L’Ong Terre des Hommes ha pubblicato oggi 8 ottobre «Indifesa 2024», il dossier annuale che l’organizzazione diffonde da 12 anni. Precisamente da quando l’Onu ha proclamato l’11 ottobre 2012 prima «Giornata Mondiale delle Bambine» e questo ha il fine di informare e sensibilizzare su ciò che riguarda le minori in tutto il mondo. Una campagna per garantire alle bambine istruzione, salute e protezione da violenza, discriminazioni e abusi. Questo rapporto vuole documentare queste sofferenze in un contesto dove guerre, difficoltà ambientali e difficoltà economiche complicano il sistema sociale con minori che soffrono dinamiche ingiuste come le violenze sessuali e lo scambio del loro corpo come merce. Entrando nello specifico, una delle dinamiche su cui si sensibilizza nel rapporto è quello delle minori costrette a un matrimonio forzato. In merito a questo, dei passi in avanti ci sono stati a livello di assestamento: negli ultimi 20 anni la percentuale di bambine che sono costrette a sposarsi è sensibilmente diminuito ma rispetto al dossier dell’anno precedente il numero delle spose minori risulta essere all’incirca lo stesso, assestandosi sui 12 milioni. Un dato che si concentra maggiormente in Asia e in Africa subsahariana. Alcuni fattori, non a caso, ancora non sono favorevoli. Un esempio è quello della crisi ambientale: siccità o alluvioni, nel mondo, spesso causano un impoverimento delle famiglie che accettano di vedere le loro figlie spose giovani, molto spesso al di sotto dei 18 anni, per tentare di affrontare la crisi economica. Si specifica come un passo in avanti importante, a tal proposito, è stato fatto da Sierra Leone e Zambia, che vietano a livello di legge i matrimoni precoci. Una situazione diversa ma con eguali finalità è quella di altri Paesi nel mondo, come nel caso dell’India. In alcuni casi, infatti, i matrimoni forzati, spesso tra parenti, risulta non essere qualcosa di eccessivamente controverso. I matrimoni precoci, in particolare, tendono a mettere a rischio la salute non solo del feto ma anche della mamma minore. Un altro tema importante è quello della violenza di genere legato al contesto di guerra. Per quanto riguarda i conflitti in atto a Gaza e in Ucraina, ma anche per quelli mediaticamente meno risonanti, non si può tracciare un bilancio immediato: «I conflitti attuali sono ‘troppo nuovi’ per avere un’idea circa l’impatto delle violenze sulle donne e sulle minori. Spesso queste si scoprono anni dopo il conflitto. Sia in Ucraina che in Medio Oriente non vi è grande chiarezza o fatti certi. Uno dei problemi più grandi è il fatto che il corpo delle donne è oggetto di traffico dal momento in cui cercano una via di fuga dalla guerra» ha ammesso ai Media Vaticani Miriam Ambrosini, rappresentante di Terre des Hommes. Il peso della guerra sul corpo delle donne, tuttavia, risulta essere un tema che spesso viene ignorato e vive solamente alcuni picchi di importanza: «Ritengo si tratti di un tema affrontato poco dai media. Ci sono stati degli eventi che hanno riportato in voga questi fatti, come il caso delle donne Yazide. Oppure quando qualche anno fa è stato dato un premio Nobel a un medico congolese che aveva creato un’associazione a favore delle vittime di stupri in guerra» conclude Ambrosini. Un rapporto che mette in mostra luci e ombre ben descritte da Federica Giannotta, responsabile advocacy di Terre des Hommes: «Un punto positivo riguarda i passi importanti sia nell’ambito dell’istruzione che della salute. In merito a ciò il rapporto mette in mostra come in alcune parti del mondo la differenza di genere si stia assottigliando. Un punto negativo è un fatto che mi preoccupa particolarmente. Si tratta della violenza su bambine, e più in generale sui più piccoli, nel Dark Web. Vuol dire che comunque dietro c’è un rapimento o un ricatto a distanza». Il lato oscuro di internet è ancora poco tutelato e permette, di fatto, attività illegali con la possibilità di non essere rintracciati. Terre des Hommes fornisce il proprio sostegno sul campo anche tramite le case con cui accolgono le bambine provenienti dalle peggiori situazioni possibili. «Nelle nostre case c’è sempre una psicologa, un’insegnante, un’infermiera, una cuoca, la donna delle pulizie e una figura definita la ‘capocasa’. Sottolineo come siano, comunque, tutte donne a parte la guardia fuori casa che non può entrare» è la testimonianza di Anna Agus, responsabile Raccolta fondi di Terre des Hommes, la quale spiega che l’accesso in queste case agli uomini è consentito fino alle 17:30 e definisce queste case «miste», poiché «dentro ci sono bambine incinta, provenienti da matrimoni forzati o abbandonate». In conclusione, si nota come un ruolo di spartiacque la ha la pandemia da Covid-19. Risulta esserci un prima e un dopo il 2020. Un fatto che ci viene confermato sia da Federica Giannotta che da Anna Agus, le quali definiscono la pandemia come qualcosa di cui ancora si avvertono strascichi tanto per le condizioni psicologiche in cui perversano molte bambine quanto per un rapporto diretto con l’aumento di violenze sessuali. È, questo, il caso del Perù, dove in concomitanza con la pandemia e anche dopo sono aumentati i casi di violenze. Rimane, dunque, un punto interrogativo circa le prospettive da questo punto di vista, ma con la certezza che gli enormi passi in avanti compiuti dovranno ripetersi d’ora in poi.
Matteo Frascadore