Peggio degli sciacallaggi, peggio del virus stesso. Nel mondo virtuale, che ha evidenti riverberi su quello reale, è nata una nuova moneta per scommettere sul numero di contagi da Covid-19. Si chiama Coronacoin ed è il bitcoin Coronavirus comparso per effettuare transizioni economiche digitali sull’emergenza che sta coinvolgendo tutto il mondo. Il simbolo ‘$nCoV’ è stato registrato nelle isole britanniche dell’Oceano Pacifico per un controvalore da 7,6 miliardi di dollari. Speculazione, dunque. A suon di miliardi. Il Coronacoin – così è stato battezzato il bitcoin Coronavirus – è stato immesso sul mercato virtuale lo scorso 26 febbraio e le motivazioni di questa scelta sono state rese note dallo stesso creatore di questa moneta di scambio digitale: «Al momento del lancio il mondo è in preda al panico per la rapida e senza precedenti ascesa del coronavirus. Con l’aumentare del numero di infetti o morti per colpa del virus, il numero di token viene aggiornato ogni 48 ore. Quindi, per ogni infezione, viene bruciato un token». Lo stesso creatore, rispondendo alle polemiche sui social, ha provato a indorare la pillola affermando che il 20% del ricavato dalla vendita dei bitcoin Coronavirus sarà donato alla Croce Rossa. Una spiegazione che, però, non sembra essere molto convincente dato che si apre un processo economico – e speculativo – sulla salute delle persone e sui decessi da Covid-19.
Le motivazioni
«CoronaCoin è un’aggiunta radicale e preziosa al ricco arazzo di criptovalute che oggi è sul mercato – ha spiegato il creatore -. È la prima e unica criptovaluta supportata dalla prova di morte, basata su statistiche ottenute dall’Organizzazione mondiale della sanità». Un messaggio che vuol far apparire quella che. a tutti gli effetti. sembra una vera e propria speculazione come un qualcosa di positivo per dimostrare al mondo il reale impatto del Coronavirus.
Fausto Diaz