Sono state 5.748 le domande presentate dalle giovani donne nel 2022 per entrare nelle accademie militari. E ancora 639 per i ruoli speciali e 18.544 quelle per diventare marescialli. È il ritratto di giovanissime e di sogni che cambiano con loro e con la storia della Difesa italiana. Se le ragazze un tempo sognavano di fare la maestra o insegnare danza, adesso sin da bambine è pacifico poter coltivare altri sogni, quelli che prima erano appannaggio dei soli uomini. Dall’ultima relazione contenuta negli Atti parlamentari 2022 della Camera dei deputati ‘Sullo stato della disciplina militare e l’organizzazione delle Forze Armate’ presentata dal ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e trasmessa alla Presidenza il 7 dicembre 2023, risulta che sono 20.652 le donne nelle Forze Armate, incluse Carabinieri e Capitanerie di Porto, mentre scendono a 12.587 le sole arruolate nelle Forze Armate per una percentuale che oscilla tra il 7,48% e il 7,74% sull’intero organico. Un po’ sopra a quel 6% che risultava a 20 anni ‘tondi’ dalla legge 380 del 1999 che ha segnato un passaggio epocale nel mondo della Difesa con l’introduzione del servizio militare femminile, allineando così l’Italia alla legge degli altri paesi della Nato. Il campo ‘macho’ per eccellenza, tutto mimetica e azione, veniva letteralmente stravolto da questa legge che andava di pari passo con la professionalizzazione di un settore che avrebbe abbandonato ufficialmente, dopo un iter iniziato sempre nello stesso anno, il servizio di leva arrivando allo stop definitivo con la legge Martino del 2005. Una congiuntura particolare l’anno 2000 perché sempre allora il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite approvava all’unanimità la risoluzione 1325 su «Donne, Pace e Sicurezza», che per la prima volta valorizzava il contributo femminile nella risoluzione dei conflitti. Ma questa funzione di dialogo ed empatia sul campo, a contatto con popolazioni e culture diverse, rischiava forse di appiattire le donne sul consueto stereotipo che la difesa, o la guerra vera che dir si voglia, fosse un affare per soli uomini? A scongiurare questo rischio ci hanno pensato proprio loro: le donne. Sono diventate pilote di caccia, comandanti di navi, meccanici di elicotteri, radariste, tiratori scelti nei teatri operativi, conducenti di lince, fucilieri, palombare. Non amano parlare di come conciliano la vita professionale con quella privata, non di più non di meno di quanto si chiederebbe a un uomo. Se lo fanno sono molto pragmatiche. Amano di più raccontare, come la Dire ha testimoniato per lo speciale Donne in armi, come è nata la loro passione: l’incontro di svolta, l’esempio in casa, un film, un libro, una pagina di storia, il sostegno dei familiari. Nel 2022 in totale le donne hanno presentato 44.708 domande di arruolamento (di cui 2.436 quelle effettivamente accettate), tra scuole, accademie e volontarie in ferma prefissata, 54 le domande come volontarie in ferma prefissata di 4 anni come atlete e 14 quelle effettivamente entrate- riporta sempre la relazione 2022 della Camera dei deputati – 759 giovanissime si sono candidate per le scuole militari di cui solo 87 ce l’hanno fatta. Sui volontari di un anno: 14.913 domande, per 10.000 posti a concorso e 1.213 quelle prese forse poco di più all’esito definitivo del concorso. La presenza del personale femminile arruolato in Italia è ancora lontana dal 12% fissato nei Paesi Nato e in questa direzione le Forze Armate sono impegnate con tutta una serie di strumenti orientati a facilitare la conciliazione vita privata e professionale: dai congedi, agli asili nido e ludoteche, all’interno delle basi militari. Esiste poi tutta una formazione con specifiche tutele di genere: il Capo di Stato Maggiore della Difesa si avvale del Consiglio Interforze sulla Prospettiva di Genere, organo consultivo sulle materie di pari opportunità, divieto di discriminazione, integrazione del personale maschile e femminile, contrasto al mobbing, stalking e molestie. Il percorso di arruolamento è stato graduale anche per le necessarie modifiche di logistica e organizzazione che hanno dovuto cambiare il volto di scuole e caserme. Dopo il reclutamento di ufficiali a ‘nomina diretta’, già in possesso di titolo di laurea, destinate a percorsi di formazione militare di durata inferiore ai 12 mesi, sono state ammesse percentuali contingentate di donne nelle accademie per ufficiali e nelle scuole per sottufficiali e truppa. Superata questa prima fase, nel 2006 il reclutamento è stato esteso anche all’Arma dei carabinieri, eliminando qualsiasi limitazione sulle percentuali di reclutamento. Dal 2009 anche le scuole superiori militari hanno ammesso le allieve (Nunziatella e la Teuliè per l’Esercito, Morosini per la Marina e Douhet per l’Aeronautica). Lo Stato Maggiore della Difesa, si legge sempre nella relazione del 2022, organizza percorsi di formazione per Gender Advisor dedicati a Ufficiali e per Gender Matter Focal Point rivolti ai Sottufficiali, con l’obiettivo di qualificare consulenti esperti sulle pari opportunità. Oggi poi esiste, se pur spesso innervata di polemiche, tutta una serie di sensibilizzazioni che non escludono luoghi di aggregazione come piazze e centri commerciali per raggiungere i giovanissimi. E ancora gli incontri nelle scuole, o le manifestazioni come le ricorrenze, basta pensare alla mostra statica di velivoli in piazza del Popolo per il centenario dell’Aeronautica Militare che tante famiglie e piccoli ha visto riunirsi: tutti a scattarsi selfie sotto le ali del maestoso F35. I sogni nascono anche cosi, raccontavano alcune adolescenti, passeggiando e facendo domande a quella pilota in uniforme che venti anni fa non sarebbe stata lì e che oggi racconta la sua esperienza e il suo ultimo volo da comandante.
Silvia Mari