Gazzettino Italiano Patagónico

Cina, Argentina, Australia e Singapore fermano i Boeing 737 dopo il disastro in Etiopia

Una risposta tardiva quella di Boeing che ha annunciato l’aggiornamento del software dei suoi 737 Max nel giro di non precisate settimane. Intanto, però già Cina, Argentina, Australia e Singapore non faranno uscire dagli hangar i velivoli della compagnia statunitense.  L’annuncio delle verifiche al software sono arrivate solo dopo la richiesta della Faa, l’agenzia federale americana per l’aviazione, di apportare le modifiche “entro aprile” alla flotta dei 737 Max, lo stesso modello dell’aereo che si è schiantato in Etiopia presumibilmente per un problema al software. Boeing ha espresso le condoglianze ai familiari delle 157 persone a bordo del suo aereo che hanno perso la vita. “L’aggiornamento del software della flotta – ha assicurato Boeing in una nota – avverrà nelle prossime settimane”. Il titolo crolla in Borsa Ieri in borsa il titolo Boeing che aveva perso oltre il 12% subito dopo l’apertura di Wall Street ha chiuso con un segno meno del 5,36% a 399,89 dollari. Sono però ancora tante le compagnie che continuano a far volare i velivoli:. Norwegian (18 aerei di questo tipo), Air Italy (3), Icelandair (3), la russa S7 Airlines (2). Negli Stati Uniti proseguono i voli con il mezzo anche per Southwest (31 aerei) e American Airlines (24), così come in Canada per Air Canada (24) e Westjet (13). Mancano invece ancora annunci da parte di altre compagnie di tutto il mondo, tra cui Aeromexico (6 aerei), la brasiliana GOL Airlines (7), Turkish Airlines (11), l’indiana Spicejet (13), Fflydubai (10), la polacca LOT (6) e quella lowcost TUIfly (13). Software sotto accusa A causare l’incidente, secondo le prime ricostruzioni, potrebbe essere stato un malfunzionamento del software che dovrebbe evitare lo stallo del motore. Sono trascorsi pochi minuti dal decollo e il software di protezione dallo stallo, avvertendo un dato anomalo, fa sì che il muso del velivolo punti in basso; il pilota tenta di bloccare il comando a picchiare, ma è probabilmente troppo tardi, non c’è tempo sufficiente per intervenire. 

Fabio Giallini

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