I gas serra non mettono a rischio solamente il clima. Più aumenta la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, infatti, più è destinata ad allungarsi la vita media dei rifiuti spaziali nella bassa orbita terrestre. Riducendo così lo spazio a disposizione delle grandi costellazioni di satelliti come Starlink, e complicando esponenzialmente i lanci spaziali nei prossimi decenni. È l’allarme che arriva da uno studio pubblicato su Nature Sustainability da tre ricercatori dell’Mit e dell’Università di Birmingham. La ricerca ha analizzato le conseguenze dell’effetto serra negli strati più alti dell’atmosfera. Sin dagli anni ’90, infatti, è noto che i gas serra hanno effetti radicalmente opposti a bassa e ad alta quota: nelle parti inferiori dell’atmosfera possono infatti intrappolare il calore, provocando il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici; mentre nella termosfera, tra i 100 e i 600 (circa) chilometri di altezza, gli stessi gas sottraggono calore per conduzione, e lo irradiano nello spazio, determinando il raffreddamento dell’atmosfera, che si fa di conseguenza più densa. Addensandosi questi strati di atmosfera attirano così verso il basso quelli superiori, rendendo di fatto più rarefatte le quote più alte, dove orbitano i satelliti delle megacostellazioni e dove è sono presenti un numero crescente di rifiuti spaziali. Di norma, l’attrito dell’atmosfera attira nel giro di pochi anni questi rifiuti verso il basso, dove finiscono per bruciare. Ma se gli strati più alti dell’atmosfera si fanno troppo rarefatti il rientro degli oggetti posti nella bassa orbita terrestre inizia ad avvenire sempre più lentamente, la spazzatura spaziale rimane in orbita molto più del previsto, e lo spazio per nuovi satelliti si fa sempre di meno. Per questo, nel loro nuovo studio i ricercatori hanno analizzato in che modo i cambiamenti previsti nell’arco del prossimo secolo impatteranno la quantità di satelliti che può essere mantenuta in sicurezza nella bassa orbita terrestre. Le loro simulazioni prevedono che se le emissioni continueranno ad aumentare, entro il 2100 il numero sarà ridotto del 50-60 percento rispetto a quello attuale. Superata la soglia di sicurezza, l’affollamento spaziale rischierà quindi di produrre una serie di collisioni a cascata, che inonderebbero l’orbita di ulteriori detriti, rendendo pressoché impossibile per decine di anni il lancio di nuovi satelliti o missioni spaziali. «Facciamo affidamento sull’atmosfera per ripulire i nostri detriti, e se l’atmosfera cambia, anche l’ecosistema di questi detriti muta di conseguenza», conclude William Parker, ricercatore dell’Mit e coautore dello studio. «Noi abbiamo mostrato che la situazione a lungo termine dipende in modo critico dalla capacità che avremo nei prossimi decenni di ridurre le emissioni di gas serra».
Simone Valesini