SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Annamaria Di Giulio
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 29444/2017 promossa da:
MERLO RICARDO ANTONIO (C.F. MRLRRD62E25Z600T), con il patrocinio dell’avv.to
DE BONIS DANIELE e con elezione di domicilio in VIALE G. MAZZINI N. 88 00100 ROMA
presso il difensore;
ATTORE
contro
VIGLIA SALVATORE (C.F. VGLSVT55B20F839G), con il patrocinio dell’avv.to SALVATI
MARCO e con elezione di domicilio in DUILIO 12 00192 ROMA presso il difensore.
CONVENUTO
CICALA CARMELO (CCLCML34B10D622C), con il patrocinio dell’avv.to SALVATI
MARCO e con elezione di domicilio in DUILIO 12 00192 ROMA presso il difensore.
CONVENUTO
OGGETTO: diffamazione a mezzo stampa.
CONCLUSIONI: per parte attrice: “accertare e dichiarare la responsabilità dei signori Salvatore
Viglia e Carmelo Cicala per gli articoli pubblicati sulla testata “politicamentecorretto.com”,
come descritti in narrativa, e per l’effetto condannare i convenuti in solido tra loro, o comunque
sulla base della diversa graduazione di responsabilità, a risarcire all’On. Ricardo Merlo tutti i
danni dal medesimo subiti che si quantificano in Euro 250.000,00 o nella somma maggiore o
minore somma che si riterrà di giustizia, anche in via equitativa, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi di legge; ordinare ai signori Salvatore Viglia e Carmelo Cicala, in solido tra loro, di
pubblicare, a loro cura e spese, sul giornale on line “politicamentecorretto.it” e su due
quotidiani a tiratura nazionale, anche nella loro versione on line, l’emananda sentenza di
condanna, condannandoli altresì al pagamento di una somma di denaro pari ad Euro 100,00 o
alla diversa somma ritenuta congrua, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del
provvedimento. In ogni caso con vittoria di spese, competenze e onorari, oltre spese generali,
IVA e CPA come per legge”; per il convenuto Viglia: “dichiarare improcedibile la domanda
svolta dall’attore Ricardo Antonio Merlo, per l’inosservanza della normativa regolatrice della
media conciliazione per non aver previamente esperito il tentativo di mediazione obbligatorio e
posto come condizione di procedibilità. Nel merito: rigettare la domanda svolta dal Sig. Ricardo
Antonio Merlo perché infondata in fatto e in diritto, nell’an come nel quantum debeatur, per le
motivazioni svolte nel presente atto”; per il convenuto Cicala: “rigettare la domanda svolta dal
Sig. Ricardo Antonio Merlo perché infondata in fatto e in diritto, nell’an come nel quantum
debeatur, per le motivazioni svolte nel presente atto”.
Ragioni di fatto e diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato MERLO RICARDO ANTONIO ha dedotto: che era
un politico, accademico e giornalista italiano, fondatore e leader del Movimento Associativo
Italiani all’Estero (in forma abbreviata, MAIE), deputato della XVII legislatura della Repubblica
Italiana; che alle elezioni politiche italiane del 2006 era stato eletto deputato nella circoscrizione
estero della Camera dei Deputati, nella lista Associazioni Italiane in Sud America; che alle
elezioni politiche italiane del 2013 era stato rieletto deputato nella circoscrizione estero con il
Movimento Associativo Italiani all’Estero; che aveva il suo elettorato prevalente nelle
circoscrizioni estere dell’America Meridionale e godeva di ampio seguito in Sudamerica,
essendosi fatto portavoce presso il Parlamento italiano, quale Presidente del MAIE, di numerose
istanze provenienti dai cittadini italiani residenti all’Estero; che i convenuti sig.ri Viglia Salvatore
e Cicala Carmelo avevano posto in essere una campagna diffamatoria nei suoi confronti nel
periodo tra il novembre 2016 e il marzo 2017, al solo scopo di denigrare e danneggiarlo in vista
delle elezioni politiche in Italia; che i sig.ri Viglia e Cicala – rispettivamente, fondatore e
presidente del movimento politico “Insieme”, che si rivolgeva al medesimo elettorato di Merlo,
ossia gli Italiani all’estero – al solo fine di danneggiare il loro avversario, avevano pubblicato sul
giornale on line “politicamentecorretto.com” numerosi articoli, contenenti affermazioni
ingiuriose e lesive dell’onore e della reputazione dell’attore, oltre a riportare notizie false
sull’attività politica dello stesso; che per tali ragioni intendeva chiedere, come chiedeva, che i
convenuti fossero condannati al risarcimento del danno subito oltre che alla pubblicazione
dell’emananda sentenza.
Il sig. VIGLIA SALVATORE e il sig. CICALA CARMELO si costituivano deducendo: che
l’obiettivo del giornale in cui erano stati pubblicati gli articoli oggetto di causa era quello di
informare soprattutto i connazionali all’estero sulle vicende inerenti gli eletti nella circoscrizione
estero che avevano fatto ingresso in Parlamento per la prima volta a seguito della Legge
Tremaglia la n. 459; che la nuova legge aveva suscitato un grande interesse politico circa
l’elezione di rappresentanti degli italiani all’estero e le conseguenze positive che sul lungo
periodo avrebbero potuto portare alla politica nazionale; che del resto, la circostanza che diciotto
parlamentari, (12 alla Camera, 6 al Senato), fossero di elezione da parte dei residenti all’estero,
rappresentava una novità assoluta per la politica italiana, frutto di battaglie politiche protrattesi
per almeno cinquant’anni; che la testata, data la sua trasversalità (come in qualche modo
certificato dalla denominazione) era stata salutata da cento parlamentari di tutti gli schieramenti –
tra gli altri, primus inter pares, l’allora Presidente della Repubblica, On.le Giorgio Napolitano –
compreso il messaggio augurale dell’attore on. Ricardo MERLO; che il giornale su cui i
convenuti avevano scritto gli articoli oggetto di contestazione costituiva “voce” del movimento
politico sorto in Centro e Nord America: “INSIEME per gli italiani” di cui il convenuto sig.
VIGLIA – di professione avvocato, nonché apprezzato giornalista parlamentare free lance, dedito
soprattutto alle interviste ai parlamentari, tanto da meritarsi l’appellativo de “L’intervistatore del
Parlamento”- era uno dei fondatori, mentre l’altro convenuto, sig. CICALA, era il Presidente;
che il movimento “Insieme per gli Italiani” era un contraddittore “quasi” territoriale, dell’attore
Sig. Ricardo MERLO, leader del movimento MAIE MOV.ASSOCIATIVO ITALIANI
ALL’ESTERO, eletto nella circoscrizione B (AMERICA MERIDIONALE); che, pertanto, il
contenuto degli articoli oggetto di causa non appariva avere alcun connotato diffamatorio e/o
lesivo della reputazione, per come lamentato dall’attore, ma rientrava, invece, nella normale
espressione del pensiero e del diritto di critica già tipicamente riconosciuto agli organi di stampa
di ogni genere, a maggior ragione quando detto diritto di critica s’inquadrava anche nella
competizione politica.
Precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 20/01/2021, previa
assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
§§§
Deve premettersi che il reato di diffamazione previsto dall’art. 595 c.p. si ravvisa allorquando una
persona comunica con più persone, offendendo l’altrui reputazione, ed è aggravato se l’offesa
consiste nell’attribuzione di un fatto determinato o sia recata col mezzo della stampa o con
qualsiasi altro mezzo di pubblicità. La valutazione dell’efficacia diffamatoria di dichiarazioni o
opinioni diffuse a mezzo della stampa deve riferirsi al momento nel quale tali dichiarazioni hanno
avuto diffusione.
Viceversa, il diritto di cronaca, direttamente tutelato dall’art. 21 Cost. deve essere sottoposto a
tutti i limiti individuati nei principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la
libertà di diffondere notizie di cui all’art. 21 Cost., regolata nella legge 8/02/1948 n.47, trova i
suoi presupposti legittimanti nell’utilità sociale dell’informazione, nella verità (oggettiva, o anche
soltanto putativa, purché, in tal caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) e nella forma
civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione.
Sul punto, in particolare, la Suprema Corte ha chiarito che “la divulgazione a mezzo stampa di
notizie lesive dell’onore è scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca se ricorrono:
a) la verità oggettiva (o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di
ricerca), la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente
o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne
completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni
emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare
nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà; b) l’interesse pubblico
all’informazione, cioè la cosiddetta pertinenza; c) la forma “civile” dell’esposizione e della
valutazione dei fatti, cioè la cosiddetta continenza.” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 14822 del
04/09/2012) e che “il legittimo esercizio dei diritti di cronaca e di critica giornalistica è
condizionato dal limite, oltre che della verità e dell’interesse pubblico, della continenza, intesa
come correttezza formale dell’esposizione e non eccedenza da quanto strettamente necessario per
il pubblico interesse, sì da garantire cronaca e critica non si manifestino tramite strumenti e
modalità lesivi dei diritti fondamentali all’onore ed alla reputazione, sicché, con riguardo ad una
trasmissione televisiva, assumono rilievo le modalità di comunicazione utilizzate, ove sia stata
realizzata una peculiare combinazione di immagini e sonoro tra loro, tale da risultare
trasmodante il suddetto limite” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 17211 del 27/08/2015).
Diversi e più ampi sono i limiti che la giurisprudenza riconosce all’esercizio di critica; il diritto di
cronaca e quello di critica sono tra loro non coincidenti, in quanto il diritto di critica non si
concreta, come quello di cronaca, nella narrazione veritiera di fatti, ma si esprime in un giudizio
che, come tale, non può che essere soggettivo rispetto ai fatti narrati.
Su tale ultima questione, in particolare, la Suprema Corte ha chiarito che “in tema di diffamazione
a mezzo stampa, l’applicabilità della scriminante rappresentata dalla continenza verbale dello
scritto che si assume offensivo va esclusa allorquando vengano usati toni allusivi, insinuanti,
decettivi, ricorrendo al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono
sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, all’artificiosa drammatizzazione con cui si
riferiscono notizie neutre e alle vere e proprie insinuazioni” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n.
27592 del 29/10/2019).
Gli stessi principi appena affermati devono ritenersi applicabili anche per quanto attiene alla
diffamazione a mezzo internet (avvenuta nel caso in esame, in cui vi è stata la pubblicazione di
alcuni articoli in un quotidiano on line), come chiarito dalla Cassazione: “l’inserimento in
internet di informazioni lesive dell’onore e della reputazione altrui costituisce diffamazione
aggravata ai sensi dell’art. 595, terzo comma, cod. pen., commessa con altro mezzo di pubblicità
rispetto alla stampa, sicché anche in questo caso trovano applicazione gli stessi limiti derivanti
dal bilanciamento tra il diritto di critica o di cronaca e quello all’onore e alla reputazione, quali
la verità obiettiva delle informazioni (verità anche solo putativa, purché frutto di un serio e
diligente lavoro di ricerca), la continenza delle espressioni usate e l’interesse pubblico
all’informazione (cosiddetta pertinenza)” (Sez. 3, Sentenza n. 18174 del 25/08/2014).
Ciò premesso, si rileva che nel caso in esame le frasi censurate da parte attrice negli articoli di
controparte sono le seguenti:
- articolo pubblicato in data 15/12/2016: “l’on. Ricardo Merlo, oltre alla bufala del rifiuto di
un sottosegretariato quando è stato formato il nuovo governo, di propone altre (di bufale)
veramente spassose …. ha sputato e sputa continuamente nel piatto dove mangia … Riccardo
Merlo ha perso tutto avendo vinto tutto e l’unico risultato è stato fregare i residenti all’estero
facendo di votare SI al referendum praticamente contro se stessi. Ma non credete che sia
veramente fenomenale?”; - articolo pubblicato in data 29/12/2016 a firma di Carmelo Cicala e dal titolo “INSIEME per
gli italiani: il Tramonto di Verdini e compagnia bella, Merlo e Maie, bye bye” e dal seguente
contenuto: “per Merlo si apre una stagione di caduta libera. Alle prossime elezioni,
considerando anche la formidabile squadriglia di incapaci della politica di cui si è
circondato, incasserà ciò che si merita: una disfatta. INSIEME per gli italiani lo batterà in
casa mettendo in luce meticolosamente e costantemente tutte le magagne, le bugie le lusinghe
propinate ad un elettorato che si sta finalmente per svegliare. L’America del Sud, oggi, sa e
se non sa saprà benissimo che Merlo ed il MAIE, non commetterà l’errore troppe volte
reiterato di rieleggere un inconcludente politicamente”; - articolo del 10/02/2017 a firma di Carmelo Cicala, dal titolo “INSIEME per gli italiano
MAIE: QUATTRO UOVA NEL PIATTO E LE BUFALE DELL’ON. RICARDO MERLO”
e dal seguente contenuto: “questo signore vota ed appoggia solo se stesso e per farlo è
disposto a qualsiasi alleanza e salto della quaglia pur di ottenere le sue cose….Quindi Merlo,
essendo l’unico parlamentare con il più alto indice di assenze in parlamento dice
sistematicamente NO ad ogni provvedimento che si vota in aula a favore dei residenti
all’estero”; - articolo del 19/02/2017 (editoriale di Salvatore Viglia) recante quale titolo “IN AMERICA
LATINA RICARDO MERLO CON IL MAIE HA INTRODOTTO IL “PENSIERO UNICO” in
cui si legge: “mai più MAIE. Questa la qualità di questa gente che inganna e connazionale in
America Latina. Stile puro sudamericano altro che italiani!”; - articolo del 23/03/2017, a firma di Carmelo Cicala, dal titolo “INSIEME per gli italiani.
MAIE: DEMAGOGIA SPICCIOLA la mobilitazione del 7 aprile. Per le reti consolari
bisogna fare esattamente il contrario di quanto propone Ricardo Merlo & C.”, riferendosi al
MAIE: “Un movimento che si riduce ad un uomo solo MERLO”; - articolo pubblicato in data del 6/04/2017, a firma di Carmelo Cicila, dal titolo “INSIEME per
gli italiani. Ricardo Merlo e il MAIE: COLPEVOLI” e dal seguente contenuto: “Il MAIE è
colpevole. È colpevole di aver portato le comunità a spasso per i viali dell’inutile. È
colpevole di aver lusingato un elettorato con promesse fasulle. È colpevole di non aver fatto
proprio niente a nessun livello. È colpevole di aver appoggiato, un governo, quello
presieduto da Renzi, per il quale ha lavorato da buon servitore obbedendo a tutti i suoi
comandi. È colpevole di aver sbagliato tutto e il rendiconto è fallimentare. È colpevole
perché del suo programma pieno di retorica, parole e demagogia non ha realizzato nulla in
dieci lunghissimi anni” e ancora, “è colpevole di aver personalizzato a suo piacimento e
bisogno un movimento approfittando della buona fede dell’elettorato”.
Rileva questo Giudice che i toni e le espressioni utilizzate – come sopra ripotati – travalichino i
limiti della semplice critica, in quanto l’avversario politico Ricardo Merlo – essendo i sig.ri Viglia
e Cicala rispettivamente fondatore e presidente del movimento politico “Insieme”, che si
rivolgeva al medesimo elettorato di Merlo – viene descritto come uomo scaltro e scorretto, avente
come unico obiettivo della propria strategia politica quello di “fregare i residenti” all’estero
(America del Sud) raccontando “bufale”, ossia facendo promesse false e dirette unicamente a
spostare verso di sé e verso il proprio partito l’elettorato (“INSIEME per gli italiani lo batterà in
casa mettendo in luce meticolosamente e costantemente tutte le magagne, le bugie le lusinghe
propinate ad un elettorato che si sta finalmente per svegliare….. È colpevole di aver lusingato un
elettorato con promesse fasulle…. mai più MAIE. Questa la qualità di questa gente che inganna e
connazionale in America Latina. Stile puro sudamericano altro che italiani…. è colpevole di aver
personalizzato a suo piacimento e bisogno un movimento approfittando della buona fede
dell’elettorato”.
Il Merlo viene inoltre descritto come leader politico privo di capacità e di obiettivi, a tutto danno
della collettività, e che ha operato in passato tradendo la fiducia di quanti lo avevano sostenuto:
“è colpevole di non aver fatto proprio niente a nessun livello… È colpevole di aver sbagliato
tutto e il rendiconto è fallimentare. È colpevole perché del suo programma pieno di retorica,
parole e demagogia non ha realizzato nulla in dieci lunghissimi anni… L’America del Sud, oggi,
sa e se non sa saprà benissimo che Merlo ed il MAIE, non commetterà l’errore troppe volte
reiterato di rieleggere un inconcludente politicamente…. Il MAIE è colpevole. È colpevole di
aver portato le comunità a spasso per i viali dell’inutile”.
Inoltre il Merlo è descritto come un politico che fa demagogia per curare i propri interessi
personali (“questo signore vota ed appoggia solo se stesso e per farlo è disposto a qualsiasi
alleanza e salto della quaglia pur di ottenere le sue cose”) e assenteista in Parlamento (“quindi
Merlo, essendo l’unico parlamentare con il più alto indice di assenze in parlamento dice
sistematicamente NO ad ogni provvedimento che si vota in aula a favore dei residenti
all’estero”).
Tali espressioni non danno adito a dubbi in merito all’intento dispregiativo e denigratorio di chi
le usa, con il chiaro obiettivo di screditare e svilire la persona cui sono indirizzate, indicata come
politico che agisce non per gli interessi della collettività ma, in modo falso e scorretto, per i
propri interessi personali.
L’attacco indiscriminato all’odierno attore, al suo ruolo politico e al Movimento associativo da
lui fondato (MAIE) sconfina i limiti del diritto di critica in quanto negli articoli in questione non
sono sottoposti a valutazione specifici provvedimenti approvati con il sostegno dell’attore ovvero
iniziative concrete da lui sostenute e che (ad avviso dell’articolista) abbiano prodotto esiti non
produttivi o addirittura dannosi per la collettività, bensì viene svolto un attacco sistematico, non
documentato e generico (ad ampio spettro) nei confronti della persona dell’attore, che, proprio in
considerazione della genericità e ampiezza delle accuse mosse, non viene posto neanche nelle
condizioni di difendere il suo operato con dati ed elementi che possano confutare la tesi dei suoi
oppositori politici.
Il dato dell’assenteismo in Parlamento è inoltre prospettato dai convenuti senza che siano forniti
dati e circostanze in cui sarebbero avvenute le riferite assenze.
La domanda deve dunque ritenersi meritevole di accoglimento, riconoscendo la responsabilità del
sig. Carmelo Cicala quale autore degli articoli sopra indicati come da lui provenienti, oltre che
del sig. Viglia Salvatore per l’editoriale del 19/02/2017. IL sig. Viglia deve inoltre essere ritenuto
responsabile nella sua veste di direttore della rivista on line politicamentecorretto.com.
Deve, infatti, riconoscersi la responsabilità civile del direttore responsabile convenuto, sig. Viglia
Salvatore, che ha omesso i dovuti controlli e non ha esercitato la facoltà di sostituzione, e della
casa editrice, a norma dell’art. 11 legge n. 47/48.
Quanto alla prova del danno, occorre richiamare i principi affermati dalla sentenza delle SS.UU.
della Corte di Cassazione 11 novembre 2008, n.26972, che ha ricondotto nell’ambito della
categoria dei danni non patrimoniali tutti i danni risarcibili non aventi contenuto economico, in
base al combinato disposto degli artt. 2043 e 2059 c.c., riconoscendo il diritto al risarcimento
qualora il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, in quanto tali
oggetto di tutela costituzionale.
Deve, inoltre, evidenziarsi che è ormai un principio consolidato, dopo le sentenze della Cass. Sez.
Un. del 2008, che anche i danni non patrimoniali derivanti dalla lesione di diritti fondamentali
della persona costituzionalmente tutelati, tra cui quello dell’onore e della reputazione, devono
essere allegati e provati. Tanto vale, in particolare, per il cosiddetto “danno – evento”, e cioè per
la effettiva lesione del bene tutelato, rimanendo la prova dell’entità dei danni – conseguenza
(economica) necessariamente rimessa, per le lesioni di beni non patrimoniali, alla valutazione
equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. (in tal senso è pacifica anche la giurisprudenza di questo
Tribunale).
Quanto ai mezzi di prova e all’utilizzo delle presunzioni, recente giurisprudenza della Cassazione
ha chiarito che “il danno all’immagine ed alla reputazione (nella specie, per un articolo
asseritamente diffamatorio), inteso come ‘danno conseguenza’, non sussiste ‘in re ipsa’, dovendo
essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve
essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità,
sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito
dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi,
precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé, ed
assumendo quali parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la
posizione sociale della vittima” (Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 4005 del 18/02/2020).
Orbene, si rileva che l’attore al tempo della pubblicazione degli articoli risultava essere stato
eletto per tre volte (nel 2006, nel 2008 e nel 2013) come deputato nella circoscrizione estero della
Camera dei Deputati, con il proprio movimento (Movimento Associativo Italiani all’Estero),
risultando destinatario di numerosi voti degli italiani all’estero (in specie nell’America del Sud),
oltre ad essere firmatario in tale sede di numerose proposte di legge e autore di interrogazioni e
interpellanze parlamentari.
Le espressioni offensive e denigratorie, dirette a dipingerlo come persona che, anziché agire
nell’interesse della collettività, mostra di non tutelare le esigenze di quelle categorie che, invece,
dovrebbe rappresentare, ad avviso di questo Giudice reca la prova del danno-evento (lesione
dell’onore e della reputazione), essendo oggettivo il discredito dato dall’articolo in questione nei
confronti dell’attore.
Il danno-conseguenza deve, poi, essere liquidato con criterio equitativo. Applicando tale criterio
il danno, con liquidazione all’attualità, tenendo conto della pluralità degli articoli oggetto di
censura e del ruolo pubblico dell’attore, come sopra descritto, deve essere quantificato in €
20.000,00. Deve, inoltre, essere accolta la domanda diretta alla pubblicazione della presente
sentenza.
Su tale somme gli interessi legali decorreranno dalla data di deposito della sentenza sino al saldo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
1) accoglie la domanda e, per l’effetto: - condanna i sig.ri Viglia Salvatore e Cicala Carmelo a corrispondere a titolo di risarcimento
danni al sig. Merlo Ricardo Antonio la somma di € 20.000,00, oltre interessi legali dal
deposito della presente sentenza al saldo; - condanna i signori Viglia Salvatore e Cicala Carmelo, in solido tra loro, a pubblicare la
presente sentenza, a loro cura e spese, sul giornale on line “politicamentecorretto.it” e su
due quotidiani a tiratura nazionale, anche nella loro versione on line;
2) condanna i convenuti, in solido, al pagamento delle spese legali sostenute dall’attore, spese
che si liquidano in € 759,00 per esborsi e in € 6.000,00 a titolo di compenso, oltre spese
generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Così deciso in Roma, in data 21/09/2021.
