La collaborazione tra biotecnologia e ingegneria può dare risultati davvero sorprendenti. Avreste mai pensato di fertilizzare il vostro giardino con scarti urbani, industriali e agricoli? Ebbene questa è oggi una realtà; non solo è possibile trasformare i fanghi di depurazione in energia e in un fertilizzante sicuro e ricco di sostanze nutritive, ma, mentre ci occupiamo di far crescere le nostre piante, contribuiamo anche a mitigare l’effetto del riscaldamento globale.
Sostanze nocive
Secondo fonti ISPRA in Italia i fanghi di depurazione delle acque reflue urbane ammontano a circa 3 milioni di tonnellate l’anno, in testa troviamo la Lombardia che contribuisce al 14,6% del totale. I fanghi in questione costituiscono la componente solida delle acque reflue urbane ed extraurbane che vengono trattate per poter essere reimmesse nell’ambiente. Nonostante l’accertata presenza di componenti nocive, quali metalli pesanti, idrocarburi e PCB (policlorobifenili), i fanghi di depurazione sono continuamente impiegati come fertilizzante in agricoltura. Ci basta poco per capire che, in un modo o nell’altro, finiscono direttamente nel nostro piatto.
Da scarti a risorse
Il trattamento dei fanghi di depurazione è un vero problema, eppure un team di biotecnologi e ingegneri italiani ha trovato una soluzione estremamente innovativa ed efficace per affrontarlo. Siamo oggi in grado di poter dare ai fanghi un valore economico e ambientale non indifferente. La compagnia californiana BioForceTech, fondata da un gruppo di giovani italiani, si è adoperata in questo senso per riciclare qualsiasi rifiuto organico, dai fanghi di depurazione, al letame, ai rifiuti alimentari, e trasformarli in energia rinnovabile e biochar, un composto ricco di sostanze nutritive ottimo come fertilizzante. Il processo di trasformazione creativo di materiali di scarto in nuovi prodotti di maggior qualità è noto con il termine di upcycling. Non parliamo però solamente di un perfezionamento del prodotto di partenza, ma di una vera e propria rivoluzione nel trattamento dei fanghi di depurazione volta a mitigare gli effetti del cambiamento climatico globale. Stiamo forse dicendo che il biochar, un ammendante naturale del terreno ottenuto da prodotti di scarto, è capace di fare la sua parte quando si tratta di riscaldamento globale? Certamente. Essendo un solido stabile capace di resistere nel suolo per migliaia di anni, il biochar è in grado di sequestrare carbonio dall’atmosfera riducendo i gas serra responsabili dell’aumento delle temperature.
Come si produce il biochar
Questo materiale carbonioso si ottiene attraverso due passaggi: il cosiddetto biodrying e la pirolisi. Grazie all’essiccatore o biodryer, i fanghi vengono privati della loro umidità per mezzo di degradazione in assenza di ossigeno, dove la maggior parte del calore necessario viene rilasciato dai microorganismi presenti nella materia organica stessa. Il composto intermedio che si ottiene in questa fase del processo consente un risparmio di energia del 70%. Con la pirolisi, o decomposizione termica, otteniamo finalmente il biochar. Nel caso specifico della BioForceTech, tutto questo avviene senza aggiunta di ossigeno e grazie a un processo 100% autosufficiente che produce energia rinnovabile pulita.
Benefici per ambiente e salute
Abbiamo già nominato l’impiego del biochar come alleato dell’ambiente in quanto sequestratore di carbonio, ma la sua missione ecologica non finisce qui. La produzione di questo composto organico consente una riduzione del volume complessivo degli scarti del 90%, un drastico calo del trasporto su gomma dei fanghi pari al 90%, un aumento della fertilità di terreni acidi, una protezione verso malattie fogliari e, un risparmio energetico pari al 100% grazie all’impiego di un processo completamente autosostenuto. I benefici che l’ambiente può trarre sembrano ovvi, ma non dimentichiamoci della nostra salute. La trasformazione di sostanze cariche di componenti nocive in un prodotto come questo, privo di inquinanti e ricco di sostanze nutritive, va anche a nostro favore, se impiegato in agricoltura. Dopotutto siamo ciò che mangiamo.
Ylenia Vimercati