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Kalahari: un luogo ricco di vita

Anche se l’area coinvolta è immensa, il paesaggio del deserto di Kalahari, localizzato in gran parte in Botswana, è piuttosto uniforme, fatto da distese di sabbia rossa, grandi letti di fiumi stagionali, in secca per quasi tutto l’anno, e terreno arido, in parte coperto da distese di erba color paglia, punteggiate dalle sagome scure delle acacie, gli alberi simbolo di questa regione. La diversità botanica nel Kalahari è modesta e anche le piante endemiche sono davvero molto poche.

Sono gli animali i grandi protagonisti

Mancano gli elefanti, che preferiscono aree più ricche di vegetazione a Nord (anche se si incontrano in zone desertiche in Namibia), ma le altre specie carismatiche sono presenti in buon numero. A cominciare dai famosi leoni del Kalahari. Più slanciati e spesso più grandi dei loro simili che vivono in Africa meridionale, presentano nei maschi una magnifica criniera nera che li ha resi famosi. Anche se a vederli camminare maestosamente nel loro habitat potremmo pensare il contrario, i leoni del Kalahari non fanno una vita facile. Si muovono in branchi di ridotte dimensioni, che contano spesso solo 4-6 individui, spostandosi lungo i corsi dei fiumi in secca. Catturano regolarmente gli orici, ma spesso si concentrano su prede di piccole dimensioni, come piccole antilopi e istrici. Hanno imparato ad arrangiarsi e a sopravvivere, come del resto fanno i leopardi, che nell’area sono diffusi, ma più difficili da avvistare dei leoni. Qui un solo leopardo può aver bisogno di 50 km quadrati per trovare da mangiare, quando nelle savane ricche di prede tra Kenya e Tanzania può bastare un’area grande un quinto. «Questo non vuol dire che sia impossibile vederli, perché gli spazi aperti e i frequenti spostamenti degli animali alla continua ricerca di cibo facilitano le osservazioni» racconta Matthew Schurch, che ha avviato un progetto di foto-identificazione dei leopardi del Parco del Kgalagadi per studiare le loro abitudini. Nella pagina Facebook del progetto ci sono le schede degli individui identificati ancora in vita, che al momento sono 39. «Le immagini inviate dai visitatori del Parco a conoscenza del progetto ci consentono di seguire lo stato della popolazione, capire dove risiedono i vari individui e quanto vivono, scoprire chi si è riprodotto. Coinvolgere gli appassionati è un ottimo sistema per aumentare la portata delle proprie osservazioni, contando su una specie carismatica che tutti vogliono vedere».

Francesco Tomasinelli

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