Dai tempi di Francis Galton, biologo e antropologo di fine Ottocento, è noto che gli individui spontaneamente pensano i numeri come se fossero collocati lungo una specie di linea orientata: quelli piccoli a sinistra, quelli grandi a destra. Ma, contrariamente a quanto si poteva pensare, questo non dipende da fattori culturali, come per esempio le abitudini di scrittura e lettura. Il fenomeno, infatti, è stato osservato anche nei neonati umani, nelle scimmie e nelle api. Adesso uno studio conferma che le associazioni numeriche spaziali sono in qualche modo innate. A fare chiarezza in questa lunga controversia scientifica è stato un gruppo di ricercatori e ricercatrici. La prima firmataria dello studio è Elena Eccher – del Centro interdipartimentale Mente e Cervello dell’Università di Trento – che si è avvalsa della collaborazione di colleghi e colleghe oltre che del Cimec anche di diversi laboratori universitari di ricerca francesi. Il lavoro è stato coordinato dalla professoressa Manuela Piazza e dal professor Giorgio Vallortigara, entrambi docenti al Cimec. Gli studiosi e le studiose hanno osservato gli Himba, una popolazione indigena della Namibia che possiede solo una cultura orale, con conoscenze matematiche limitate e nessuna scolarizzazione formale. Hanno poi confrontato il loro comportamento con quello di persone italiane sia di età adulta, sia di età prescolare. Scoprendo che, di fronte a esperimenti adottati di solito con esseri viventi non verbali, come animali e neonati, il risultato è lo stesso: tutti e tre i campioni di popolazione collocano i numeri piccoli a sinistra e quelli grandi a destra. Lo studio ha dimostrato che l’ordinamento mentale della linea dei numeri è un fenomeno determinato biologicamente, anche se modificabile nel tempo dalle abitudini di alfabetizzazione. A rafforzare questa conclusione, anche un ulteriore elemento: i sistemi di scrittura e lettura orientati da destra verso sinistra sono una minoranza nella totalità delle lingue scritte.