Il 34% degli alimenti che finiscono sul piatto degli italiani è contaminato da pesticidi, anche se di questi solo l’1,3% presenta valori fuorilegge. Sono questi i dati che emergono dal dossier 2019 di Legambiente, che mostra come la presenza di composti chimici negli alimenti sia un fattore da non sottovalutare.
Più pesticidi in un unico prodotto
La quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura, che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati, resta elevata. Boscalid, Chlorpyrifos, Fludioxonil, Metalaxil, Imidacloprid, Captan, Cyprodinil sono i pesticidi più diffusi negli alimenti campionati in Italia. Ma il problema vero è il multiresiduo: è ormai noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o, addirittura, sinergici a scapito dell’organismo umano; ma, nonostante questo, la legislazione europea non considera la presenza di multiresiduo come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito. Dal report emerge che multiresiduo è più frequente del monoresiduo: è stato ritrovato nel 18% del totale dei campioni analizzati, rispetto al 15% dei campioni con un solo residuo.
La situazione della frutta
La presenza di multiresiduo è maggiore proprio nella frutta. È privo, infatti, di residui di pesticidi solo il 36% dei campioni analizzati, mentre l’1,7% è irregolare e oltre il 60%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più di un residuo chimico. Il 64% delle pere, il 61% dell’uva da tavola e il 57% delle pesche hanno presentato campioni regolari con multiresiduo. La maglia nera degli alimenti più contaminati va alla fragole: alcuni campioni, anche di provenienza italiana, hanno fino a 9 residui contemporaneamente. Situazione analoga per l’uva da tavola, che è risultata avere fino a 6 residui. Infine, i campioni di papaya sono risultati tutti irregolari per il superamento del limite massimo consentito del fungicida carbendazim.
La verdura
La situazioni degli ortaggi risulta, invece, contraddittoria: da un lato, il 64% dei campioni risulta senza alcun residuo. Dall’altro, si riscontrano significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti, come l’8% di peperoni, il 5% degli ortaggi da fusto e oltre il 2% dei legumi. Infine, anche i prodotti di origine animale non sono immuni da contaminazioni: il 5% del campione di uova analizzato è risultato essere contaminato dall’insetticida fipronil.
Maria Frantoni