Un ampio settore del sottosuolo italiano, che si estende dalla Pianura Padana occidentale all’Adriatico settentrionale e all’Abruzzo, è storicamente considerato promettente per l’estrazione di metano. La domanda è quale relazione ci sia tra la presenza di un giacimento di metano al di sopra di una grande faglia attiva e gli eventi di forti terremoti. Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports, frutto della collaborazione tra ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) indica che la presenza di metano in giacimenti naturali su una faglia attiva difficilmente genererà forti terremoti. Analizzando un robusto set di dati geologici e geofisici i ricercatori hanno visto che proprio la presenza di metano in giacimenti naturali costituisce, invece, una sorta di “assicurazione” contro tali eventi estremi. Gianluca Valensise, dirigente di ricerca dell’INGV e coordinatore dello studio, precisa: «La ricerca è stata resa possibile dall’esistenza di tre importanti banche dati geofisiche: un patrimonio quasi unico a livello mondiale a disposizione della comunità scientifica». «Questo eccezionale insieme di dati è stato analizzato con tecniche statistiche, che hanno permesso di rendere solida e quantitativa l’ipotesi di partenza: ovvero che la presenza di un giacimento di metano al di sopra di una grande faglia attiva indichi che quella faglia difficilmente genererà forti terremoti, e viceversa» spiega Stefano Parolai, direttore del Centro di ricerche sismologiche dell’OGS. Questa conclusione ha anche forti implicazioni per la valutazione delle pericolosità sismica di questa importante risorsa per il Paese.
Anna Marchesi