IL GIUDICE
dott.ssa Annamaria Di Giulio
Da Salvatore Viglia e Carmelo Cicala è stato presentato Appello:
VIGLIA-CICALA APPELLO avverso sentenza n.ro 14749-21
ECC.MA CORTE CIVILE D’APPELLO DI ROMA
Atto di citazione in appello
Avverso Sentenza n. 14759/2021 pubbl. il 22/09/2021 RG n. 29444/2017
Repert. n. 17746/2021 del 22/09/2021 emanata da Tribunale civile di
Roma Sezione I, G.U. dr.ssa Di Giulio, notificata in forma autentica a mezzo
pec il 22.9.2021
PER: Sig. Salvatore VIGLIA (VGLSVT55B20F839G), nato a Napoli il 20.2.1955,
residente in Roma, Via degli Scipioni e Sig. Carmelo CICALA
(CCLCML34B10D622C), nato a Fiumenidisi (ME) il 10.2.1934, residente in
Washington D.C. (USA), ai fini del presente giudizio elettivamente domiciliati in
Roma, Via Duilio 12 presso e nello studio dell’Avv. Marco Salvati (CF.
SLVMRC68H04H501U) che li rappresenta e difende giusta procura contenuta
nella busta telematica d’iscrizione, il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e
comunicazioni inerenti il presente giudizio al numero di FX 06.32.23.217 e
indirizzo telematico certificato PEC: marcosalvati@ordineavvocatiroma.org )
-AppellanteCONTRO: Sig. Antonio Ricardo Merlo (C.F. MRLRRD62E25Z600T)
elettivamente domiciliato presso avvocato Daniele De bonis, con studio in Roma,
Viale G. Mazzini 88, indirizzo telematico PEC
danieledebonis@ordineavvocatiroma.org
-Appellato-
**
Con la sentenza indicata per estremi in epigrafe, il Tribunale di Roma, Sezione
prima civile, nella persona del G.U. dr.ssa Di Giulio, ha così statuito:
2
“Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
1) accoglie la domanda e, per l’effetto:
- condanna i sig.ri Viglia Salvatore e Cicala Carmelo a corrispondere a titolo di
risarcimento danni al sig. Merlo Ricardo Antonio la somma di € 20.000,00, oltre interessi
legali dal deposito della presente sentenza al saldo; - condanna i signori Viglia Salvatore e Cicala Carmelo, in solido tra loro, a pubblicare la
presente sentenza, a loro cura e spese, sul giornale on line “politicamentecorretto.it” e su
due quotidiani a tiratura nazionale, anche nella loro versione on line;
2) condanna i convenuti, in solido, al pagamento delle spese legali sostenute dall’attore,
spese che si liquidano in € 759,00 per esborsi e in € 6.000,00 a titolo di compenso, oltre
spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Così deciso in Roma, in data 21/09/2021”.
**
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
I. Con atto di citazione ritualmente notificato, il Sig. dr. Ricardo Antonio
MERLO conveniva in giudizio innanzi l’intestato tribunale, il Sig. Avv.
Salvatore VIGLIA nonché il Sig. Dr. Carmelo CICALA, al fine di sentirli
condannare in solido o per diversa gradazione di responsabilità, al
risarcimento del danno a lui arrecato, mediante corresponsione della
somma di € 250.000,00, oltre alla pubblicazione della sentenza a loro spese
su testate di tiratura nazionale. Ciò in quanto, attraverso la testata
giornalistica online “politicamentecorretto.com”, avrebbero leso, con diversi
articoli, il decoro e la reputazione dell’attore precisando le conclusioni che
di seguito, per miglior agio espositivo, si riportano per esteso: “Accertare e
dichiarare la responsabilità dei signori Salvatore Viglia e Carmelo Cicala per gli articoli
pubblicati sulla testata “politicamentecorretto.com”, come descritti in narrativa, e per
l’effetto condannare i convenuti in solido tra loro, o comunque sulla base della diversa
graduazione di responsabilità, a risarcire all’On. Ricardo Merlo tutti i danni dal
medesimo subiti che si quantificano in Euro 250.000,00 o nella somma maggiore o
3
minore somma che si riterrà di giustizia, anche in via equitativa, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi di legge; - Ordinare ai signori Salvatore Viglia e Carmelo Cicala, in solido tra loro, di pubblicare, a loro
cura e spese, sul giornale on line “politicamentecorretto.it” e su due quotidiani a tiratura
nazionale, anche nella loro versione on line, l’emananda sentenza di condanna condannandoli
altresì al pagamento di una somma di denaro pari ad Euro 100,00 o alla diversa somma ritenuta
congrua, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento”.
II. Sommariamente, a sostegno della propria domanda il sig. MERLO, deduceva: - di essere fondatore e leader del Movimento Associativo Italiani
all’Estero (in forma abbreviata, MAIE), deputato della XVII legislatura della
Repubblica Italiana; - Alle elezioni politiche italiane del 2006 era stato eletto deputato nella
circoscrizione estero della Camera dei Deputati, nella lista Associazioni
Italiane in Sud America; - Alle elezioni politiche italiane del 2013 era stato rieletto deputato
nella circoscrizione estero con il Movimento Associativo Italiani all’Estero; - Il suo elettorato prevalente si rinveniva nelle circoscrizioni estere
dell’America Meridionale e godeva di ampio seguito in Sudamerica,
essendosi fatto portavoce presso il Parlamento italiano, quale Presidente del
MAIE, di numerose istanze provenienti dai cittadini italiani residenti
all’Estero; - A suo dire, i convenuti sig.ri Viglia Salvatore e Cicala Carmelo –
rispettivamente, fondatore e presidente del movimento politico “Insieme”,
che si rivolgeva al medesimo elettorato di Merlo, ossia gli Italiani all’esteroavevano posto in essere una campagna diffamatoria nei suoi confronti nel
periodo tra il novembre 2016 e il marzo 2017, al solo scopo di denigrarlo e
danneggiarlo in vista delle elezioni politiche in Italia, in quanto loro
avversario politico; - A tal fine, avevano pubblicato sul giornale on line
“politicamentecorretto.com” numerosi articoli, contenenti affermazioni
ingiuriose e lesive dell’onore e della reputazione dell’attore, oltre a riportare
notizie false sull’attività politica dello stesso;
4
III. Si costituivano in giudizio, dapprima il convenuto VIGLIA indi -dopo che il
giudizio era stato sospeso per l’esercizio del tentativo obbligatorio di
mediazione da parte dell’attore- anche il convenuto CICALA, entrambi a
mezzo dello scrivente procuratore, naturalmente contestando la
domanda attorea, sia nell’an che nel quantum debeatur, chiedendone
pertanto l’integrale rigetto, a propria volte precisando le conclusioni di
seguito riportate: Voglia l’on.le Tribunale adito, in via pregiudiziale e preliminare:
dichiarare improcedibile la domanda svolta dall’attore Ricardo Antonio Merlo, per
l’inosservanza della normativa regolatrice della mediaconciliazione per non aver
previamente esperito il tentativo di mediazione obbligatorio e posto come condizione
di procedibilità. [solo per convenuto VIGLIA]
Nel merito: rigettare la domanda svolta dal Sig. Ricardo Antonio Merlo perché
infondata in fatto e in diritto, nell’an come nel quantum debeatur, per le motivazioni
svolte nel presente atto. Vittoria di spese di giudizio. [per entrambi i convenuti,
VIGLIA e CICALA].
IV.A sostegno della propria difesa, i convenuti deducevano che: - Anzitutto, l’obiettivo del giornale in cui erano stati pubblicati gli
articoli oggetto di causa era quello di informare soprattutto i connazionali
all’estero sulle vicende inerenti gli eletti nella circoscrizione estero che
avevano fatto ingresso in Parlamento per la prima volta a seguito della
Legge Tremaglia la n. 459. Invero, la nuova legge aveva suscitato un grande
interesse politico circa l’elezione di rappresentanti degli italiani all’estero
(diciotto parlamentari, 12 alla Camera, 6 al Senato) e le conseguenze
positive che sul lungo periodo avrebbero potuto portare alla politica
nazionale; - la testata giornalistica telematica data la sua trasversalità (come in
qualche modo certificato dalla denominazione) era stata salutata da cento
parlamentari di tutti gli schieramenti – tra gli altri, primus inter pares,
l’allora Presidente della Repubblica, On.le Giorgio Napolitano – compreso il
messaggio augurale dell’attore on. Ricardo MERLO; - Orbene, detto giornale -su cui i convenuti avevano scritto gli articoli
oggetto di contestazione- costituiva “voce” del movimento politico sorto in
Centro e Nord America: “INSIEME per gli italiani” di cui il convenuto sig.
