Era già tutto previsto, come canta Cocciante nell’immaginario di Sorrentino, mentre il pubblico in una sala gremita si pone la stessa, immancabile domanda: è una truffa o un mistero? Parliamo di Napoli o del film? Entrambi, forse. Napoli è un enigma che si svela e si sottrae, un filo sottile che danza tra l’inganno e il segreto, una città che sa ammaliare e insieme turbare. Perché Napoli è, allo stesso tempo, una truffa e un mistero.
In questa storia sospesa, la giovane Partenope si staglia come un’immagine emblematica: bellezza e complessità che riflettono l’anima della città, un mondo che sfugge alle parole e alle definizioni. Napoli è un universo che non si lascia abbracciare con facilità, è frivola e melanconica, impetuosa e stanca, vibrante e silenziosa. La città è tutto e nulla, una sorta di incanto eterno, sospesa tra sacro e profano, tra il mare salato che la culla e un Vesuvio che, per amore, decide di non eruttare, lasciando intatta quella bellezza così prossima al paradiso e all’inferno.
E in questo scenario, tra i personaggi, spicca Tesorone, interpretato con straordinaria intensità da Lanzetta. È lui il volto oscuro e sofferente di Napoli, un uomo consumato dai contrasti che vive, incarnazione di un amore mai spento e di un’infanzia mai dimenticata. Lanzetta lo rende indimenticabile, ci mostra il tormento di chi non può partire, perché chi è di Napoli, in fondo, non la lascia mai davvero. Tesorone è la ferita che Napoli porta dentro, una figura che ci parla dell’impossibilità di fuggire e della forza di restare.
Sorrentino osa e riesce: questo film è un viaggio sincero nel cuore di Napoli, che solo lui poteva raccontare così, con una lente che ne abbraccia sia la poesia che la crudezza, senza addolcirne i contrasti. È un tributo a una città che, come Partenope, sa incantare come una bambina e gioire in un istante di purezza, come Stefania Sandrelli, rapita dalla meraviglia di un carro di Piedigrotta 3.0, lungo il mare illuminato dal terzo scudetto.
Alla fine delle due ore, in cui ci si immerge in questo abbraccio cinematografico, non rimane solo la domanda su Napoli, ma anche sul film stesso: è una truffa o un mistero? E forse è proprio questo il dono più grande che Sorrentino ci lascia, un dubbio che rimane a vivere nell’anima, tra l’inganno e la bellezza di un sogno.
PS: dopo il film ho mandato un messaggio al mio amico Lanzetta: Chi poteva mettere un dito nella fessa della città? Chi lo mette da sempre: Peppe Lanzetta!
Tonino Scala