19 marzo, 2024


Può sembrare un’ovvietà, ma il sesso, tra gli animali, non può che essere “selvaggio”, con comportamenti anche di estrema violenza, come lo stupro, anche di gruppo, o il cannibalismo del partner e l’infanticidio. In un precedente articolo abbiamo visto una serie di comportamenti “che non ti aspetti”. In questo ne vedremo altri, legati in particolare alla sfera dell’aggressività. Questo interessa moltissime specie, anche quelle più simpatiche e popolari delle favole e dei cartoon. Del resto nel mondo animale (ma anche nell’uomo la situazione non è poi molto diversa) la riproduzione è una faccenda complessa, dove la competizione fra individui dello stesso genere e fra i due sessi è grande: si cerca di ottimizzare al massimo il successo, di tramandare i propri geni a scapito di quelli della concorrenza. Anche usando “sporchi trucchi” e sistemi violenti, di vera e propria coercizione sessuale.
Violenze di gruppo
Un esempio di sesso selvaggio ci viene dal germano reale. Infatti, non è raro osservare anche 5-6 giovani maschi attorno a un’unica femmina, che viene aggredita e letteralmente violentata, correndo oltre tutto il serio rischio di annegare durante la foga di questo amplesso di massa. Una cosa simile accade anche nei rospi, dove più maschi possono assalire una femmina che spesso, nella grande eccitazione generale, finisce strangolata. Addirittura certi comportamenti sono risultati così “scandalosi” da essere stati censurati per lungo tempo dagli stessi ricercatori che li avevano osservati la prima volta.
Così documentò Georg Murray Levick
È il caso dei pinguini di Adelia (Pygoscelis adeliae), proprio quelli simpatici del famoso cartoon “Happy feet”. Dall’aspetto tenero e “paccioccoso”, questi uccelli «… fanno sesso fra maschi, a volte violentano le femmine, uccidono i pulcini, talvolta i maschi si accoppiano perfino con femmine morte…». Così scriveva circa un secolo fa l’esploratore antartico e naturalista inglese George Murray Levick, in un rapporto rimasto a lungo chiuso in un cassetto per non scandalizzare la Gran Bretagna dei primi del ‘900. Fra i momenti più drammatici del comportamento dei pennuti antartici descritti da Levick, c’è quello in cui «i piccoli balordi in bande di sei-sette individui si aggirano attorno alle collinette, molestando i loro simili che vi abitano con azioni violente». E poi descrive anche femmine ferite a seguito degli stupri di queste “gang”, che spesso abusano addirittura dei pulcini davanti ai genitori, poi calpestandoli, alcuni a morte. Insomma, comportamenti che, se letti in chiave antropomorfa, fanno inorridire e che sono anche difficili da spiegare dal punto di vista etologico, anche se per molti di questi casi, diffusi anche tra i mammiferi, si potrebbe parlare di exaptation, ovvero l’evoluzione di un tratto presente in un organismo che a un certo punto cambia la sua funzione originaria. In particolare con questi comportamenti, soprattutto i giovani, scaricano la propria aggressività e “fanno pratica”.
Le contromisure delle femmine
Questi fatti di sesso selvaggio sono così comuni che le femmine di alcune specie hanno addirittura evoluto adattamenti, non solo comportamentali, ma anche morfologici per ingannare gli aggressori e controllare comunque la selezione del partner. Il caso più eclatante è forse quello dei delfini. Una recente ricerca della Dalhousie University (Canada) e del Mount Holyoke College ha scoperto che le femmine dei tursiopi hanno sviluppato una vagina con complesse pieghe interne per scongiurare le gravidanze indesiderate. Poiché spesso sono vittime di vere e proprie violenze di gruppo, grazie a questa anatomia peculiare, e a una specifica posizione, possono scegliere da chi farsi fecondare: in pratica, decidono attivamente il padre dei propri figli.
Vincere la competizione a tutti costi
In alcuni animali poi questo approccio violento è praticamente l’unico adottato. Come in alcuni coleotteri, che praticano la cosiddetta inseminazione traumatica. Sono infatti dotati di un organo copulatore ricoperto di spine, con cui prima trasferiscono gli spermi e poi danneggiano le vie genitali della femmina, provocando delle ferite mirate probabilmente a disincentivare un suo nuovo accoppiamento con un altro maschio e a massimizzare invece le proprie probabilità di vincere la competizione. Rimarrebbe poi da parlare di come certe specie anche molto popolari, per esempio leoni, puma e gorilla, pratichino l’infanticidio per eliminare i cuccioli dei rivali, impedendone così la diffusione genetica, o di come le femmine di certi insetti – la più famosa è la mantide religiosa – eliminino il maschio dopo l’amplesso, quando la sua funzione si è esaurita. Ma diamoci un po’ di respiro e vedremo eventualmente di affrontare quest’altro argomento “spinoso” in un successivo articolo.
Armando Gariboldi