5
VIGLIA – di professione avvocato, nonché apprezzato giornalista
parlamentare free lance, dedito soprattutto alle interviste ai parlamentari,
tanto da meritarsi l’appellativo de “L’intervistatore del Parlamento”- era uno
dei fondatori, mentre l’altro convenuto, sig. CICALA, ne era il Presidente; - il movimento “Insieme per gli Italiani” era, quindi, un contraddittore
“quasi” territoriale, dell’attore Sig. Ricardo MERLO, leader del movimento
MAIE MOV.ASSOCIATIVO ITALIANI ALL’ESTERO, eletto nella circoscrizione
B (AMERICA MERIDIONALE). Pertanto, il contenuto degli articoli oggetto di
causa non appariva avere alcun connotato diffamatorio e/o lesivo della
reputazione, per come lamentato dall’attore, ma rientrava, invece, nella
normale espressione del pensiero e del diritto di critica già tipicamente
riconosciuto agli organi di stampa di ogni genere, a maggior ragione quando
detto diritto di critica s’inquadrava anche nella competizione politica
V. Nel corso del giudizio così instauratosi, non veniva solta istruttoria, data la
natura del tutto documentale del giudizio; all’udienza del 20.1.2021,
svoltasi in forma di trattazione scritta, le parti precisavano
rispettivamente conclusioni. Indi, con comunicazione pec del 12 marzo
2021, la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei
termini ex art 190 cpc decorrente dalla comunicazione predetta.
**
Avverso la sentenza indicata per estremi in epigrafe e ricordata nel dispositivo in
abbrivio di narrativa, i Sigg.ri VIGLIA e CICALA propongono
APPELLO
Chiedendone l’integrale riforma, sulla scorta dei seguenti
MOTIVI
Sull’an debeatur:
Erronea applicazione di legge inerente il diritto di critica politica- Carenza e
contraddittorietà della motivazione;
6
La sentenza viene impugnata in toto e in ogni suo singolo capo, apparendo, a dire
il vero, esclusivamente protesa ad accogliere, sic et simpliciter, l’assunto difensivo
proposta da parte attrice, odierna appellata ignorando, al contempo -anche solo
al fine di confutarle- le deduzioni difensive svolte dalle parti convenute, odierne
appellanti.
Ed invero.
Nell’accogliere la domanda svolta dall’attore, sostiene il giudice di prime cure,
nella parte motiva della sentenza impugnata:
[Rileva questo Giudice che i toni e le espressioni utilizzate – come sopra ripotati –
travalichino i limiti della semplice critica, in quanto l’avversario politico Ricardo Merlo –
essendo i sig.ri Viglia e Cicala rispettivamente fondatore e presidente del movimento
politico “Insieme”, che si rivolgeva al medesimo elettorato di Merlo – viene descritto
come uomo scaltro e scorretto, avente come unico obiettivo della propria strategia
politica quello di “fregare i residenti” all’estero (America del Sud) raccontando “bufale”,
ossia facendo promesse false e dirette unicamente a spostare verso di sé e verso il
proprio partito l’elettorato (“INSIEME per gli italiani lo batterà in casa mettendo in luce
meticolosamente e costantemente tutte le magagne, le bugie le lusinghe propinate ad un
elettorato che si sta finalmente per svegliare….. È colpevole di aver lusingato un elettorato con
promesse fasulle…. mai più MAIE. Questa la qualità di questa gente che inganna e connazionale
in America Latina. Stile puro sudamericano altro che italiani…. è colpevole di aver
personalizzato a suo piacimento e bisogno un movimento approfittando della buona fede
dell’elettorato”.
Il Merlo viene inoltre descritto come leader politico privo di capacità e di obiettivi, a
tutto danno della collettività, e che ha operato in passato tradendo la fiducia di quanti lo
avevano sostenuto: “è colpevole di non aver fatto proprio niente a nessun livello… È colpevole
di aver sbagliato tutto e il rendiconto è fallimentare. È colpevole perché del suo programma
pieno di retorica, parole e demagogia non ha realizzato nulla in dieci lunghissimi anni…
L’America del Sud, oggi, sa e se non sa saprà benissimo che Merlo ed il MAIE, non commetterà
7
l’errore troppe volte reiterato di rieleggere un inconcludente politicamente…. Il MAIE è
colpevole. È colpevole di aver portato le comunità a spasso per i viali dell’inutile”.
Inoltre il Merlo è descritto come un politico che fa demagogia per curare i propri
interessi personali (“questo signore vota ed appoggia solo se stesso e per farlo è disposto a
qualsiasi alleanza e salto della quaglia pur di ottenere le sue cose”) e assenteista in
Parlamento (“quindi Merlo, essendo l’unico parlamentare con il più alto indice di assenze in
parlamento dice sistematicamente NO ad ogni provvedimento che si vota in aula a favore dei
residenti all’estero”).
Tali espressioni non danno adito a dubbi in merito all’intento dispregiativo e
denigratorio di chi le usa, con il chiaro obiettivo di screditare e svilire la persona cui
sono indirizzate, indicata come politico che agisce non per gli interessi della collettività
ma, in modo falso e scorretto, per i propri interessi personali.
L’attacco indiscriminato all’odierno attore, al suo ruolo politico e al Movimento
associativo da lui fondato (MAIE) sconfina i limiti del diritto di critica in quanto negli
articoli in questione non sono sottoposti a valutazione specifici provvedimenti approvati
con il sostegno dell’attore ovvero iniziative concrete da lui sostenute e che (ad avviso
dell’articolista) abbiano prodotto esiti non produttivi o addirittura dannosi per la
collettività, bensì viene svolto un attacco sistematico, non documentato e generico (ad
ampio spettro) nei confronti della persona dell’attore, che, proprio in considerazione
della genericità e ampiezza delle accuse mosse, non viene posto neanche nelle
condizioni di difendere il suo operato con dati ed elementi che possano confutare la
tesi dei suoi oppositori politici].
Data questa motivazione, il Giudice di prime cure, perviene quindi a conclusione:
[La domanda deve dunque ritenersi meritevole di accoglimento, riconoscendo la
responsabilità del sig. Carmelo Cicala quale autore degli articoli sopra indicati come da
lui provenienti, oltre che del sig. Viglia Salvatore per l’editoriale del 19/02/2017. IL sig.
Viglia deve inoltre essere ritenuto responsabile nella sua veste di direttore della rivista
on line politicamentecorretto.com.
Deve, infatti, riconoscersi la responsabilità civile del direttore responsabile convenuto,
sig. Viglia Salvatore, che ha omesso i dovuti controlli e non ha esercitato la facoltà di
sostituzione, e della casa editrice, a norma dell’art. 11 legge n. 47/48]
8
Orbene, non appare assolutamente condivisibile il presupposto sul quale il
Giudice del primo grado fonda il convincimento poc’anzi riepilogato: vale a dire il
travalicamento del diritto di critica.
Si ricorda appena -ma lo ricorda lo stesso Giudice di prime cure! salvo poi non
tenerne evidentemente conto, nella determinazione finale- che siamo nell’ambito
della competizione politica tra due soggetti politicamente avversari, cui si collega
il diritto di critica e di cronaca. .
