Gazzettino Italiano Patagónico
25 April 2018, Germany, Leipzig: A man reports a post on Facebook on his smartphone. Representatives from politics, media, the economy and science discuss the fight against hate speech on the internet, inter alia, at the Media Days of Central Germany («Medientage Mitteldeutschland»). The 20th edition of the event expects up to 120 speakers. Photo: Jan Woitas/dpa-Zentralbild/dpa

La Cassazione conferma il licenziamento per chi sta su Facebook durante il turno di lavoro


  • La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una donna pizzicata a perder tempo su Facebook durante il turno
  • La segretaria part-time in uno studio medico aveva fatto oltre 4500 accessi in 18 mesi
  • Dopo il licenziamento aveva citato in giudizio il datore di lavoro per violazione della privacy

Un like, un commento o solo la curiosità di guardare cosa condividono i vostri ‘amici virtuali’ mentre siete sul posto di lavoro può costarvi il licenziamento. Così ha deciso – anzi, confermato – la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso di una donna contro il proprio datore di lavoro. La segretaria part-time in uno studio medico, infatti, era stata pizzicata più volte su Facebook durante il proprio turno e, attraverso un lavoro di ricerca, è stato evidenziato come le sue comparsate sui social non fossero saltuarie. In soli 18 mesi, la donna si era collegata ben 6mila volte a internet durante il proprio turno lavorativo e ben in 4500 occasione aveva fatto accesso a Facebook. Non per dare una rapida occhiata, ma per «durate talora significative». Lavorava part-time come segretaria in uno studio medico di Brescia, fino a quando il suo titolare non l’ha scoperta a perder tempo sui social invece che lavorare. Attraverso una ricostruzione della cronologia dei browser del pc che la donna utilizzava a lavoro, sono stati evidenziati numeri che hanno fatto scattare il licenziamento.

Su Facebook durante il turno di lavoro: licenziata

La donna sosteneva che il licenziamento fosse stato deciso in seguito alla richiesta fatta al datore di lavoro per usufruire della legge 104 e prendersi cura della madre malata. Con questa motivazione aveva presentato ricorso in Tribunale contro il titolare dello studio medico, ma il tutto venne rigettato nel 2016, con i giudici che sottolinearono la legittimità di quel licenziamento per una «violazione degli obblighi di diligenza e buona fede nell’espletamento della prestazione lavorativa da parte della lavoratrice».

Il licenziamento per colpa della cronologia

Il datore di lavoro aveva portato in tribunale, a supporto delle sue ragioni, la cronologia del computer, per dimostrare i 6.000 accessi alla rete, di cui oltre 4.500 al social network. Il giudice l’ha accettata, nonostante la difesa della donna avesse lamentato l’insufficienza a dimostrare che fosse stata proprio lei ad accedere a Facebook. La Corte d’Appello, però, ha approfondito l’utilizzo di Facebook, certificando che per visitare i profili e altre funzioni non era necessario accedere con il proprio account. Per questo motivo per la legittimità del licenziamento è bastato confrontare gli orari in cui la donna bresciana era in turno con quelli degli accessi e della cronologia. La Cassazione, quindi, si è limitata a confermare quanto deciso dal Tribunale di Brescia nel 2016, senza entrare nel merito della possibile violazione della privacy.

Enzo Boldi

Te esperamos en Buenos aires Sur 750, Plottier, Neuquén

📍Buenos Aires 326- Neuquén 📍Alem 853 – Cipolletti 🕢 Horario de atención en Cipo: Lunes a Viernes de 10 a 13 y de 16:30 hasta que no haya más pan! 🕢Horario de atención en Neuquén: Lunes a Viernes de 10 a 14 y de 16 hasta que no haya más pan! Sábados de 10 a 13 únicamente (en los dos locales)

Clases de Italiano con Nino Amato

Junto al Gazzettino GDS radio

Radio En vivo

Seguí al Gazzettino

A %d blogueros les gusta esto: