Gazzettino Italiano Patagónico
July 12, 2018 - Brussels, Belgium - Sadak Souici / Le Pictorium - .NATO 2018 - .12/07/2018 - Belgium / Brussels - Press conference of Donald Trump the President of the United States on the second day of the NATO Summit in Brussels. (Credit Image: © Sadak Souici/Le Pictorium Agency via ZUMA Press)

La durata dell’inchiesta su Donald Trump: cosa succede ora

  • Robert Mueller ha consegnato a William Barr il report su Donald Trump
  • Non è automatica la sua divulgazione
  • E anche se fosse divulgato integralmente, potrebbe non essere sufficiente a incriminare Trump

È durata due anni l’inchiesta di Robert Mueller sul Russiagate. Ora, il rapporto del superprocuratore su Donald Trump è finito – supersecretato – sulla scrivania del segretario della Giustizia (come direbbero nei film e nella costituzione americana, l’Attorney General) William Barr. Starà a lui la decisione di renderlo pubblico o meno. Ora, gli Stati Uniti sono in fermento. Tutti cercano di carpire qualche informazione in più contenuta all’interno dei documenti. Sono passati 675 giorni dall’inizio dell’inchiesta. Da quando cioè Robert Mueller, tradizionalmente repubblicano, ex numero uno FBI, ha iniziato a lavorare al presunto scambio di influenze tra Russia e Stati Uniti per favorire Donald Trump alla corsa alla Casa Bianca, a discapito di una Hillary Clinton che tutti davano già come prima inquilina donna a Washington DC. Il congresso ha già votato affinché il rapporto di Robert Mueller su Donald Trump fosse divulgato interamente. Tuttavia, ci sarebbero anche possibilità sul fatto che questi documenti siano resi pubblici soltanto in parte. Sta tutto alla discrezionalità di William Barr, uomo di Trump, non a caso scelto per ricoprire questo ruolo così delicato. Nel caso in cui dovessero ravvisarsi gravi indizi nei confronti del presidente USA, si potrebbe aprire la procedura per l’impeachment, aprendo così uno scandalo paragonabile soltanto a quello di Richard Nixon.

Cosa può fare l’Attorney General William Barr con l’inchiesta su Donald Trump

Ma non è così scontato. William Barr, infatti, ha trasmesso al Congresso il documento che attesta la conclusione delle indagini su Donald Trump da parte di Robert Mueller. Era tenuto a farlo. Ma all’interno di questo documento si dice anche che, già da questo fine settimana, potrebbero essere messe a disposizione degli uomini del Congresso le «principali conclusioni» del rapporto del superinvestigatore che ha battuto al tappeto la Casa Bianca negli ultimi 675 giorni. Tuttavia, le leggi non indicano un limite in base al quale William Barr dovrà fornire al Congresso le informazioni sul report. Pertanto, in linea teorica, sarebbe possibile anche un insabbiamento dell’inchiesta di Robert Mueller. Cosa che, tuttavia, andrebbe a costituire un vulnus democratico non indifferente. Per questo motivo, sembra ci sia un certo ottimismo almeno nella divulgazione dei punti principali dell’inchiesta su Donald Trump.

Gli ostacoli alla pubblicazione integrale del report di Mueller

L’altro ostacolo che potrebbe impedire a William Barr di divulgare tutto o in parte i docuementi dell’inchiesta sarebbe rappresentato dai motivi di segretezza. In primo luogo, infatti, Barr e i suoi assistenti dovranno rivedere il rapporto per determinare se qualche informazione è classificata come altamente sensibile o protetta dalle leggi sulla privacy o dal privilegio esecutivo, tutti diritti che possono essere invocati per materiali delicati. Ma si annuncia una battaglia molto serrata. Il Congresso, innanzitutto, non sarebbe soddisfatto della diffusione parziale o sommaria del contenuto dell’inchiesta di Mueller su Donald Trump. Non è chiaro se lo stesso presidente degli Stati Uniti sarà autorizzato a leggere il report di Mueller. Tecnicamente sarebbe possibile, ma dal punto di vista dell’opinione pubblica, tutto ciò rappresenterebbe la violazione dell’autonomia del potere giudiziario dal potere esecutivo. Ma in questi tempi, non bisogna dare nulla per scontato.

Basta il report di Mueller ad accusare Trump di collusion?

In ogni caso, anche la divulgazione dell’intero report non sarebbe automaticamente interpretata come un atto di collusione del presidente Donald Trump e non consentirebbe immediatamente la sua messa in stato d’accusa. Nell’indagine sui consulenti speciali, infatti, il punto chiave è se Trump o la sua campagna si siano mai coordinate con la Russia per cercare di influenzare l’esito delle elezioni presidenziali del 2016. Se l’investigazione di Robert Mueller dovesse terminare senza accusare il Donald Trump – o i suoi assistenti – di cospirazione, alcuni potrebbero interpretare tale affermazione con la formula «no collusion». Un concetto che, nella legislatura americana, è molto sfumato. E che Trump potrebbe utilizzare a proprio vantaggio.

Gianmichele Laino

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