All’alba della rivoluzione industriale, iniziata in Europa attorno al XVIII sec., i livelli media di anidride carbonica presenti nell’atmosfera terrestre dovevano attestarsi attorno ai 280 ppm (parti per milione). Circa 150 anni dopo, più precisamente nel marzo del 1958, C. David Keeling della Scripps Institution of Oceanography di San Diego (CA – U.S.A.) iniziava le prime misurazioni in libera atmosfera presso una struttura del NOAA a Mauna Loa, alle isole Hawaii. I primi valori della cosiddetta “Curva di Keeling”, che mostra la concentrazione di CO2 in aria nel tempo, erano di circa 315 ppm. 55 anni dopo, nel maggio del 2013, per la prima volta da quando si effettuano le misurazioni, i valori di anidride carbonica hanno superato il valore di 400 ppm. Nel momento in cui si scrive, l’ultima rilevazione disponibile è quella del 17 aprile: 413.63 ppm. Siamo a livelli mai visti negli ultimi milioni di anni. Sia chiaro: nella storia della Terra, la quantità di anidride carbonica in atmosfera è sempre variata, raggiungendo talvolta picchi straordinari (circa 4000 ppm nel Cambriano), tuttavia i livelli attuali sono senza ombra di dubbio i più alti mai raggiunti negli ultimi 800.000 anni e, secondo alcuni studiosi, anche negli ultimi 20 milioni di anni. La sostanziale differenza tra le variazioni odierne e quelle passate è senza ombra di dubbio la tempistica: negli ultimi decenni i livelli di anidride carbonica sono aumentati a ritmi spaventosi, specie se si confrontano con i trend geologici ricostruiti tramite l’analisi delle carote di ghiaccio artico e antartico.
Monitorare (quasi) in tempo reale la CO2 globale
Il NOAA oggi consente di monitorare quotidianamente il livello di anidride carbonica in atmosfera attraverso il proprio sito internet, in cui sono mostrati i grafici che riportano le misurazioni giornaliere effettuate presso l’Osservatorio delle Hawaii. Secondo l’ente statunitense le misure riflettono abbastanza fedelmente il valor medio atmosferico a livello globale per almeno tre ragioni: l’Osservatorio è situato ad una quota (3400 m s.l.m.) a cui è possibile misurare masse d’aria che siano rappresentative di ampie zone; tutte le misure sono realizzate rigorosamente con strumenti ricalibrati frequentemente; il confronto con altre misure indipendenti effettuate nello stesso sito ha permesso di stimare un’accuratezza delle misure nell’ordine dei 0.2 ppm. Le misurazioni vengono effettuate tramite spettroscopia infrarossa. Lo strumento è composto da una camera in cui viene pompata l’aria, all’interno si trovano due “finestre” dove viene trasmessa la radiazione infrarossa. Sfruttando l’assorbimento della radiazione infrarossa da parte della CO2 è possibile misurarne la concentrazione: maggiore sarà la quantità di gas presente nella camera maggiore sarà l’assorbimento, il gas infatti lascerà passare una minore quantità di radiazione che raggiungerà il sensore di misura. I segnali, trasformati in impulsi elettrici, vengono analizzati ed elaborati in grafici che mostrano le variazioni di concentrazione della CO2 in atmosfera. I dati sono espressi come medie orarie e giornaliere, con la possibilità di osservare gli andamenti da un dettaglio sull’ultimo mese fino all’intero dataset (1958-2019). A piccola scala, si possono apprezzare le variazioni sinusoidali stagionali, legate principalmente all’attività delle piante (il minimo si ha in ottobre, quando le piante sono al termine della stagione di crescita, mentre il massimo si raggiunge tra maggio e giugno, ovvero al termine del riposo vegetativo) ma dilatando l’intervallo temporale il trend si impenna, rivelando l’impressionante effetto dovuto alle emissioni antropiche che ormai si registra da decenni. Il sito offre anche animazioni sulle variazioni di concentrazione nel tempo e della distribuzione atmosferica delle emissioni di CO2 legate alla combustione di fonti fossili.
L’anidride carbonica nelle previsioni del tempo
Per la prima volta, le misure effettuate dal NOAA saranno riportate dal quotidiano britannico “The Guardian” nella sezione relativa alle previsioni meteorologiche. L’idea sarebbe partita da un lettore, Daniel Scharf, che, attraverso una lettera indirizzata alla redazione, avrebbe suggerito proprio l’inclusione di informazioni sui cambiamenti climatici nella sezione meteo del noto quotidiano. La risposta del giornale non si è fatta attendere e nel giro di pochi giorni Katherine Viner, editore in carica, ha sposato l’idea aggiungendo che i dati saranno corredati da confronti con i valori pre-industriali. La mossa del quotidiano inglese ha certamente un valore informativo ma è anche e soprattutto simbolica: non possiamo più voltarci dall’altro lato. Le emissioni di anidride carbonica legate all’utilizzo di combustibili fossili costituiscono un problema reale, che pone impegnative sfide politiche ed economiche per l’imminente futuro dell’umanità. Il riscaldamento globale, a cui in gran parte contribuisce proprio l’aumento di concentrazione dei “gas serra” (dunque non solo anidride carbonica ma anche, per esempio, il metano), potrebbe diventare un problema sociale prima ancora che ambientale. Del resto nel passato del nostro Pianeta, la temperatura media è sempre variata, raggiungendo valori ben superiori a quelli attuali o previsti tra qualche decennio. E certamente in passato non è stato un problema (al contrario, le fasi di raffreddamento sono estremamente più pericolose per la conservazione delle specie viventi): oggi le sabbie del Sahara nascondono i resti di insediamenti antichissimi, databili ad un periodo compreso tra i 12mila ed i 5mila anni fa, e coincidenti con il cosiddetto “optimum climatico dell’Olocene”, periodo “caldo” durante il quale alle latitudini sahariane le precipitazioni abbondavano e si poteva coltivare dove oggi ci sono solo dune. Cosa succederà dunque nei prossimi anni lo vedremo noi stessi, seguendo giorno per giorno l’andamento delle temperature, delle precipitazioni e, a partire da oggi, anche dei gas-serra. Speriamo presto anche su qualche giornale italiano.
Andrea Di Piazza