Lo
schiaffo inferto dalla Camera dei Comuni inglese alla premier Theresa
May con il secco no al piano di uscita soft dall’Unione Europea, è un
segnale chiaro e forte che il paese ha dato alla sua governance. Non si
può governare il sentimento del paese e non solo nella City.
Dunque
l’accordo raggiunto da May con i leader europei è stato bocciato dal
Parlamento con 202 voti a favore contro 432 contrari: la più grave
sconfitta per un governo in carica nella storia del paese. May stessa ha
annunciato di essere disposta ad affrontare già domani una mozione di
sfiducia nei suoi confronti che il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn
ha immediatamente presentato.
L’interrogativo è cosa accadrà
adesso. Bisognerà attendere il voto delle prossime ore in cui May dovrà
sfoderare un piano B per evitare che la Brexit sia assolutamente priva
di paracadute e con conseguenze economiche non ancora del tutto
valutabili. E l’altro pericolo è che la Gran Bretagna vedrà cadere il
proprio governo in un momento di transizione non facile.
Se il
governo May dovesse cadere in seguito al voto di sfiducia che potrebbe
avvenire nelle prossime ore, bisognerà guardare all’eventuale formazione
di un nuovo governo ma dovendo andare a risolvere la questione
dell’uscita dalla UE con Bruxelles. E se nessun tentativo di formazione
di nuovo governo dovesse ricevere in breve tempo una fiducia
bisognerebbe chiedere a Bruxelles di concedere una proroga. I leader
europei hanno già ventilato la disponibilità a concedere un rinvio.
Pietro Valsecchi