I fiumi e i laghi vicini alle città si stanno ritirando più rapidamente che altrove. A questa conclusione è giunto un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna dopo aver analizzato oltre trent’anni di immagini satellitari del territorio degli Stati Uniti. Sulla base dei dati raccolti i ricercatori hanno potuto, inoltre, realizzare un modello capace di riprodurre la distribuzione del declino delle acque rispetto alla distanza dai grandi centri abitati. Lo studio, pubblicato sulla rivista AGU Advances, può giocare un ruolo molto importante nella definizione delle strategie di gestione delle acque, dato che entro il 2050 circa il 70% della popolazione mondiale sarà concentrato nelle città e ciò avrà un grosso impatto sull’ecosistema. Le cause principali della riduzione delle risorse idriche in prossimità delle aree urbane sono, oltre all’estrazione diretta dai fiumi e dalle sorgenti, lo sfruttamento delle acque sotterranee, il drenaggio dei terreni per favorire lo sviluppo dell’agricoltura e l’aumento dell’evaporazione a causa del microclima più caldo. Senza contare che gli scenari futuri prevedono, oltre all’aumento della popolazione urbana, quello delle temperature e che, se nelle zone più temperate la diminuzione delle risorse idriche di superficie osservata è concentrata attorno alle città, nelle regioni con climi più aridi l’impatto dell’urbanizzazione sulle acque coinvolge aree significativamente più ampie. Il modello sviluppato dai ricercatori bolognesi non solo è fondamentale per arrivare a un equilibrio tra sviluppo urbano e politiche di gestione delle risorse idriche, ma può essere applicato in altri studi di questo genere e su aree geografiche di tutto il mondo.
Marco Ferri