Dopo anni di esenzione, i prodotti farmaceutici rischiano di finire nella lista nera della guerra commerciale lanciata da Donald Trump. Il presidente americano ha evocato l’ipotesi di dazi anche su medicinali e derivati, scuotendo i mercati e preoccupando l’Europa. Anche l’Italia. I farmaci rappresentano il 22,5% dell’export europeo verso gli Stati Uniti. Un dato cruciale: Washington è il principale cliente del comparto, acquistando un terzo dei prodotti farmaceutici esportati dal Vecchio Continente. Per l’Italia il dato è ancora più netto: secondo Farmindustria, oltre il 90% della produzione nazionale prende la via dell’estero, e un quinto di questo va proprio negli Stati Uniti. L’ipotesi di Trump – che sostiene che i dazi servirebbero a «riportare la produzione in patria» – ha provocato un mercoledì nero sui mercati. Le big pharma hanno visto crollare le quotazioni: Roche ha perso il 5,7%, Novartis il 6,1%. Giù anche AstraZeneca (-5,3%) e GlaxoSmithKline (-4,7%), fanalini di coda del FTSE 100. La francese Sanofi è arretrata del 5,3%, la tedesca Bayer del 2,3%. E nemmeno il colosso danese Novo Nordisk, forte del successo di Ozempic, è uscito indenne: -4,2% a Copenaghen.
Nicola Occhipinti