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2017?6?8?. ?????1?????????????. 6?8?? ????????????????????. ????7???????????????????????6???????“??”?????????. ????????·???????.?6?8??????????.BRITAIN-LONDON-GENERAL ELECTION-JEREMY CORBYN.(170608) -- LONDON, June 8, 2017 Labour Party Leader Jeremy Corbyn walks to the polling station in London, Britain on June 8, 2017. (Credit Image: © Richard Washbrooke/Xinhua via ZUMA Wire)

Jeremy Corbyn vuole un secondo referendum, ma si tratta di pura strategia

  • Jeremy Corbyn ha sempre sostenuto la necessita di chiamare alle urne i britannici per le elezioni generali
  • Ora il leader laburista mette sul tavolo la proposta di un secondo referendum
  • È improbabile che possa esserci una seconda consultazione popolare

Se n’era sempre parlato, ma a mettere nero su bianco la proposta di un secondo referendum è stato Jeremy Corbyn. Il leader laburista nella notte ha presentato un emendamento che lancia la proposta di una seconda consultazione elettorale. Corbyn aveva sempre sostenuto l’esigenza di chiamare al voto i cittadini britannici, ma per le elezioni generali e per la formazione di un nuovo governo. Quando Theresa May ha superato il voto di sfiducia però, il laburista ha dovuto abbandonare il sogno. E adesso cerca di recuperare consensi proponendo un secondo referendum, che però è praticamente impossibile da ottenere.

L’ipotesi di un secondo refrendum è sempre stata una delle meno gradite anche a Jeremy Corbyn stesso, che nella notte ha presentato alla Camera dei comuni un emendamento lanciando la proposta. Si tratta però di mera strategia. Una seconda consultazione popolare sul divorzio dall’Unione Europea è stata definita da Theresa May come un attacco alla «coesione sociale». «Il nostro dovere è attuare il primo referendum – aveva detto il primo ministro nel suo discorso di vittoria – Non farlo stabilirebbe un pericoloso precedente sulla gestione delle consultazioni popolari e rafforzerebbe quanto vogliono sfaldare il Regno Unito».

Jeremy Corbyn ha quindi risposto spiegando che «il nostro emendamento consentirà ai parlamentari di votare per porre fine a questa situazione di stallo della Brexit e prevenire il caos di un no-deal» aggiungendo che «è tempo che il piano alternativo del Labour conquisti il centro del palco, mantenendo al contempo tutte le opzioni sul tavolo, compresa l’opzione di un voto pubblico».

In effetti, l’ipotesi, seppur ora concreta, resta lontana. Innanzitutto, non si tratterebbe di un referendum Brexit come quello del 23 giugno: l’ipotesi non sarebbe “leave” o “remain”, bensì un voto su un accordo approvato dal parlamento da presentare a Bruxelles, e fino ad ora un piano vero e proprio non c’è. I Labour potrebbero chiedere il parere dei cittadini della Regina sul piano di uscita da loro proposto, che prevede l’unione doganale permanente e una specie di mercato unico europeo per il Regno Unito. Infine, il referendum in Inghilterra non è vincolante: la Camera può tranquillamente decidere di ignorarlo, così come può fare lo stesso partito Labour. L’emendamento è quindi un gesto di puro equilibrismo politico, che potrebbe, se sorprendentemente ottenesse il via libera della Camera, aprire la porta ad una seconda consultazione. Una porta che però non vuole attraversare nemmeno Jeremy Corbyn.

ndr

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