Il diritto di cronaca come diritto di informare e di essere informati è, come noto,
espressamente tutelato dall’articolo 21 della Carta Costituzionale. La libertà di
informazione e per essa il diritto di cronaca quale espressione della libertà di
pensiero, è altresì tutelata anche in ambito sovranazionale dall’articolo 19 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e dall’articolo 10 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, nonché dalla Carta di Nizza, che, all’articolo 11, riconosce non solo
la libertà di ricevere e di comunicare informazioni ma anche il pluralismo dei
mezzi di informazione.
In particolare il diritto di critica, non si manifesta solamente nella semplice
esposizione dell’opinione del soggetto su determinate circostanze, ma si
caratterizza per essere una interpretazione di fatti considerati di pubblico
interesse, avendo di mira non l’informare, bensì l’interpretare l’informazione e,
partendo dal fatto storico, il fornire giudizi e valutazioni di carattere personale.
Dunque, il diritto di critica riveste necessariamente connotazioni soggettive ed
opinabili quando si svolge in ambito politico, in cui risulta preminente l’interesse
generale al libero svolgimento della vita democratica. Proprio perché l’esercizio del
9
diritto di critica non si concretizza nella mera narrazione di fatti, bensì
nell’espressione di un giudizio e, più in generale, di un’opinione, perché assuma
valenza scriminante è necessario che venga esercitato entro precisi limiti,
individuati essenzialmente nel limite dell’interesse pubblico alla conoscenza di
fatti e di opinioni, nel limite della continenza espressiva e in quello della verità dei
fatti posti a fondamento della critica. Ne deriva che, una volta riconosciuto il
ricorrere della polemica politica ed esclusa la sussistenza di ostilità e del gratuito
attacco personale, è necessario valutare la condotta dell’imputato alla luce della
scriminante del diritto di critica di cui all’art. 51 c.p.
E’ questo appena riepilogato, il principio di diritto sostanzialmente affermato
(ribadito) dalla Corte di legittimità, sia pure in sezione penale [Cass. pen., sez. V
sentenza 18/02/2019 n° 7340] dove più abitualmente si svolgono vicende
similari. La Corte ha altresì precisato che, con riferimento specifico al tema del
diritto di critica politica, il rispetto del principio di verità si declina peculiarmente,
assumendo limitato rilievo, necessariamente affievolito rispetto alla diversa
incidenza che il medesimo dispiega sul versante del diritto di cronaca, in quanto
la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura
carattere congetturale che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente
obiettiva ed asettica.
Venendo al caso che ivi ci occupa, si è detto che il giudice di prime cure ha
ritenuto -richiamando gli articoli dedotti da parte MERLO, come diffamatori- che
“Tali espressioni non danno adito a dubbi in merito all’intento dispregiativo e
denigratorio di chi le usa, con il chiaro obiettivo di screditare e svilire la persona cui
10
sono indirizzate, indicata come politico che agisce non per gli interessi della collettività
ma, in modo falso e scorretto, per i propri interessi personali”.
Ammesso e non concesso che realmente gli articoli dedotti contengano
espressioni “denigratorie o dispregiative”, dimentica il primo Giudice un elemento
fondamentale: le parti sono competitors politici!
La circostanza è rilevante, anzi, fondamentale: è appena il caso di ricordare che la
stessa Corte Suprema [Cassazione penale, sez. V, sentenza 17/08/2001 n°
31220] ha cristallizzato il principio per cui “non sussiste il delitto di
diffamazione, ricorrendo la scriminante del legittimo esercizio del diritto di
critica, allorché, nella competizione politica, vengano usati toni
oggettivamente aspri e polemici o espresse opinioni con termini pungenti,
purché oggetto della critica sia un aspetto della dimensione pubblica del
destinatario, anche duramente contestato, e, le frasi usate non siano
volgarmente e gratuitamente offensive”.
Espressamente ha sostenuto la Suprema Corte: “[Va detto che la giurisprudenza
si è più volte occupata del problema della critica politica ed ha rinvenuto il
fondamento del diritto di critica nell’art. 21 delta Costituzione con un limite,
condiviso anche dalla dottrina, che la critica deve riguardare la C.D. identità
politica del personaggio pubblico criticato, ovvero la dimensione pubblica dello
stesso, nel senso che la manifestazione del pensiero deve incidere su quegli aspetti
dell’attività e della personalità del soggetto che siano esposti al pubblico, e non la
dimensione meramente privata, che merita una tutela più incisiva..].
11
E’ proprio il caso di specie: non già perché i fatti narrati negli articoli incriminati
non rispondano a verità, anzi: piuttosto perché si verte in tema di competizione
politica.
Del resto, appena il caso di dire che mai parte appellata -né del resto, ha provato
nel giudizio di primo grado-ha chiesto una rettifica, né una smentita, né richiesta
di pubblicazione di un articolo a risposta e difesa.
Anche sotto questo aspetto, la sentenza impugnata è censurabile, laddove si
sostiene che “l’attore non viene posto neanche nelle condizioni di difendere il suo
operato con dati ed elementi che possano confutare la tesi dei suoi oppositori politici”.
In questo passaggio si rivela il quid della fallacità della sentenza impugnata. “Non
viene posto…”
Perché “non viene posto”? Da chi, “non viene posto”? Chi gliel’ha impedito?
Da dove, il primo Giudice, ricava il convincimento che l’attore non sia stato posto
nelle condizioni di difendere il suo operato?
Appare persino che la sentenza impugnata, svolga esse medesima una funzione
difensiva verso l’attore: “Il dato dell’assenteismo in Parlamento è inoltre prospettato dai
convenuti senza che siano forniti dati e circostanze in cui sarebbero avvenute le riferite
assenze”.
Detto, per completezza espositiva, che i dati di presenza relativi all’attività del
MERLO sono agevolmente desumibili dal sito “Open Polis” che per mero agio
consultivo – e al fine di attestare la veridicità di quanto asserito dai
convenuti/competitori politici, negli articoli contestati -si riporta in tabella di
seguito.
12
Orbene: non risulta che, nel giudizio di primo grado, parte attrice, odierna
appellata, abbia né eccepito, né tantomeno, dimostrato, di pregresse richieste di
smentita o di correzione o infine di richiesta di ospitalità sulla testata per poter
smentire.
Nulla di nulla: la prima iniziativa del MERLO, tout court, è stata la proposizione
dell’azione giudiziale di risarcimento del danno di cui è questione attuale, senza
neppure esperire – se non quando costretto giudizialmente, all’esito dell’eccezione
di procedibilità svolta dalla parte convenuta VIGLIA con la costituzione in
giudizio- l’obbligatoria via della mediaconciliazione.
Del resto, che sia abituale costume del MERLO ricorrere a iniziative giudiziali per
controbattere ai propri competitors -si badi bene: non meri oppositori, bensì
“concorrenti” politici, come nel caso di specie, laddove il quotidiano online
www.politicamentecorretto.com è la voce del movimento INSIEME -per gli italianisi era già dedotto in giudizio quando si è richiamato il comunicato con cui la File –
Federazione Italiana Liberi Editori, intervenendo su una questione che vede il
MERLO opposto a altra testata giornalistica, ha espresso “grande sdegno e
preoccupazione per l’ennesima minaccia alla libertà di stampa che arriva questa
13
volta addirittura da un sottosegretario del Governo italiano [il MERLO appunto] e
prende di mira un giornale coraggioso e libero” come La Gente d’Italia, appunto.
“Piena solidarietà va all’editore, al direttore, alla redazione e ai collaboratori,
campioni di giornalismo indipendente, che hanno svolto una delicata inchiesta
giornalistica su alcuni appalti pubblici del Governo italiano presso la sede
diplomatica in Uruguay. Stupisce ed indigna che un rappresentante del nostro
Governo, invece di preoccuparsi di chiarire e fugare ogni ombra su una materia che
interessa tutti i cittadini, pensi piuttosto ad avviare azioni giudiziarie proditorie e
temerarie al solo fine di spaventare e zittire la libera stampa che sta esercitando il
diritto-dovere di sorvegliare l’operato della pubblica amministrazione e informare i
cittadini”. “Ci auguriamo – conclude il comunicato di File – che sulla vicenda voglia
intervenire il Presidente del Consiglio per chiedere al componente del suo Governo
di recedere da tale vergognosa ritorsione”. [fonte: www.liberoquotidiano.it
17.5.2020].
