Gazzettino Italiano Patagónico

Salviamo i cetacei, affinché ci aiutino a salvare il Pianeta

Balene, capodogli, delfini, sono creature che hanno affascinato l’essere umano fin dall’antichità. Ma l’immaginario di bellezza sta finalmente lasciando spazio anche alla consapevolezza che la loro presenza è una ricchezza inestimabile! La leggenda di Arione e il delfino, Moby DickStoria di una balena bianca raccontata da lei stessa, sono solo alcuni esempi di come i cetacei possano affascinare l’essere umano, al punto da stuzzicarne la fantasia e diventare i protagonisti di leggende e romanzi. La loro magnificenza ci ha anche spinti a studiarli, ma a lungo si è pensato che chi lo faceva era esclusivamente mosso dal fascino di questi animali. Negli ultimi anni, le scoperte sul ruolo che hanno i cetacei per il buon funzionamento dell’ambiente ha finalmente reso giustizia a queste creature, ed anche a chi si impegna per la loro salvaguardia.

Ma chi sono i cetacei?

I cetacei, sono un ordine di mammiferi che ha avuto origine 55milioni di anni fa sulla terra ferma e in meno di 10 milioni di anni si è evoluto conquistando l’ambiente acquatico. Nel mondo se ne contano circa 90 specie, che appartengono a due sottordini Misticeti e Odontoceti. I primi, che includono balene e balenottere, sono caratterizzati dall’assenza di denti nella bocca che lasciano spazio a setole più o meno lunghe, i fanoni, utilizzati per filtrare l’acqua. Agli Odontoceti, provvisti di denti, appartengono tutti gli altri cetacei. Questa gran varietà di specie ha la capacità di modificare l’ambiente in cui vive, incrementando il ciclo di nutrienti, lo stoccaggio e il sequestro del carbonio. Ciò è valso loro il titolo di ingegneri dell’ecosistema marino. Molti degli Odontoceti sono predatori che si nutrono all’apice della rete trofica e regolando l’abbondanza delle loro prede, mantengono in equilibrio l’intera rete alimentare garantendo un buon funzionamento del mare. I cetacei di maggiori dimensioni, come balene, balenottere e capodogli, invece, quando emergono per respirare rilasciano in superficie grandi quantità di feci ricche di sostanze nutritive che fertilizzano il mare stimolando la crescita del fitoplancton, piccoli organismi vegetali, invisibili a occhio nudo, che vivono in sospensione nelle acque. «L’essenziale è invisibile agli occhi» scriveva Antoine de Saint-Exupéry, nel suo Il Piccolo Principe. Ed è proprio vero nel caso di queste invisibili alghe che sono essenziali per la sopravvivenza di tutte le altre forme di vita acquatiche. Costituiscono la base delle reti alimentari marine, inoltre sono i principali produttori di ossigeno e sono anche in grado di catturare l’anidride carbonica atmosferica, un gas serra che è il principale responsabile del surriscaldamento del nostro pianeta. «Avere anche solo l’1% in più di plancton nei mari significa assorbire centinaia di milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Come se, ogni anno, apparissero di colpo 2 miliardi di alberi adulti» . Il trasporto di nutrienti a opera dei grandi cetacei non avviene soltanto verticalmente, lungo la colonna d’acqua, ma le balene favoriscono anche un flusso orizzontale grazie alle migrazioni che compiono dalle zone di alimentazione, ricche di sostanze nutritive, alle zone di riproduzione, povere di sostanze nutritive.

Grandi serbatoi viventi che imprigionano CO2

I cetacei contribuiscono anche al “blue carbon” (o carbonio blu), ossia i processi naturali attraverso i quali l’oceano intrappola il carbonio. Il fitoplancton che non viene consumato, sviluppatosi grazie all’opera di rimescolamento e fertilizzazione attuato dai grandi cetacei, può affondare in profondità portando allo stoccaggio e/o al sequestro del carbonio. Grazie alle loro grandi dimensioni corporee e alla lunga durata della vita, i cetacei hanno una grande capacità di immagazzinare carbonio nei loro tessuti, attraverso l’alimentazione, per decenni o secoli. Quando le carcasse affondano sul fondo del mare, il carbonio immagazzinato può essere sequestrato per millenni. Per queste ragioni i grandi cetacei, sia da vivi, sia da morti, sono fondamentali perché aiutano a rallentare il surriscaldamento globale: una balena mediamente asporta dall’atmosfera 33 tonnellate di CO2 in un anno1, un albero adulto mediamente ne esporta 21 kg.

La soluzione alla crisi climatica potrebbe venire da queste creature che ci hanno da sempre affascinato?

Ciò che a oggi è certo è che le popolazioni attuali di cetacei assorbono il 40% di tutta l’anidride carbonica prodotta nel mondo: 37 miliardi di tonnellate (1). L’equivalente della quantità assorbita da 1.700 miliardi di alberi, pari a 4 foreste Amazzoniche. Considerando che l’abbondanza di cetacei oggi è fortemente ridotta rispetto al passato (per alcune specie si è arrivata a una riduzione del 90%) appare chiaro che ristabilire le popolazioni di cetacei che si contavano prima della caccia baleniera, e prima che l’uomo iniziasse a inquinare e sovrasfruttare il mare, costituirebbe un valido aiuto per la salute del Pianeta.

 Jessica Alessi

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