L’industria alimentare italiana cresce e al sud corre molto più velocemente, rispetto a quanto avviene al Nord, dove peraltro si concentra il maggior numero d’imprese. A rivelarlo, un rapporto di Ismea. Negli ultimi tre anni, le aziende del Meridione sono cresciute del 5,4%, quelle del Centronord invece si sono fermate un punto percentuale sotto. E a trainare la crescita del settore, nelle regioni del Mezzogiorno, sono soprattutto le imprese giovani, quelle cioè con meno di 25 anni di attività. Uno spicchio, questo, che cresce addirittura del 12%. Al Centronord, dove pure si attesta il 77% delle aziende del settore, la crescita del comparto si attesta al 4,4%.
Il rapporto, realizzato in collaborazione con Fiera di Parma e Federalimentare, è stato presentato nelle scorse ore a Cibus Connect e si basa sulle 1.526 imprese del comparto alimentare con un fatturato superiore a 10 milioni di euro. «La competitività del sistema agroalimentare sembra trovare una solida casa al Sud – ha detto il direttore generale dell’Ismea Raffaele Borriello – dove la componente agricola è forte in termini di occupati (78%) mentre il comparto settentrionale traina invece investimenti ed export». Sono tante le ragioni del sorpasso del Sud, dove si contano oltre 344mila imprese agricole e quasi 34mila dell’industria alimentare, pari al 18,5% del tessuto imprenditoriale dell’intero Meridione. Qui operano la maggioranza dei comparti più dinamici come quello delle conserve vegetali, con buone performance a livello nazionale quali lattiero-caseario, vino, salumi e carni. In particolare registrano ottime performance le aziende del caffè, cioccolato, confetteria (+14%), prodotti da forno (+18%) e olio (+21%).
Un’industria alimentare che in questi giorni, però, è turbata dalle voci sui nuovi dazi che arrivano dagli Stati Uniti, dalla Brexit e dalla guerra dei semafori contro la dieta Mediterranea. «Il semaforo a punti sta facendo più danni ancora della Brexit», ha detto il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio, che si è espresso anche sull’italian sounding: «È evidente la corsa nel mondo all’imitazione dei nostri prodotti – ha aggiunto – lo fanno perché siamo i più bravi nell’offerta di cibo di qualità e questo ci colma di orgoglio. Ma dalla voglia di mangiare italiano, di imitare il nostro stile a tavola e l’eleganza delle nostre produzioni alimentari non ci sono soltanto i danni delle imitazioni, ma anche opportunità».
Flavio Marozzi