Esiste una teoria affascinante secondo la quale gli alberi del Pianeta sono connessi attraverso una fitta rete di radici, batteri, funghi e microrganismi: il wood wide web, l’intelligenza delle piante. Un intricato circuito con cui le piante si scambiano preziosi nutrienti ma anche informazioni per sopravvivere. Secondo la mitologia classica, Zeus, dopo avere sconfitto il padre Crono che voleva inghiottirlo, si giocò a sorte il mondo con i fratelli Poseidone e Ade. In questa straordinaria spartizione al primo toccò il regno dei cieli, il secondo si ritirò sotto le onde, il terzo nel sottosuolo. La terra era il campo per le scorribande dei tre Dei. Infuriavano soprattutto Zeus e Poseidone, Ade si mostrava assai poco. È la figura più sfuggente del pantheon greco. E in fondo, a pensarci bene, quella parte del globo che si estende sotto in nostri piedi resta in larga parte sconosciuta e misteriosa. Il sottosuolo è nell’immaginario umano un luogo tetro che prefigura condizioni di isolamento e sensazioni di smarrimento. Ma siamo certi che sia davvero così?
La canadese eretica
Da anni alcune ricerche suggeriscono che molte risposte agli enigmi in cui è ancora avvolto il mondo naturale sono nascoste sottoterra. Tra i primi ad avere avuto una simile intuizione c’è Suzanne Simard. Quand’era bambina vagabondava spesso con i suoi fratelli per le fitte foreste del Canada. Giocava con i rami caduti, raccoglieva funghi e frutti di bosco, mangiava occasionalmente manciate di terra perché – racconta oggi – le piaceva il sapore. Diventata adulta intraprende studi di selvicoltura. Si laurea all’Università della British Columbia e si specializza alla Oregon State University. Durante le sue ricerche, Suzanne si rende conto che gli alberi presenti nelle selve artificiali, create dall’uomo per ragioni commerciali, sono molto più fragili di quelli che allignano nelle foreste secolari. Al principio non riesce a trovare una spiegazione. In fondo i primi hanno a disposizione ampi spazi e sono distribuiti in modo uniforme, così da poter ricevere luce e acqua in abbondanza e prosperare bene, mentre i secondi sono costretti a competere fra di loro per guadagnarsi di che vivere.
D’un tratto comincia a sospettare che la risposta vada cercata sotto e non sopra.
Scopre così che le radici degli alberi sono collegate fra di loro da una estesa rete di batteri, funghi e microrganismi che permettono lo scambio di nutrienti fondamentali, quali carbonio, azoto, zuccheri e acqua, anche a grandi distanze. Non solo, questa stessa rete è finanche capace di favorire lo scambio di informazioni, è il luogo dove risisede l’intelligenza delle piante. Per esempio, può comunicare la minaccia di attacchi parassitari. Un’autentica rivoluzione, e proprio perché tale viene guardata con sospetto dai colleghi della giovane dottoranda.
Il segreto delle micorrize
L’importanza delle micorrize – si chiamano così le associazioni tra funghi, microrganismi e piante superiori – si è rivelata in seguito straordinaria, soprattutto dal punto di vista ecologico. Prima di Suzanne Simard le reti erano state studiate solo in serra o nei laboratori. A lei va il merito di averne approfondito la conoscenza in natura, oltre quello di possedere ottime doti intuitive. Oggi ha sessant’anni e insegna ecologia forestale nella stessa università dove ha conseguito la laurea. Da tre decenni studia le reti nelle foreste artiche, temperate e costiere del Nord America. Analizzando il patrimonio genetico custodito nelle punte delle radici e tracciando il movimento delle molecole sottoterra, Simard ha scoperto che i fili fungini collegano quasi ogni albero in una foresta. Non soltanto quelli della stessa specie, ma anche di varietà diverse. Attraverso questi circuiti sotterranei – una sorta di Internet del sottosuolo tanto che per sottolinearne la grande somiglianza qualcuno ha coniato l’espressione wood wide web – le sostanze nutritive e i segnali di allarme possono passare da una pianta all’altra. Gli scambi non sono casuali, ma governati da regole ben precise. Le risorse tendono a scorrere dagli esemplari più vecchi e più grandi, chiamati alberi hub o alberi madre, a quelli più giovani e più piccoli e i segnali di pericolo sono immediatamente trasmessi ai fusti vicini. Sottoterra avviene qualcosa di ancora più sorprendente: quando una pianta è in procinto di morire, a volte lascia in eredità una parte sostanziale del suo carbonio agli esemplari più prossimi. Una sorta di solidarietà verde che fa riflettere sullo stato della vita vegetale. Così si spiega per quale ragione gli alberi separati dalle linee sotterranee hanno molte più probabilità di ammalarsi e di morire rispetto alle loro controparti che sono invece connesse alla rete forestale. E anche per quale motivo un ecosistema ricco e integro è più forte di uno impoverito.
Michele Mauri