Secondo la nuova analisi UNICEF “Making Climate and Environment Policies for & with Children and Young People”, due terzi dei piani climatici dei paesi non affrontano i bisogni e le priorità dei bambini. Un dato che dovrebbe porre sotto la luce dei riflettori con ancora maggior vigore la questione ambientale, dimostrando, se ce ne fosse ancora bisogno, che contrastare questa catastrofe annunciata non è una questione da ambientalisti. In realtà saranno proprio i bambini di oggi a pagare il prezzo più alto in un vicinissimo futuro, considerando che per l’evoluzione della vita mezzo secolo rappresenta il nulla come lasso di tempo, ma per arginare i disastri dell’Antropocene costituisce, invece, un tempo troppo lungo. Bene ha fatto l’UNICEF a dare le percentuali sul coinvolgimento dei bambini, sui rischi e sui danni della crisi ambientale che stanno avendo pesanti ripercussioni sulla loro salute e sulla speranza di avere un futuro migliore e non drammatico. Secondo Gautam Narasimhan – Responsabile Globale UNICEF per Clima, Energia e Ambiente per COP26 e l’impatto del cambiamento climatico sui bambini – «Il 2021 si prevede sarà uno degli anni più caldi mai registrati, secondo i nostri colleghi del WMO. Ci sono molte dichiarazioni dai leader del mondo in cui le parole “bambini” e “giovani” sono menzionate diverse volte. Ma mentre i leader parlano ancora una volta dell’impatto della crisi climatica sui bambini, troppo pochi intendono trasformare queste parole in azioni significative che tengano in considerazione effettivamente i bambini». Per UNICEF le promesse che sono state fatte in questi ultimi anni non sono state mantenute e comunque erano insufficienti per affrontare in modo radicale e risolutivo il problema più pressante e pericoloso che la nostra specie si sia mai trovata ad affrontare. Con l’aggravante che molte degli impegni e delle decisioni prese non hanno avuto come focus principale la parte più fragile della popolazione, i bambini del mondo. Dei 103 piani nazionali solo 35 sembrano aver preso in esame la questione analizzando le esigenze di protezione dei bambini e solo un piano su cinque ha effettivi riferimenti ai diritti dei bambini e alla giustizia e all’equità intergenerazionale. Prosegue UNICEF affermando che «ad agosto, l’UNICEF ha pubblicato l’Indice di Rischio Climatico per i Bambini che ha rivelato che il 99% dei 2,2 miliardi di bambini del mondo – praticamente tutti – sono esposti ad almeno una minaccia ambientale, tra cui ondate di calore, cicloni, inondazioni, siccità, malattie trasmesse da vettori, inquinamento atmosferico e avvelenamento da piombo».
Per rispondere alla crisi climatica l’UNICEF implora i governi di intraprendere tre azioni:

- Maggiori investimenti su resilienza e adattamento climatico, in grado di mitigare realmente gli effetti di breve e medio periodo;
- Ridurre da subito le emissioni di gas clima alteranti, senza addurre scuse per procrastinare nel tempo la loro adozione;
- Includere da subito i giovani nella partecipazione alle scelte che riguarderanno prevalentemente la loro vita, per incrementare consapevolezza e comprensione dell’importanza delle loro azioni di cittadinanza attiva.
Non è più tempo di dilazioni, non è più tempo di rimandare le azioni concrete con il solo scopo di difendere l’economia: i costi che deriveranno dall’inazione, già in un brevissimo futuro, saranno molto più alti di quelli che potremmo essere costretti ad affrontare oggi. Rimandare azioni concrete e decisioni immediate avrà come effetto soltanto quello di rendere sempre più difficile la reale mitigazione dei danni ambientali che abbiamo provocato. La comunità internazionale deve usare le discussioni che si stanno facendo ora alla COP26 per trasformare le parole in azioni concrete, veloci e effettive. Gli Stati devono creare comunità più sicure per i bambini colpiti ora, subito, e concordare un percorso per prevenire, ovunque, i peggiori impatti del cambiamento climatico per la comunità umana. Un dovere al quale non è più possibile sottrarsi.
Ermanno Giudici