«Le elezioni europee di domenica confermano che il Vecchio continente è sotto il controllo dei partiti di destra e questo cambierà sicuramente i rapporti con l’Africa, soprattutto con quella parte di Europa che ha forti legami col Maghreb e l’area subsahariana, come la Francia. Ogni giorno crescono le richieste di varie popolazioni di rompere i legami con Parigi. La presa dei discorsi populisti e razzisti sull’elettorato di Paesi come Italia, Francia o regioni come il Nord Europa inevitabilmente ne spingerà altri ad avvicinarsi alla Russia». Questa la tesi di Aly Tandian, professore di Sociologia presso l’università Gaston Berger a Saint Louis, nel nord del Senegal, a pochi chilometri dal confine con la Mauritania. Il sociologo, che è anche presidente dell’Osservatorio senegalese per le migrazioni, ha insegnato per dieci anni all’Università di Tolosa, in Francia, prima di tornare nel suo Paese di origine. Tandian insiste sul fatto che i partiti di destra sono riusciti a fare incetta di voti in questa tornata elettorale del 6-9 giugno «perché hanno banalizzato il razzismo e stigmatizzato gli stranieri, e questo ha alimentato tanta rabbia negli elettori». Ma questo approccio populista, secondo il docente, «non è molto diverso da quello che abbiamo visto in Mali, Burkina Faso o Niger», Paesi interessati da golpe militari a partire dal 2020 e dove si sono diffuse propagande nazionaliste, che pure «l’Europa ha duramente condannato». «Oggi- continua- gli Stati europei con la Francia in testa sono vittime della stessa dinamica». Tandian dice che quei Paesi hanno abbandonato le storiche relazioni con la Francia per guardare alla Russia. Secondo il docente, un’Europa percepita più a destra «spingerà naturalmente altri Paesi nella sfera russa». Tuttavia, avverte il professore, «non dimentichiamo che l’Europa ha bisogno dell’Africa». Il docente parla di un calo demografico del «6,8% nel 2023, mentre in media si registrano 1,68 figli per donna, il dato più basso a livello mondiale registrato dal secondo dopoguerra». La tesi è insomma che «l’Europa avrà sempre più bisogno di manodopera e lavoratori in diverse professioni». Ci sono però dei paradossi. Ad esempio il fatto che la Commissione europea abbia deciso di aumentare del 12% il costo del visto d’ingresso per l’area Schengen per Paesi dove il cambio tra l’euro e le monete locali è decisamente svantaggioso, e i salari sono bassi. «In questi giorni non si parla d’altro», conferma il docente. Ad esempio, in Algeria un visto Schengen costa circa 80 euro, l’equivalente di un terzo del salario medio. Nel 2023 i Paesi Ue hanno rigettato però 704mila richieste di visto, mandando in fumo 56,3 milioni di euro di cittadini africani. Tandian ora spera nella prima visita in Francia – dove Macron ha sciolto le camere – del presidente Diomaye Faye. «Vedremo se la data del 20 giugno verrà confermata o posticipata» dice il professore. «In ogni caso, influenzerà il riequilibrio dei rapporti tra Senegal e Francia: qualunque governo arriverà, eviterà quella rottura nei rapporti con Niger, Burkina Faso e Mali avvenuta nell’era Macron». Una rottura che ha fatto sì, secondo Tandian, che questi tre Paesi «siano diventati grandi amici della Russia».
Alessandra Fabbretti