droga dal Sudamerica con destinazione il porto di Anversa. Di Nainggolan spesso si è parlato dei suoi comportamenti extra calcistici, cosa di cui è consapevole: «Un centinaio di volte mi hanno detto ‘Se non avessi fatto tutte queste cose, avresti giocato per il Real Madrid o per il Barcellona’. Non è vero- ha risposto- Il fatto di essere felice al di fuori del calcio mi rende il calciatore che sono. Se non avessi vissuto a modo mio, avrei rinunciato al calcio molto tempo fa». L’ex centrocampista di Roma, Inter e Cagliari, apparentemente un duro, ha ricordato le ore difficili successive all’arresto: «Non mostro facilmente le mie emozioni: quando è morta mia madre, non ho versato una lacrima. Ma quando il giudice istruttore ha detto che potevo tornare a casa, sono scoppiato in lacrime- ha detto- Non volevo restare un minuto di più, non ce la facevo più. Sei seduto lì in una piccola stanza, con una luce intensa e costante puntata su di te. Non sapevo se fosse giorno o notte. Cerchi di dormire in queste condizioni. Ho nascosto la testa sotto le braccia per renderla un po’ buia. Molto pesante. Ad ogni modo, ho acquisito un’altra esperienza di vita. Spero che non accada mai più». L’arresto è arrivato pochissimi giorni dopo il passaggio al club di seconda divisione del suo paese, il Lokeren-Temse, con cui ha esordito segnando direttamente da calcio d’angolo. Una prima partita che meritava altri ‘festeggiamenti’…»Avrei preferito festeggiarlo da solo in campo. Capisco che le persone siano curiose, ma non mi è permesso dire nulla. Solo questo: sembravo il più grande narcotrafficante del paese. Erano stati trovati 370.000 euro in contanti, scrivevano i giornali, con la mia foto e il mio nome. Ma non hanno trovato nulla con me». Per lui è stato un ritorno al calcio giocato e, soprattutto, un ritorno in Belgio dopo la burrascosa esperienza con l’Anversa di un paio di anni dal 2021 a causa dell’episodio della sigaretta elettronica fumata in panchina e di un video in cui a proposito dei danni riportati dallo stadio dell’Anversa a causa di una tempesta se la prendeva ironicamente con il presidente del club Paul Gheysens («ma è stato uno scherzo, qualcuno della squadra ha fatto la spia»). Da lì la fine del rapporto e il ritorno in Italia: «Avevo perso il piacere di giocare. Ritrovarlo è stata la mia prima preoccupazione, quando mi chiamò Daniele De Rossi» che era stato chiamato alla Spal per la prima stagione da allenatore: «Ha avuto un momento difficile. Mi ha chiesto se volevo aiutarlo. Chi mi conosce sa già la risposta: ho detto di sì, per fare un favore agli amici. Quando sono arrivato alla Roma da giovane, De Rossi, l’icona del club, si era preso cura di me insieme a Francesco Totti. Finalmente ho avuto la possibilità di dare qualcosa in cambio. Anche l’allora direttore sportivo della Spal, Walter Sabatini, mi disse: ‘Tu e De Rossi salvate insieme la SPAL: che bella storia sarebbe, Radja!’. Dieci giorni dopo licenziarono De Rossi. È così che va nel calcio. Ho finito la stagione, ma poi sono tornato in Belgio». Dopo una breve esperienza in Indonesia, il nuovo ritorno in Belgio dove ha pure pensato al ritiro e dove ha comunque «iniziato ad allenarmi da solo, sperando che qualcosa cadesse dall’autobus. Ciò non è accaduto. Ho iniziato a giocare intensamente a padel e ho pensato di farla finita. Solo che mi sentivo ancora così bene che ho pensato: perché smettere quando il mio corpo è ancora così sano?». Alla fine arrivò la telefonata liberatoria di un amico fisioterapista di Anversache mi proposte il Lokeren? «Ok, era di seconda divisione, non il livello a cui ero abituato. Ma non importava: i soldi non mi interessavano. Mi sono sentito subito a mio agio. Non è scontato, a 36 anni in uno spogliatoio con tutti bravi ragazzi. Mi ammirano e cerco di trasmettere la mia esperienza. E qualunque cosa sia successa nelle ultime settimane: tutto il club è dietro di me. È il clic perfetto». Tornando al carcere, sembra che dietro tutto ci sia stata una frequentazione con personaggi poco raccomandabili. Come spiega la stampa belga, sembra che ‘abbia preso contanti da Nasr-Eddine Sekkaki e poi li abbia restituiti dal suo conto a quello di Sekkaki. È fratello del criminale di Mechelen Ashraf Sekkaki, noto soprattutto per la sua spettacolare fuga dal carcere di Bruges nel 2009 con un elicottero’. «Se qualcuno mi mostra rispetto, non mi interessa quello che fa- ha detto Nainggolan- Guardo qualcuno così com’è. Possono dire quello che vogliono di me: ‘Fuma, beve, guida senza patente’. Le persone che mi conoscono sanno chi sono veramente. Questo è importante». Secondo i suoi avvocati usa troppo l’istinto: «Vengo da un’infanzia difficile, un’infanzia in cui non ho avuto nulla. Fino a quando non ho iniziato a significare qualcosa come calciatore: all’improvviso avevo tutto. Ho sempre cercato di far godere il più possibile la mia felicità a tutti. Se un amico mi chiede 5.000 euro e posso aiutarlo, perché non dovrei farlo? Qualcuno ora mi ha chiesto se voglio pagare per il suo matrimonio. Certo che lo faccio, è fatto così. Se poi lo usa per comprare un’auto non è colpa mia. Faccio quello che voglio con i miei soldi, e se qualcuno mi dice per cosa li userà, gli credo». Ammette di essere stato ingenuo: «Me ne rendo conto. D’ora in poi farò più attenzione, ma sarò sempre me stesso: non mi lascerò mai guidare dal pregiudizio». E poi il futuro. Nainggolan ci sta pensando ed è in compagnia: con Nacer Chadli e Marouane Fellaini, il primo calciatore belga 36enne ancora in attività, il secondo ormai ritiratosi da un anno. Chadli lo ha contattato per iniziare un corso da allenatori ridotto, «quello per i nazionali. Serve essere in otto almeno, prima di poterlo organizzare. Per ora lo facciamo noi insieme a pochi altri. Speriamo di poter iniziare presto. Penso che potrei essere un buon allenatore».

Adriano Gasperetti

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