Ma di questa argomentazione difensiva, il primo Giudice proprio non ha tenuto
conto, non rinvenendosene traccia nell’esposizione motiva di una sentenza che
appare unilateralmente, sbrigativamente protesa ad accogliere la domanda
attorea, senza in alcun modo considerare la difesa svolta dalla parte convenuta.
Del resto, non ha tenuto conto -forse perché poco in linea con la tesi assunta in
sentenza- di quanto controdedotto dalle parti convenute, odierne appellanti, a
proposito dell’argomento principale svolto dalla difesa del MERLO: vale a dire,
l’accostamento con la figura di Videla (la cui famigerata fama, non deve certo
essere esplicata all’ecc.ma Corte in intestazione).
14
Invero, è proprio questo l’argomento principale di doglianza svolto dal MERLO nel
libello introduttivo del giudizio di primo grado. Partendo da un inciso estratto da
un articolo a firma degli odierni appellanti Diciamo che oggettivamente non era così in Argentina nemmeno durante il regime di Jorge Videla, a maggior ragione non può essere così oggi.. il MERLO astrae come conseguenza: “Le affermazioni riportate appaiono
gravemente offensive e diffamatorie sia nel contenuto, sia laddove paragonano l’attività
e il pensiero di Merlo a quello del sanguinario dittatore argentino Jorge Videla”.
Orbene, già questo modo di dedurre, attesta quale sia l’atteggiamento abituale del
MERLO: estrae una frase dal contesto: la interpreta a proprio modo; indi, la pone
a fondamento di una domanda giudiziale di risarcimento per diffamazione a
mezzo stampa.
Poiché è questo l’iniziale e principale motivo di doglianza svolto dal MERLO nel
proprio atto difensivo, la difesa delle parti convenute odierne appellanti ha
opportunamente argomentato in controdeduzione: specificatamente, in comparsa
conclusionale, ha evidenziato come il noto giornalista Enrico Mentana in data
13.4.2020 (quindi in piena emergenza sanitaria), avesse così commentato in
diretta televisiva: “Il presidente del Consiglio ha tutto il diritto di rivolgersi al Paese,
ha gli strumenti per farlo. Ma se in questi giorni ha usato la risorsa della diretta
così spesso è perché siamo alle prese con una emergenza grave […]. La verità vera
è che non c’è nessuna censura né ci può essere: quando Palazzo Chigi chiede di
intervenire, interviene – ha proseguito -. E nessuno chiede il testo prima o censura
al volo. Era solo il modo per dire che non può essere data, se non per Chavez, in
Venezuela, dove è successo, la possibilità a un capo del governo di intervenire su
quel che vuole, quando vuole. Questa evidentemente non è democrazia”.
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“…Se non per Chavez in Venezuela”/“Nemmeno durante il regime di Videla”.
Nessuna differenza, semantica e concettuale, tra le due frasi: eppure, non risulta
che nessuno -tantomeno l’eventuale interessato, Giuseppe Conte- abbia ritenuto
di poter scorgere, nell’affermazione del giornalista Mentana, una dichiarazione
lesiva dell’onorabilità e del decoro dell’ex presidente del Presidente del CdM.
Orbene, anche su tale punto -che evidenzia chiaramente come nessuna
denigrazione sia stata posta in essere a carico del MERLO, bensì semplice
dialettica politica- il Giudice di prime cure, nulla ritiene di dover dire, nella
propria decisione, nemmeno solo per disattendere. Sarebbe stato difficile,
altrimenti, proseguire nella linea di accogliere, sic et simpliciter, la domanda di
parte attrice, tenendo in nessuna considerazione le argomentazioni svolte dalle
parti convenute.
La sentenza di primo grado, deve quindi essere integralmente riformata in ogni
sua statuizione in quanto erroneamente ritiene gratuitamente lesivi
dell’onorabilità e del decoro del MERLO gli articoli svolti dagli odierni appellanti –
nella rispettiva posizione di materiale estensore, il CICALA (come detto,
Presidente del movimento INSIEME- per gli Italiani) e di direttore responsabile il
VIGLIA- mentre essi vanno espressamente ricondotti all’alveo della competizione
politica. Nella competizione politica “è legittimo l’uso di toni oggettivamente
aspri e polemici e le opinioni possono essere espresse anche con termini
pungenti, con frasi suggestive e finanche paradossali, che garantiscano
l’efficacia della comunicazione e catturino l’attenzione dei cittadini su
problemi di interesse pubblico”. [Cass. Pen. Sez V n. 31220/01 già citata].
16
Il diritto di critica, non presuppone la verità del fatto, poiché si differenzia dal
diritto di cronaca, che per essere validamente esercitato richiede che i fatti narrati
siano veri, perché non si concretizza come l’altro nella narrazione di fatti, bensì
nella espressione di un giudizio, più genericamente di una opinione che, come
tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva.
In alcun modo gli odierni appellanti hanno inteso colpire il MERLO su un piano
strettamente personale, privatistico -ché in tal caso, nessuna esimente avrebbe
potuto essere invocata! Bensì, squisitamente, sotto l’aspetto dell’azione politica,
rispetto alla quale gli odierni appellanti, si ponevano -all’epoca degli articoli
oggetto di giudizio- non già come meri osservatori, limitando il proprio raggio
d’azione alla cronaca, ma come avversari politici sul circondario dell’America
Latina.
Questo aspetto -preponderante, esiziale- il primo Giudice non lo ha scòrto,
limitandosi a una piana lettura dell’esposizione attorea e accogliendo
semplicemente la domanda svolta, con una sentenza gravemente lacunosa e
fallace di cui si chiede l’integrale riforma.
SUL QUANTUM DEBEATUR – MOTIVAZIONE DIFETTOSA O CARENTE; MANCATA
DECLARATORIA DELLA SOCCOMBENZA PARZIALE A CARICO DELL’ATTORE
Fermo restando quanto detto in via assorbente a proposito della lacunosità della
sentenza in tema di an debeatur, la pronuncia del giudice di prime cure presta il
fianco anche sotto l’aspetto del quantum.
Invero. Parte odierna appellata, nel proprio libello introduttivo, quantifica la
propria richiesta risarcitoria, indicando una cifra monstre come debenda dai
convenuti, a titolo di risarcimento del danno: € 250.000,00.
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In punto di liquidazione del danno risarcibile, il Giudice di prime cure così
deduce: si rileva che l’attore al tempo della pubblicazione degli articoli risultava essere
stato eletto per tre volte (nel 2006, nel 2008 e nel 2013) come deputato nella
circoscrizione estero della Camera dei Deputati, con il proprio movimento (Movimento
Associativo Italiani all’Estero), risultando destinatario di numerosi voti degli italiani
all’estero (in specie nell’America del Sud), oltre ad essere firmatario in tale sede di
numerose proposte di legge e autore di interrogazioni e interpellanze parlamentari.
Le espressioni offensive e denigratorie, dirette a dipingerlo come persona che, anziché
agire nell’interesse della collettività, mostra di non tutelare le esigenze di quelle
categorie che, invece, dovrebbe rappresentare, ad avviso di questo Giudice reca la
prova del danno-evento (lesione dell’onore e della reputazione), essendo oggettivo il
discredito dato dall’articolo in questione nei confronti dell’attore.
