Le elezioni del 28 luglio hanno evidenziato un drammatico deficit democratico, difficile da superare
«Nel mondo di oggi, diciamo la verità, la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’Uomo». Sono le parole di Papa Francesco, che a Rio de Janeiro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto fare proprie nel suo discorso al «Centro brasiliano per le relazioni internazionali», in una vera e propria ‘lectio magistralis’ dedicata agli scenari internazionali attuali. «Perché – si chiedeva Mattarella in quel discorso – c’è un ruolo, una responsabilità delle democrazie nel mondo? Perché, accanto agli interessi e alla loro composizione, ci sono valori che nutrono la convivenza internazionale e il rispetto reciproco.» Valori che dovrebbero essere sempre considerati e rispettati al di là delle ideologie e delle tifoserie politiche, poiché i diritti dell’uomo e il loro rispetto integrale vengono prima di qualsiasi considerazione su questo o quel governo, indipendentemente dal suo reale o dichiarato colore politico. Il caso del Venezuela è emblematico da questo punto di vista; siamo di fronte al più classico esempio di «democratura», ossia ad un Paese autoritario che non rispetta i diritti civili e politici ma che si ostina a organizzare elezioni che non rispettano i princìpi basilari di una consultazione democratica. Quanto successo nelle elezioni del 28 luglio non è che la conferma di questa deriva autoritaria, come confermato dal rapporto redatto dagli unici osservatori internazionali ammessi dallo stesso governo Maduro al monitoraggio del processo elettorale, quelli del «Centro Carter», un organismo autorevole e internazionalmente riconosciuto (tanto da avere ricevuto dal governo venezuelano, a differenza di altri organismi, il permesso di muoversi liberamente nel Paese). Ebbene, cosa c’è scritto nel rapporto finale redatto dagli osservatori del «Centro Carter»? Anzitutto che «la campagna elettorale si è sviluppata in un clima di scarsa libertà per gli attori politici» e che «la società civile e la stampa e le autorità del Consiglio Elettorale hanno mostrato parzialità a favore del governo e contro i candidati dell’opposizione»; e infine, con riferimento al risultato annunciato dal Governo venezuelano, «che il risultato annunciato come irreversibile, con ancora due milioni di voti da assegnare, non comprendeva il risultato per ogni seggio elettorale, il che costituisce una grave violazione dei principi elettorali. Il processo elettorale non ha raggiunto gli standard internazionali di integrità in nessuna delle sue tappe e ha violato diversi principi della propria legislazione nazionale». Elezioni non democratiche quindi, così come denunciato all’indomani dalle elezioni dal Presidente del Cile, Rafael Boric, secondo il quale ‘Il regime di Maduro deve capire che i risultati che sta divulgando non sono credibili»; prima di Boric altri leader della sinistra latino-americana avevano preso le distanze dal dittatore venezuelano, primo tra tutti Pepe Mujica, ex Presidente dell’Uruguay, che pochi mesi fa disse ai giornalisti: «In Venezuela c’è un governo autoritario che possiamo definire una dittatura». Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, se non la solidarietà ad una popolazione vicina all’Italia in ragione di un vincolo profondo di sangue; una delle più grandi collettività emigrate dal nostro Paese, una popolazione che non merita l’abbandono da parte dell’Italia e della comunità internazionale.
On. Fabio Porta