Gazzettino Italiano Patagónico

Gli Shampoo: i Beatles napoletani

di Tonino Scala
Siamo nel novembre del 1976, a Napoli c‘è una partita di calcio: Napoli-Liverpool. In porta per gli azzurri c’è Pietro Carmignani, il capitano è Antonio Juliano, nel cuore Giuseppe, Beppe per i napoletani, Savoldi. Ma non è di calcio che voglio parlare. Sono gli anni degli Alunni Del Sole, degli Showmen dei gruppi, dei complessi che sognano in inglese, ma parlano italiano. Gli anni dei club, dei Night come il Pentothal al Vomero: Pubblico misto, gente perbene, ma anche delinquenti abituali, locale frequentato da “grandi maestri di vita”. E che vita. Sono anche gli anni di Radio Antenna Capri, il feudo di Corrado Ferlaino, il Presidente che ha regalato sogni alla città come nessun altro. Giorgio Verdelli ha un’idea. Dire a tutti che a Napoli arriveranno i Beatles. Chi è Giorgio Verdelli? Il primo a passare a Napoli, forse in Italia, i pezzi di Bob Marley, oggi affermato autore e regista tv, una vita nella musica, nella metà degli anni Settanta è un disc jokey di tendenza. Nessun comunicato stampa, nessuna promozione, ma un zitto zitto in mezzo al mercato come si suol dire: Il miglior comunicato stampa a Napoli è… non lo dire a nessuno, mi raccomando! Basta questa frase e dopo un po’ tutti sanno tutto con le aggiunte legate alla crescita, la jonta, con il passaparola. Ci sono i Beatles? E dove? A Radio Antenna Capri. Un po’ di scetticismo accompagna la notizia di bocca in bocca con l’aggiunta, ma non lo dire… ed ecco che tra scetticismo e attesa nel pomeriggio, una folla di fan si assiepa all’ingresso della radio. Una limousine bianca scioglie ogni dubbio. La folla è in delirio, scendono dal macchinone. Sono proprio loro. I baronetti salutano i loro fan napoletani e vanno in radio. Prima di cantare con grande aplomb inglese rispondono alle telefonate del pubblico. Sono loro, c’è tanta cortesia british. Poi la prima canzone. Il primo pezzo che eseguiranno sarà “Twist n’ shout”, stesse chitarre, stesse voci, ma… non è la lingua d’oltremanica, è la lingua napoletana. “Twist n’ shout” diventa “Chist’ e’ o scia'”. John in realtà nella vita reale fa l’avvocato e si chiama Lino d’Alessio, Ringo- Pino De Simone, è un ragioniere, Paul-Costantino Iaccarino, è un informatico e George-Massimo d’Alessio, è un rappresentante di vestiti. Amici e beatlesiani da sempre. Ma chi rispose al telefono al punto da mettere in subbuglio l’intera città? Un ragazzo che lavorava alla British Airways, un amico della radio, per questo parla perfettamente inglese. Da quella goliardiata seguiranno serate nell’hinterland napoletano, un successo senza precedenti. Nascono così gli Shampoo, i Beatles napoletani che produrranno pezzi che oserei definire immortali come Pepp’ (Help), ‘Nomme e nient’ (Nowere man), Totonno hai illuse a chell’ (You’re going to lose that girl), Tengo ‘e guaie (Tell me why) . Bruno Tibaldi, della EMI, produttore del primo Pino Daniele nel 1980, produrrà il loro disco. Non una piccola produzione, l’LP fu registrato negli studi Trafalgar a Roma. Un successo durato un anno. I quattro ragazzi di Fuorigrotta al mattino lavorano nel capoluogo campano e la sera vanno a Roma per poi ritornare a casa riposare qualche ora, forse, ritornare a lavoro per poi tornare ancora a Roma. Non hanno la parrucca, i capelli sono naturali, incarnano anche nella vita i quattro ragazzi di Liverpool. Il loro lancio a livello nazionale coincise con la loro partecipazione, come ospiti fissi, del varietà Rai: Domenica in, Black Out, nell’autunno del 1980. Anche la copertina dell’album è una cover di quelle dei famosi 33 giri Please Please Me, The Beatles 1962-1966 e The Beatles 1967-1970, con sul disco un pomodoro in sezione al posto della famosa “mezza mela verde”. In linea con il loro stile parodistico, nella loro esibizione nel programma musicale RAI Discoring, i quattro si presentarono come: Paul M’Oncart, John Lenton (in riferimento agli occhiali), Ringo Bar e George Rissone. Poi alla Emi arrivò Piero Scussel, odiava i Beatles, amava la musica di Orietta Berti e Claudio Villa. Non ci sarà nessun secondo disco. Peccato. Un sogno svanito. Una lingua che ben si adattava a quella musica, dal punto di vista sintattico i loro brani erano più precisi dei Beatles. Passarono poi alla Cheyenne Records, etichetta dei fratelli Edoardo, Eugenio e Giorgio Bennato, per cui pubblicarono un 45 giri nel 1985 con la loro versione di Ob la di – Ob la da. Nel 1995 la loro “N’omme ‘e niente” (versione di Nowhere man) è stata inserita nel disco Gli Italiani cantano i Beatles. Un sogno infranto un testo che resta indelebile nella musica italiana è “‘E zizze” la loro “Day Tripper”: “Donna Luisa se mette in cammisa a cantà. Ormai ha deciso, ca nun me vo’ fa cchiù campà no … me fa vedè ’e zizze si me fa vedè e a me che songhe n’omme me fa male, me fa male”. Ascoltateli poi mi direte.

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