I gatti senza padrone, spesso rinselvatichiti e discendenti di mici domestici abbandonati, possono formare colonie feline.
Ma di cosa si tratta? E a chi spetta la cura di questi “mici di nessuno”?
I principi generali
La normativa italiana tutela i gatti liberi senza padrone. I mici randagi, infatti, sono protetti dallo Stato ed è vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà. Inoltre, è vietato allontanarli dai luoghi nei quali trovano abitualmente rifugio, cibo e protezione.
Il loro maltrattamento è perseguito penalmente anche con la reclusione da tre mesi a 18 mesi o la multa da 5.000 a 30.000 Euro (art. 544-ter codice penale) e chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a due anni (art. 544-bis codice penale)
A chi spetta la cura
Ai cittadini è consentito nutrire e curare i gatti nel rispetto delle regole igieniche (Legge 281/91); i gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria in accordo con il Comune competente e reimmessi nel loro gruppo. Di fatto, la responsabilità dei mici randagi è del comune dove la colonia felina si trova ma molto spesso sono i volontari delle associazioni a provvedere alla cura e al sostentamento dei gatti di colonia.
Il riconoscimento formale della colonia felina è un aspetto importante: la colonia, che può essere composta anche solo da due mici, va necessariamente registrata presso l’ATS di competenza territoriale; in questo modo gli animali saranno tutelati dal punto di vista sanitario.