Il danno-conseguenza deve, poi, essere liquidato con criterio equitativo. Applicando tale
criterio il danno, con liquidazione all’attualità, tenendo conto della pluralità degli articoli
oggetto di censura e del ruolo pubblico dell’attore, come sopra descritto, deve essere
quantificato in € 20.000,00. -in difetto di qualsivoglia allegazione o indicazione di
parametri”
Anche questa parte della motivazione lascia perplessi (se non interdetti): l’attore
sarebbe “firmatario di numerose proposte di legge e autore di interrogazioni e
interpellanze parlamentari”.
Ancora una volta emerge il “doppio binario” di valutazione posto in essere dal
Giudice di prime cure. Le argomentazioni svolte da parte attrice vengono
considerate alla lettera: non si comprende altrimenti da dove il primo giudice
estragga la circostanza delle proposte e delle interrogazioni parlamentari, se non
dagli atti difensivi del MERLO.
18
Di converso, non vi è alcuna traccia, nella sentenza impugnata, degli argomenti
difensivi svolti dalle parti convenute: si ripete, nemmeno solo per smentirle o
disapprovarle.
Sulla scorta delle asserzioni di parte attrice, il giudice di prime cure si spinge a
rilevare come persino “oggettivo” il discredito arrecato all’attore dalle espressioni
offensive e denigratorie rivoltegli dagli odierni appellanti, sino a quantificare in €
20.000,00 l’entità del risarcimento del danno.
Eppure, le parti convenute hanno evidenziato come -nonostante il proditorio
attacco portato dalle colonne della testata online www.politicamentecorretto.com
(questo il quadro che emerge dalla sentenza impugnata)– il MERLO fosse stato
tranquillamente rieletto -con boom di preferenze- all’esito delle elezioni politiche
del 2018 (successivamente alle pubblicazioni incriminate) nella consueta
circoscrizione dell’America meridionale.
Orbene: qual è il danno che il MERLO ha riportato dalla vicenda dedotta?
Eppure il primo giudice -ignorando plasticamente il rilievo- ha ritenuto di dover
quantificare l’asserito danno in € 20.000,00, determinato astrattamente, senza
potersi avvalere -lo si legge espressamente!- di alcun parametro o indicatore di
riferimento.
Anche relativamente al capo del quantum debeatur, si chiede che la sentenza
venga riformata integralmente, stante il difetto di motivazione.
**
19
In conclusione, un breve cenno sulla soccombenza.
Il giudice di prime cure impone pagamento di spese processuali per € 6000,00 di
onorari, oltre € 759,00 per esborsi esenti, spese generali e accessori: il tutto,
porta a un totale di € 9.513,72 (sito “www.avvocatoandreani.it)
Orbene, ci si limita a un mero riepilogo contabile: parte attrice invoca una
“esemplare” condanna al risarcimento del danno che quantifica in € 250.000,00:
il giudice di prime cure abbatte il danno risarcibile a una somma di “soli” €
20.000,00; indi, condanna i convenuti al pagamento integrale di spese legali
quantificate in misura pressoché prossima alla metà della somma stabilita a titolo
di risarcimento.
Ma qual è l’iter logico seguito dal Giudice di primo grado…
Appare, a modesto avviso di chi scrive, che abbattere una domandadi
risarcimento da € 250.000,00 (quella formulata dall’attore in atto di citazione) a €
20.000,00 (entità del risarcimento quantificata nella sentenza impugnata), debba
far sollevare qualche legittimo, fondato dubbio di lite se non temeraria,
quantomeno spericolata. Con conseguenze, almeno, sull’onere afferente le spese
legali.
Invero, appare che la domanda svolta dal MERLO, riveli la sua totale, esiziale
pretestuosità -già dedotta nell’argomentazione di fatto e di diritto- in sede di
quantificazione del risarcimento richiesto. Addirittura, viene “sparata” (si perdoni
il termine colloquiale ma quantomai opportuno) una cifra altissima, €
250.000,00. Il Giudice la “riduce” -senza parametri di riferimento, senza alcuna
prova di danno fornita dall’attore- a € 20.000,00. Eppure, nessuna conseguenza
deriva, rispetto a una richiesta tanto “terrorizzante” (intimidatoria?), quanto
20
infondata, sì da essere drasticamente ridotta a € 20.000,00. Anzi, il premio di un
riconoscimento assai significativo circa l’entità delle spese processuali.
Ennesimo dettaglio di una sentenza completamente fallace, frutto di una
considerazione scalena, da parte del primo Giudice, degli atti delle parti in causa.
Anche su tale punto, si chiede integrale riforma della sentenza, con l’eliminazione
di ogni indennità di risarcimento o almeno di una sua ulteriore riduzione e con la
revisione del capo inerente le spese processuali, alla luce della soccombenza
parziale, dato il mancato accoglimento della domanda di risarcimento, sotto
l’aspetto del quantum debeatur.
Tutto quanto premesso e precisato il Sigg.ri Salvatore VIGLIA e Carmelo CICALA,
come in atti rappresentati difesi e domicilati
CITANO
Il Sig. Ricardo Antonio MERLO, elettivamente domiciliato presso e nello studio
dell’Avv. Daniele De Bonis, in Viale G. Mazzini 88, a comparire dinanzi alla Corte
civile d’Appello di Roma, presso la sua nota di Via Varisco, Giudice e Sezione
designandi, all’udienza che si terrà il giorno 15 febbraio 2022, ore di rito, con
invito a costituirsi in giudizio nelle forme di cui all’art 166 cpc almeno venti giorni
prima della fissata udienza, pena le decadenze istruttorie di cui agli artt. 38 e 167
cpc e con avvertimento che in difetto di costituzione si procederà in sua
contumacia, per ivi senti precisare ed accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
21
Voglia l’ecc.ma Corte d’Appello adita, in accoglimento del dispiegato appello e
disattesa ogni contraria deduzione e istanza:
In via principale:
riformare integralmente la sentenza n. 14759/2021 RG n. 29444/2017 Repert. n.
17746/2021 del 22/09/2021 emanata da Tribunale civile di Roma Sezione I,
G.U. dr.ssa Di Giulio, pubblicata il 22/09/2021, notificata in pari data in forma
autentica al procuratore delle parti convenute da parte del procuratore della parte
attrice e all’effetto, rigettare la domanda di risarcimento svolta dal MERLO a
carico degli appellanti VIGLIA e CICALA, in quanto infondata in fatto e in diritto
per le motivazioni esposte nel presente libello, dichiarando che nulla è dovuto;
Liberare altresì gli appellanti dall’onere di pubblicazione della sentenza di primo
grado: nel caso in cui ciò fosse già avvenuto nelle more del giudizio di gravame,
condannare parte appellata a analoga pubblicazione dell’emananda sentenza di
appello, su due quotidiani a tiratura e rilevanza nazionale, oltre che sulla testata
online www.politicamentecorretto.com
Vittoria di spese di lite del primo e del secondo grado di giudizio.
In via subordinata:
riformare ad ogni modo la sentenza sul capo inerente il quantum debeatur, nel
denegato caso di riforma solo parziale, riducendo l’entità del risarcimento dovuto
-in ragione dell’assenza di pregiudizio effettivo e/o di parametri di determinazione
del danno- alla simbolica somma di € 1000,00.
In tal caso, compensazione integrale delle spese processuali per il primo grado di
giudizio; vittoria di spese, per il secondo grado di giudizio.
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In via ulteriormente subordinata:
in ogni caso, in caso di conferma della sentenza in punto di an e quantum
debeatur, dichiarare comunque interamente compensate e quindi non dovute, le
spese processuali del primo grado di giudizio data la soccombenza parziale a
carico dell’attore, odierno appellato, per non essere stata accolta la domanda in
punto di entità della somma da risarcimento.
Vittoria di spese per il secondo grado.
Ai fini della determinazione del contributo unificato, si precisa che il valore del
presente giudizio è pari a € 20.000,00.
Con osservanza,
Roma, 20.10.2021 Avv. Marco Salvati