In questi giorni torridi di estate, lo scenario ideale ci porta alla montagna, alle frescure serali, ai prati fioriti, ai boschi profumati di cirmolo e ai crinali rocciosi dove l’unico rumore è il sibilo del vento. Purtroppo questa immagine è sempre più compromessa dagli interventi impiantistici che, in nome del dio denaro o di un modo egoistico e superficiale di concepire il turismo alpino, stanno distruggendo preziosi habitat montani, in Appennino ma anche sulle Alpi. E se il tristissimo e assurdo esempio della costruzione della nuova pista da bob (che in Italia conta 59 praticanti ufficiali) a Cortina d’Ampezzo per le Olimpiadi invernali 2026 è forse il caso più emblematico ed eclatante, continuano «a macchia di leopardo» gli interventi che vanno a stravolgere ambienti e luoghi magari meno noti, ma non per questo meno preziosi. Una delle ultime vittime sull’altare del turismo alpino di massa rischia di essere una valle laterale della splendida Val d’Ayas (AO), conosciuta con il nome di «Vallone delle Cime Bianche». Si intende immolarla a favore dell’ennesimo impianto di risalita per lo sci, in un Paese che già conta quasi 6000 km di piste e 1.800 impianti di risalita, in un periodo storico in cui le precipitazioni nevose saranno sempre meno frequenti e in una regione per la quale vi sono scenari che addirittura parlano, da qua a 10 anni, di problemi di approvvigionamento idrico a causa dello scioglimento dei ghiacciai collegato ai cambiamenti climatici in corso. Il Vallone delle Cime Bianche è una zona di particolare bellezza e valore naturalistico, confermato dal fatto che è classificata come ZPS-Zona di Protezione Speciale («Ambienti Glaciali del Gruppo del Monte Rosa» -IT1204220), all’interno della rete europea NATURA 2000. Lo si può raggiungere incamminandosi dal paese di Saint Jacques, a 1.689 metri, in alta Val d’Ayas, e avendo come meta finale il Gran Lago delle Cime Bianche (Gran Lac), con eventuale salita al Colle Nord delle Cime Bianche, al confine con la Valtournenche. In questo percorso si attraversano una varietà di habitat alpini ancora ben conservati: estesi lariceti – che in autunno toccano il culmine della loro dorata bellezza – praterie sommitali, laghi e torrenti, con tutto il loro spettacolare corredo di flora e fauna. Il tutto circondato da una corona spettacolare di cime: la Gran Sometta (3.166 m), il Bec Carré (3.106 m) e la Pointe Sud (2974 m), che dominano la destra orografica del vallone, separando Val d’Ayas e Valtournenche. Da circa dieci anni, Il Vallone è minacciato da un progetto di collegamenti funiviari tra impianti sciistici che le associazioni ambientaliste, tra le quali il CAI Valle d’Aosta e la Commissione interregionale tutela ambiente montano Liguria, Piemonte e Valle D’Aosta del CAI, hanno definito come fortemente impattante sotto vari punti di vista: naturalistico, economico e geologico. Dopo anni di dibattiti, in seguito all’approvazione del DEFR 2020-2022, recepito dalla Regione Valle d’Aosta nel marzo 2023, è stato commissionato uno studio di fattibilità, reso pubblico dopo due mesi a seguito delle pressanti richieste di accesso agli atti da parte di alcune associazioni ambientaliste. Ora sembra vi sia una forte volontà politico-economica di procedere: dunque il Vallone è perduto? Non è detto: la sua tutela secondo la Direttiva Europea 92/43/CEE «Habitat» e secondo vari livelli della normativa nazionale e regionale, ci dice che la partita è ancora aperta. Purché vi sia un adeguato pressing da parte dell’opinione pubblica verso politici e amministratori locali.
Armando Gariboldi